Con un lieve
ritardo di alcuni giorni, rilanciamo l’editoriale di luglio di Radicati
nella fede nella festa di S. Veronica Giuliani, vergine. Lo stesso
Editoriale è stato pubblicato anche su Chiesa e postconcilio e su Riscossa cristiana.
Anonimo, Incisione su S. Veronica Giuliani, 1804, Monastero di S. Veronica Giuliani, Città di Castello |
Carlo Gregori, S. Veronica Giuliani, 1806, Monastero di S. Veronica Giuliani, Città di Castello |
Tommaso Conca, Stigmatizzazione di S. Veronica Giuliani, 1795-97, Monastero di S. Veronica Giuliani, Città di Castello |
Pietro Tedeschi, S. Veronica Giuliani incoronata da Cristo con la corona di spine, 1804, museo diocesano, Volterra |
Anonimo, S. Veronica Giuliani, museo dell'Abate, San Martino al Cimino |
Anonimo, S. Veronica Giuliani, 1840-60, museo diocesano, Città di Castello |
Michele Fanoli, S. Veronica riceve le stigmate, 1832 circa, duomo, Cittadella |
S. Veronica Giuliani, 1940 circa, museo diocesano, Città di Castello |
Urna con le reliquie di S. Giuliana, Monastero di S. Veronica Giuliani, Città di Castello |
IL “MISERICORDISMO” È MORALISMO
Editoriale
di “Radicati nella fede”
Anno
IX n. 7 - Luglio 2016
Il “Misericordismo”
tanto in voga è pur sempre moralismo.
Lo vedete tutti, va di moda
presentare la Chiesa Cattolica come colei che perdona sempre, che accoglie
senza giudicare. Chi vuol star dentro al nuovo corso della chiesa ammodernata
ormai deve presentarsi così. Sono tanti i pastori nella Chiesa che non osano
pronunciare nemmeno più una condanna riguardo al peccato – a meno che questa
condanna non segua i dettami della cultura laicista dominante – e che si
riprogrammano come silenti misericordisti; e sotto questo misericordismo
sembrano benedire i peccati più orrendi che diventano libertà civili.
Questo misericordismo è un
triste moralismo; fa parte di quella “sbandata cattolica” che porta la Chiesa
ad interessarsi solo della morale, dimenticando quasi del tutto le verità di
fede.
Certo che la morale è
importante, ci mancherebbe altro!, ma se la morale non parte dal dogma, da Dio
insomma, finisce per trasformarsi in una triste “istruzione per l’uso”.
Sul subito una Chiesa così,
che invece di parlare di Dio si dilunga in estenuanti pronunciamenti riguardo
alla società e alle sue regole, sembra piacere agli uomini del tempo; sembra
piacere a quelli - e sono tanti - che, non interessati alle cose di Dio per
loro troppo lontane, hanno bisogno di una chiesa “utile” nell’immediato agli
uomini e alle loro faccende.
E sul subito una chiesa
così sembra far comodo anche agli uomini di Chiesa che, gettandosi a capofitto
nei dibattiti sui “valori”, sperano di rioccupare quel posto perso nella
società moderna, agnostica e atea. Così troppi Pastori si sono trasformati in
moderni agenti di morale; e, con il corollario del “misericordismo”, tentano
disperatamente di essere simpatici nella loro ritrovata utilità sociale.
Che inganno pensare che la
morale interessi più di Dio! Che inganno pensare che una morale umana abbia
qualche attrattiva, se non è legata a Dio!
Si tratta di una situazione
penosissima, che crea un clima asfissiante: una chiesa apparentemente più “pratica”
perché immersa nell’attualità, che si rivela subito ripetitiva e inutile,
perché abbandona l’uomo nella solitudine senza Dio.
Questo “misericordismo”,
tutto interno al moralismo, è uno dei frutti più oscuri del Naturalismo: la
Chiesa, non parlando più di Dio, della Rivelazione, della vita soprannaturale,
della grazia santificante, si attarda appunto in una morale che pare fatta di “istruzioni
per l’uso”.
Ma cosa deve fare allora la
Chiesa?
Deve indicare Dio.
Deve indicare Dio agli
uomini, deve indicare il miracolo della grazia che viene da Cristo, che, unica,
può cambiare i cuori e rendere forti le volontà nell’obbedire a tutta la legge
di Dio.
La grande pedagogia
cristiana, quella dei santi di 2000 anni di cristianesimo, quella della grande
Tradizione cattolica, ha sempre fatto così: ha insegnato Dio e poi ha chiesto
una morale corrispondente alla santità di Dio.
Invece una chiesa ammodernata,
tutta incentrata sull’uomo, non può più fare questo. È una chiesa che ha perso
il suo centro divino e che deve riempire il suo terribile vuoto attardandosi
nella morale; e questa morale senza Dio, questa chiesa moderna, la deve
abbassare sempre di più, perché sia praticabile con i soli mezzi umani.
Il “misericordismo” ha
proprio questo scopo: dare al nuovo cristianesimo naturalizzato una morale
abbordabile, cioè umana.
I santi invece, vivendo in
Dio, indicavano Dio e la sua Santità, chiedendo a se stessi e a tutti di
santificarsi della santità stessa di Dio: questa è la morale cristiana!
E indicavano il miracolo
della grazia, della forza stessa di Dio, che quando entra in noi rende
possibile l’altrettanto grande miracolo del nostro cambiamento.
Per queste ragioni non ci
interessa il “misericordismo”, come non ci è interessato il “rigorismo”, perché
sono entrambi falsi e ingannevoli: dimenticano Dio, e l’uomo ha solo bisogno di
Dio.
La vigilanza contro il
moralismo, in tutti i suoi corollari, è essenziale, se vogliamo veder fiorire
la nostra vita e restare cattolici.
Ecco perché ci siamo sempre
più preoccupati di salvare la Messa cattolica, quella della Tradizione, e non
siamo partiti dai dibattiti morali. Lo abbiamo fatto perché la Messa di sempre
indica Dio e la vita soprannaturale con una decisione chiara, assente invece in
tutta la riforma abborracciata di questi ultimi decenni. La Messa cattolica di
sempre è il primo e più grande antidoto contro l’eresia naturalista, che sfocia
nell’eresia moralista.
Vorremmo dirlo a tutti! sia
ai fanatici della chiesa sempre accogliente che tace la gravità del peccato;
sia ai neo-rigoristi conservatori che, giustamente spaventati della deriva
immorale dentro e fuori la Chiesa, ingaggiano una battaglia che sembra fermarsi
alle regole: cari amici, preoccupiamoci di tenere lo sguardo fisso in Dio,
preoccupiamoci per questo dell’integrità del rito della Messa, allora anche l’insegnamento
morale guarirà.
Non illudiamoci, non
avverrà l’inverso, che dalla battaglia morale si risalga a Dio. La battaglia
morale, se non parte da Dio, è destinata a impantanarsi nella palude del
moralismo, che uccide l’uomo fermandolo in se stesso.
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