Per ricordare il nono anniversario del Motu proprio Summorum Pontificum, riproponiamo la lettura di questa lettera aperta del filosofo, scrittore, traduttore, giornalista e drammaturgo torinese Guido Ceronetti, scritta alla vigilia del conclave del 2005. È una lettera dai toni profetici, di estrema attualità.
RIPRISTINI LA MESSA IN
LATINO RISCOPRIREMO LA SACRALITÀ
di GUIDO CERONETTI
Vorrei rivedere la messa
tridentina, e ascoltare un po’ di gregoriano
Filosofo,
scrittore, poeta, Ceronetti nasce nel ‘27. Dal latino ha tradotto Marziale,
Catullo e Giovenale
GENTILE Santità
Ipotetica (che tra un giorno o due, forse, avrà un volto e un nome). Avrei un
voto da formulare, per il Vostro pontificato, nella certezza che la risposta
dei fedeli sarebbe entusiastica: che sia tolto il sinistro bavaglio soffocatore
alla voce latina della Messa,
Mi contenterei che la
Messa tridentina, accompagnata da una giusta dose di gregoriano, ricomparisse
in alternativa a quella imposta da una riforma liturgica distruttiva, che ha
accarezzato i visceri rituali della Chiesa con la grazia di un hara-kiri.
Lasciatele entrambe, Santità, non chiedo la soppressione di questa povera
amputata chiamata oggi Messa (probabilmente neppure un papa potrebbe
deciderla), chiedo che ogni domenica e ogni festività religiosa, segnata o no nel
calendario civile, ci sia in tutte le chiese d’Italia e del mondo una,
una almeno, sia pure ad un’ora molto mattutina Messa tradizionale completa. E
che sia data a parroci istruiti (non li pretendo latinisti, basta che sappiano
il senso di ciò che pronunciano latinamente) la facoltà di istituire nella loro
chiesa o chiesina una Messa latina anche in altri giorni a richiesta di una
maggioranza di parrocchiani un po’ più spirituali degli altri.
Il Vostro Predecessore
aveva già concesso qualche rara, eccezionale celebrazione di Messa tradizionale
(ce n’è una alle undici della domenica alla Misericordia di Torino, affollatissima
sempre) ma l’eccezione - se non si vuol troncare del tutto il legame col Sacro
dei misteri cristiani da tempo in coma precario - va trasformata
tempestivamente in regola fissa, in raccomandazione forte, in disposizione (non
semplice dispensa) pontificia, in parziale sebbene limitato ripristino.
Certamente, Santità di
domani, non ignorerete quanto piacque alle autorità comuniste quella riforma
conciliare dei riti occidentali: non erano degli stupidi, avevano nella loro bestiale
ignoranza del sacro percepito che lì si era aperta una falla, che sul lungo
lombrico di quei riti semidissacrati un graduale snervato ateismo di fatto
avrebbe strisciato fino ai nuovi altari, bruttura geometrica di ogni chiesa.
Quella riforma che, forse (è congettura mia di poco informato) intendeva
colmare in parte la distanza dalle chiese protestanti, non ha colmato in
profondità niente: in compenso tra cattolicità e ortodossia tradizionale ha
allargato l’incomprensione e la totale separazione. Divinum resipiscere!
E tutti quei pulpiti
disertati, obbligatoriamente? Quelli di legno se li mangia il tarlo, i marmorei
ne fa poggiaschiena il turismo più crasso.
Ridategli voce: anche
una predica perfettamente insulsa diventa qualcosa di più, acquista soffio, se
proviene dall’alto... Un saluto di lontano.
Fonte: La Repubblica, 18.4.2005
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