Sembra, in questi ultimi tempi, che la Chiesa stia
correndo sempre più, con incredibile accelerazione, verso il suo cupio
dissolvi … nel protestantesimo (cfr. Irma
Trombetta Marzuoli, Cattolicesimo in dissolvimento, con tante scuse,
in Riscossa cristiana, 1.7.2016).
Rilanciamo volentieri, in questa festa della
Visitazione della B. V. Maria a S. Elisabetta, quest’interessante contributo.
Federico Barocci, Visitazione, 1583, Chiesa nuova, Roma. Dinanzi a questa tela, S. Filippo Neri amava pregare e spesso entrava in estasi |
Andrea Michieli detto Il Vicentino, Visitazione, 1590-1610, Galleria degli Uffizi, Firenze |
Philippe de Champaigne, Visitazione, 1643-48, Princeton University Art Museum (PUAM), Princeton |
Alessandro Turchi, Visitazione, 1631-35, museo del Prado, Madrid |
José Moreno, La Visitazione, 1662, museo del Prado, Madrid |
Francisco Rizi, Visitazione, 1663, museo del Prado, Madrid |
Jean-baptiste Jouvenet, Il Magnificat, 1716 circa,, museo del Prado, Madrid |
Louis Jean François Lagrenée detto Lagrenée l'Ainé (Lagrenée il primogenito), Visitazione, XVIII sec., museo del Prado, Madrid |
Per i 500 anni di Lutero ora è la Chiesa ad autoaccusarsi
di Mauro Faverzani
Per l’occasione si è scomodato persino il presidente
federale di Germania, Joachim Gauck, che, tra l’altro, è anche un pastore
protestante. Proprio lui, lo scorso 18 febbraio, ha incontrato la presidenza
del Dekt, Convegno dei protestanti, ed il ZdK, Comitato Centrale dei cattolici, nel corso di un
lungo colloquio, durato un paio d’ore.
Si è fatto il punto sullo stato dell’ecumenismo nel
Paese, sull’impegno socio-politico dei laici di ambedue le confessioni ed anche
sul contributo offerto dai cristiani in generale allo stato di coesione interna
della società tedesca. Infine, il discorso è caduto lì e non poteva essere
diversamente, ovvero sull’anniversario della Riforma, sulla ricorrenza nel 2017
dei 500 anni dall’affissione delle famose 95 tesi sulla porta della cattedrale
di Wittemberg ad opera di Martin Lutero.
Ma non ci si è limitati ad un aggiornamento sui
preparativi, si è andati oltre: Gauck ha chiesto espressamente quale fosse il
grado di collaborazione ecumenica tra cattolici e protestanti. Se il presidente
italiano Mattarella o ancor più quello francese Hollande si fossero spinti a
tanto, subito si sarebbe sentito urlare contro lo Stato confessionale.
Immancabile l’intervento del card. Walter Kasper, che non
ha mancato di dare alle stampe un libro, Martin Lutero. Una prospettiva
ecumenica (Queriniana, Brescia 2016), in cui, nella scia di un
iperecumenismo spinto, ha sposato assolutamente la linea del monaco
agostiniano, giungendo a definire la sua come un’azione di «nuova evangelizzazione», con toni di feroce biasimo
anzi verso la Chiesa cattolica sorda alle sue proposte ed alle sue
“innovazioni”.
Il card. Kasper ha collocato anche Lutero nel calderone
della misericordia, ormai distribuita a pioggia, ritenendo che il suo «problema esistenziale» di religioso fosse: «Come posso trovare un Dio misericordioso?». E non si
capisce come questo possa in alcun modo legittimare l’eresia derivatane, Sua
Eminenza non lo spiega, ma tant’è.
Stupiscono anche i toni del comunicato congiunto,
licenziato lo scorso primo giugno dalla Federazione luterana mondiale e dal
Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, per confermare
il coinvolgimento cattolico nelle celebrazioni dei «doni
della Riforma» col culmine, che sarà rappresentato dal viaggio di
papa Francesco a Lund, in Svezia, il prossimo 31 ottobre. Ma proprio del
Pontefice è stato l’ulteriore, convinto passo verso l’ecumenismo col discorso
da lui rivolto alla delegazione del direttivo della Comunione mondiale delle chiese riformate, ricevuta in
Vaticano lo scorso 10 giugno.
