San Paolo attribuisce
costantemente a Barnaba il titolo di apostolo, che la liturgia, anche orientale, gli ha
conservato (Ο Απόστολος Βαρνάβας). Si tratta di una designazione speciale e di un’elezione di Barnaba
da parte dello Spirito Santo, che lo destinò con l’Apostolo delle Genti all’evangelizzazione
dei Gentili, come, in principio, diresse Pietro verso i circoncisi. Il
Paraclito stesso, negli Atti degli Apostoli, ci ha fatto l’elogio di Barnaba,
chiamandolo vir
bonus, et plenus Spiritu Sancto et fide, uomo
buono, pieno di Spirito Santo e fede (At. 11, 24); e Paolo, malgrado la
divergenza momentanea delle loro vedute riguardo il discepolo Marco, cugino di
Barnaba, ha sempre conservato per il suo primo compagno d’armi, Barnaba
appunto, un profondo sentimento di venerazione.
La vita di Barnaba, dopo
la sua separazione da san Paolo, ci è quasi interamente sconosciuta. Andò
dapprima a Cipro con Marco; ma poi? Quando l’apostolo rimase due anni
prigioniero a Roma, troviamo san Marco in sua compagnia. Dove era suo cugino,
di cui san Paolo aveva un tempo citato ai Corinzi l’immensa autorità come
associata alla sua? «Numquid non habemus potestatem mulierem sororem circumducendi, sicut et
ceteri Apostoli, et fratres Domini, et Cephas? Aut ego solus et Barnabas non
habemus potestatem hoc operandi»; «Non abbiamo il diritto di portare con noi
una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del
Signore e Cefa? Ovvero solo io e Barnaba non abbiamo il diritto di non
lavorare?» (1 Cor. 9, 5-6).
Che cosa sapevano di
Barnaba i Corinzi, e quale ragione aveva Paolo di associarselo, dopo un sì
grande numero di anni trascorsi dalla loro separazione? Si erano ritrovati
forse di nuovo e Barnaba poteva rivendicare, pur’egli, come Paolo, dei diritti
sui Corinzi? Questo sembrerebbe emergere dall’argomentazione dell’apostolo. Gli
antichi attribuivano inoltre a Barnaba una lunga epistola, molto venerata da
Clemente di Alessandria e da Origène, ma di cui le critiche moderne gli
rifiutano generalmente la paternità. Tuttavia gli argomenti di questi ultimi
non sembrano assolutamente convincenti, e la domanda rimane aperta.
Il corpo di san Barnaba
sarebbe stato scoperto miracolosamente, verso il 478, nell’isola di Cipro, a
Salamina: lì sarebbe stato martirizzato mediante lapidazione dai giudei (secondo
i tardivi Atti apocrifi del suo martirio, però, messagli una corda al
collo, sarebbe stato trascinato sul luogo dove sarebbe stato bruciato ancora
vivo e le ceneri disperse). Secondo la leggenda, il Santo sarebbe apparso in sogno
al vescovo Antemio di Costanzia (presso Salamina), al quale avrebbe indicato il
luogo della sua sepoltura sotto un carrubo; lì vi sarebbe stato sepolto da
Giovanni Marco, l’evangelista. Recatosi sul posto, il vescovo trovò la tomba
con le ossa di san Barnaba. Sul petto del Santo vi era una copia del Vangelo di
Matteo. Il vescovo, quindi, si recò dall’imperatore Zenone, portandogli quel
Vangelo. L’imperatore, quindi, riconobbe l’autocefalia alla Chiesa cipriota dal
patriarcato di Antiochia; accordò lo scettro imperiale al vescovo ed il privilegio
di poter firmare con inchiostro rosso gli atti.
Sul luogo della tomba di
Barnaba, Artemio fece costruire non distante una chiesa. Scavi recenti nei
pressi della chiesa attuale e del relativo monastero, hanno rilevato l’esistenza
in loco di una precedente chiesa con due tombe vuote: quella dell’Apostolo
Barnaba e del vescovo Antemio.
Nel XVI sec. sant’Antonio
Maria Zaccaria fondò a Milano una nuova famiglia di religiosi, che presero il
nome di Barnabiti, dalla chiesa di
San Barnaba presso cui dimoravano. San Francesco di Sales li stimava molto,
tanto che diceva graziosamente di sé che pur’egli era barnabita, cioè figlio della
consolazione.
Nel rito bizantino si
celebrano l’11 giugno i santi Bartolomeo e Barnaba. Questo sarebbe l’anniversario
della scoperta del corpo di Barnaba nell’isola di Cipro nel 478 (cfr. Martyrologium romanum ... Accesserunt notationes ... auctore Caesare
Baronio, Romæ 1630, p. 233). Beda ha scelto questa data per far
menzione dell’apostolo che ebbe un sì grande posto di rilievo dopo i Dodici
nella Chiesa primitiva.
La festa di san Barnaba
è, invece, entrata abbastanza tardi nel Calendario romano, mentre appare già
nel calendario di marmo di San Giovanni Maggiore a Napoli, nell’IX sec. Nello
stesso secolo apparve nei
calendari inglesi ed in quello di San Gallo. Alla fine del secolo, il
sacramentario di Modena dava le orazioni della sua messa. Esse riprendevano
quelle di san Nicomede al 1° giugno nel Gregoriano. Ma è soprattutto dal X e
dall’XI sec. che la festa dell’apostolo si propagò. Tuttavia, nell’XI sec., ancora
numerose chiese, quella di Vich per esempio, l’ignoravano ancora. A Roma, il nome dell’apostolo
di Cipro si trovava, fin dalla prima ora, accostato a quelli di Stefano e di
Mattia nella seconda sezione della grande
Intercessione contenuta nel canone romano: Nobis quoque.
La festa è attestata a
Roma nell’XI sec. e si sviluppò nel XII. Nel Messale del Laterano si trovano le stesse orazioni del
sacramentario di Modena risalente a tre secoli prima. Esse rimasero tali sino
al 1970. Per il resto, il messale attribuisce a san Barnaba i testi propri
degli Apostoli, facendo legge come epistola At. 5, 40-42. Allorché il culto di
san Barnaba era ben attestato in Vaticano sin dall’XI sec., non si saprebbe
dire il perché il calendario e l’antifonario di San Pietro lo passino sotto
silenzio. È vero che l’antifonario presenta un vuoto inspiegabile nel santorale
di giugno. Non vi si trova alcun nome del santo tra il 31 maggio ed il 24
giugno (così ricorda Pierre Jounel, Le Culte des Saints dans les Basiliques du
Latran et du Vatican au douzième siècle, École Française de Rome, Palais
Farnèse, 1977, pp. 244-245).
Rito doppio maggiore. Nel
codice delle rubriche del 1960, è la sola festa di III classe ad aver
conservato il Credo.
Il catalogo Torinese
delle chiese di Roma nel XIV sec. menziona, vicino alla Porta Maggiore, una
piccola chiesa, Sancti Barnabæ de porta,
servita da un solo prete. Ogni traccia n’è persa attualmente (cfr. Mariano Armellini,
Le chiese di Roma dal
secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, p.
803; Ch. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio
evo, Firenze 1927,
p. 205).
Nel 1957 gli è stata
dedicata una chiesa nel quartiere Prenestino-Labicano in stile neoromanico.
La messa manca di unità
nella sua redazione, chiedendo in prestito i suoi canti ad altre feste più
antiche. Le orazioni sono riprese dall’antica messa della dedicazione della
basilica di San Nicodemo al 1° giugno, festa in seguito scomparsa.
L’antifona per l’introito
è quella del 30 novembre.
Le collette si ispirano
a quelle della festa di san Giorgio.
Nella prima si chiede di
ottenere da Dio, per l’intercessione ed i meriti di Barnaba, i favori divini.
Tutto ciò che otteniamo da Dio è sempre l’effetto della sua misericordia; non
solo perché siamo dei peccatori indegni delle sue grazie, ma anche perché il
dono del Signore è un’effusione del suo amore, e questo è di un tal valore che
non sopporta alcun paragone. Per questo, il Sapiente ha potuto dire: «Si dederit homo omnem
substantiam domus suæ pro dilectione, quasi nihil despiciet eam»; «Se uno desse tutte
le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio»
(Ct 8, 7).
La prima lettura è
tratta dagli Atti degli Apostoli (At 11, 21-26; 13, 1-3), e riguarda il primo
viaggio di Barnaba ad Antiochia e la sua elezione all’apostolato. Barnaba
doveva essere già un personaggio molto considerato e di grande merito quando i Dodici
lo destinarono ad una missione così difficile e così importante quale quella
della diffusione del Vangelo nella capitale della Siria, Antiochia. Il Santo
fece d’altronde onore a questa scelta, e siccome era perspicace, comprese
immediatamente che Saulo poteva essere l’uomo della situazione. Andò a cercarlo
a Tarso dunque, e avendolo portato con lui sulla riva dell’Oronte, l’uno e l’altro
seppero imprimere alla comunità di Antiochia un tale spirito di espansione e di
iniziativa che i discepoli del Nazareno ricevettero per la prima volta il nome
che, da allora, attraverso i secoli, avrebbe dovuto designarli per sempre: Cristiani.