Riferendosi alla conclusione della quarta fase del dialogo
teologico in corso tra tale organismo ed il Consiglio pontificio per la
promozione dell’unità dei cristiani, ha dichiarato: «In questa
comunione spirituale, cattolici e riformati possono promuovere una crescita
comune per servire meglio il Signore». Ed ancora: «In base all’accordo sulla dottrina della giustificazione, esistono
molti campi in cui riformati e cattolici possono collaborare per testimoniare
insieme l’amore misericordioso di Dio, vero antidoto di fronte al senso di
smarrimento ed all’indifferenza che sembrano circondarci»,
smarrimento ed indifferenza pari ad una vera e propria «desertificazione spirituale» di fronte alla quale «le nostre comunità cristiane» sarebbero tenute «ad accogliere e ravvivare la grazia di Dio»,
evidentemente presente in tutte, indistintamente, al di là di ogni distinzione
dottrinale, poiché in quest’ottica basterebbe «la fede in Gesù Cristo».
C’è da chiedersi, se si possa ancora parlare di eretici
riformati, di “fratelli separati” da ricondurre nella Chiesa Cattolica, specie
di fronte a termini come «comune missione»,
utilizzato espressamente da papa Francesco: «V’è urgente bisogno di un
ecumenismo», che «promuova una comune missione di
evangelizzazione e di servizio», esortando tutti a «fare di più, insieme, per offrire una testimonianza viva “a
chiunque domandi ragione della speranza che è in noi”: trasmettere l’amore
misericordioso del nostro Padre, che gratuitamente riceviamo e generosamente
siamo chiamati a ridonare», concetto su cui è più volte tornato.
A mischiare ancor più le carte ha provveduto la
conferenza-stampa, tenuta lunedì scorso da papa Francesco durante il volo di
ritorno dall’Armenia: «Io credo che le intenzioni di Martin Lutero
non fossero sbagliate – ha dichiarato il Pontefice –. In quel tempo la Chiesa non era proprio un modello da imitare:
c’era corruzione, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E
per questo lui ha protestato. Poi era intelligente ed ha fatto un passo avanti,
giustificando il perché facesse questo. Ed oggi luterani e cattolici, con tutti
i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo
punto tanto importante lui non aveva sbagliato. Lui ha fatto una “medicina” per
la Chiesa, poi questa medicina si è consolidata in uno stato di cose, in una
disciplina, in un modo di credere, in un modo di fare, in modo liturgico. Ma
non era lui solo: c’era Zwingli, c’era Calvino… Poi sono andate avanti le cose.
Oggi il dialogo è molto buono. La diversità è quello che forse ha fatto tanto
male a tutti noi e oggi cerchiamo di riprendere la strada per incontrarci dopo
500 anni».
Non si riesce ad evitare un certo sconcerto, raffrontando
queste parole con quelle, che, ad esempio, si possono leggere sul Catechismo Maggiore di San Pio X, a proposito della «grande eresia del Protestantesimo, prodotta e divulgata
principalmente da Lutero e da Calvino»: «Questi
novatori – è scritto –, demolirono tutti i fondamenti
della fede, esposero i Libri Santi alla profanazione della presunzione e
dell’ignoranza ed aprirono l’adito a tutti gli errori. Il protestantesimo o
religione riformata, come orgogliosamente la chiamarono i suoi fondatori, è la
somma di tutte le eresie, che furono prima di esso, che sono state dopo e che
potranno nascere ancora a fare strage delle anime» (nn. 128-129).
Ciò che più impressiona in questa nuova, frenetica brama
di “dialogo” über alles coi protestanti è
l’approccio molto sociale, anzi sociologico. Quel continuo richiamo al «camminare insieme» calpesta il fatto che sia escluso
dalla grazia di Dio chiunque ne neghi anche un solo dogma, chiunque viva nella
dimensione del peccato contro la fede. Di tutto questo non v’è traccia. Con un
problema: che un’evangelizzazione solo sociale non è autentica
evangelizzazione.
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