Paolo si trovava allora
in sottordine, così che, negli Atti, occupa l’ultimo posto tra i preti di
Antiochia. Ma il Signore si compiace degli umili, e può, dalle semplici pietre,
suscitare dei figli di Abramo; un giorno di liturgia solenne, mentre l’assemblea
badava ai digiuni ed alla preghiera, ordinò di riservargli Saulo e Barnaba per
la grande missione alla quale li destinava presso i Gentili. In quel tempo di
fede eroica, si era ristabilita, tra la comunità dei fedeli e lo Spirito Santo,
l’antica familiarità di cui Adamo, nell’Eden, aveva goduto un tempo con Dio. Il
Paraclito interveniva direttamente negli affari della comunità, per mezzo dell’effusione
dei suoi carismi. Parlava e gli si rispondeva; ordinava e gli si ubbidiva; istruiva
e lo si ascoltava.
Quando, dunque, ad
Antiochia, in occasione dei digiuni solenni, fece intendere la sua voce: Segregate mihi Saulum et
Barnabam, riservatemi Saulo
e Barnaba,
nessuno vi fece opposisione né mise ritardo nell’eseguire il comando ricevuto:
i sacerdoti, ieiunantes
et orantes, imponentesque eis manus, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro
le mani – ecco i tre elementi primitivi che accompagnano, dai tempi apostolici,
la collazione della potenza gerarchica – consacrandoli Apostoli.
Il graduale è tratto dal
Sal. 19 (18), come quello della festa di san Marco fuori del tempo pasquale. In
un modo figurato, questi astri che indorano coi loro raggi il cielo della
Chiesa e narrano dovunque la gloria di Dio, sono i predicatori del santo
Vangelo.
La lettura evangelica è
tratta da san Matteo (Mt 10, 16-22). Gesù dichiara che manda i suoi apostoli
come pecore in mezzo ai lupi, non per far loro la guerra, ma affinché dai lupi
ne facciano degli agnelli. Prosegue che le pecore che vanno nel mezzo dei lupi
non devono ripromettersi necessariamente di conservare sempre intatto il loro
vello; il corpo è in pericolo, ma è sufficiente che l’anima non perisca. Una
grande prudenza non sarebbe dunque opportuna; per questo il Salvatore vuole che
sia unita alla semplicità della colomba. Al posto della prudenza umana sulla
quale non conviene appoggiarsi troppo, Gesù sparge al contrario nei suoi araldi
una prudenza tutta divina, suggerendo loro, al momento opportuno, ciò che
dovranno rispondere davanti ai giudici nei tribunali; perché, come Egli soffre
nei suoi martiri, così, con la loro bocca, rende continuamente, come dichiarò
un tempo a Pilato, testimonianza alla verità.
L’offertorio è lo stesso
della festa di san Mattia, il 24-25 febbraio così come l’antifona di Comunione.
Durante il tempo pasquale, tutti i canti della messa sono improntati alla festa
di san Marco, il 25 aprile.
Il primo gesto di Barnaba,
quello di disfarsi dei suoi beni e di depositarne il valore ai piedi degli
Apostoli, fu ciò che lo designò alla missione dell’apostolato. L’araldo
evangelico deve essere libero da ogni imbarazzo e legame terrestre, affinché,
indipendente dagli uomini, reso agile come uno spirito, mostri agli altri, con
la sua vita stessa, che cerca solamente le anime: «Da mihi
animas, cætera tolle»; «Datemi anime e
prendetevi il resto» (Gen 14, 21).
Paolo Veronese, S. Barnaba guarisce un malato, XVI sec., Musée des Beaux-Arts, Rouen |
Fabritius Barent, Lapidazione di Paolo e Barnaba a Listra, XVII sec., collezione privata |
Ambrosius Francken I, detto il Vecchio, Paolo e Barnaba scelti come apostoli dallo Spirito Santo, XVII sec., Koninklijk Museum voor Schone Kunsten Antwerpen, Anversa |
Jacob Jordaens, SS. Barnaba e Paolo a Lystra, 1616 circa, Hermitage, San Pietroburgo |
Michel Corneille il vecchio, Paolo e Barnaba a Listra, 1644, musée des Beaux-Arts, Arras |
Nicolaes Berchem, Paolo e Barnaba a Listra, 1650, Musée d’Art, Saint-Etienne |
S. Barnaba, chiesa del Palazzo Nazionale di Mafra, Mafra, Portogallo |
SS. Pietro, Barnaba e Giulio, XIX sec., Chiesa di S. Barnaba, Marsiglia |
Sarcofago di S. Barnaba, Monastero di Salamina, Cipro |
Cranio di S. Barnaba, Monastero di S. Rosa, Conca dei Marini. La reliquia fu donata dal Vescovo di Pozzuoli mons. Girolamo Dandoli, nato a Conca nel 1772 |
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