I “tormentoni” di quest’estate, che hanno occupato,
prima del terremoto nell’Umbria, pagine e pagine di giornali, sono stati i temi
“appassionanti” del “sì o no” al burkini, vale a dire il costume da bagno per
le donne islamiche, e del diritto alla poligamia dopo la legge c.d. Cirinnà (cfr.
Correttore di bozze, Mi sa che
l’orgoglioso “no” laico alla poligamia non durerà molto (questione di burkini),
in Tempi, 23.8.2016; Poligamia,
burka e burkini: l’Islam sveglia l’Occidente?, in Corrispondenza romana, 20.8.2016; Maria Guarini, Il
problema non è il burkini ma la religione che lo impone, in Chiesa e postconcilio, 19.8.2016; Piero
Vassallo, Metamorfosi del femminismo, dal nudismo sessantottino
all’incappucciamento islamico, in Riscossa cristiana, 16.8.2016; Paolo Deotto, Poligamia. Perché ha
ragione Hamza Piccardo, ivi, 8.8.2016; Tommaso Scandroglio, Dopo le unioni gay diventa un
diritto anche la poligamia, in LNBQ, 8.8.2016 nonché in Il Timone, 8.8.2016. V. anche curiosamente, Davide
Turrini, Poligamia, perché no? La scrittrice francese appoggia la
tesi di Piccardo (Ucoii) ma avverte: “Sia laica non islamica”, in Il fatto quotidiano, 12.8.2016; il provocatorio Vittorio Sgarbi, La poligamia? Allora valga pure per le donne, in Il Giornale, 9.8.2016; i discutibili "contro-argomenti" di Dario Accolla, Unioni civili come la poligamia? Caro Piccardo, le spiego perché no, in Il fatto quotidiano, 8.8.2016, superabili con le ironiche osservazioni di Sgarbi; Luigi
Manconi, La poligamia non può essere un diritto civile in Italia,
in Corriere della sera, 8.8.2016).
Sul tema del “burkini”, dai contorni tragicomici,
rilanciamo volentieri questo contributo di Cristina Siccardi.
Bikini o burkini? Una tragicommedia degna di Voltaire
di Cristina
Siccardi
Nel
Trattato sulla tolleranza, una delle più famose opere di Voltaire,
pubblicato in Francia nel 1763, troviamo non solo i fondamenti della
sconclusionata e luciferina incultura contemporanea, ma, purtroppo, anche i
presupposti che hanno permesso a molti uomini di Chiesa e a molti padri del
Concilio Vaticano II di abbracciare, a dispetto di una divina e sapiente
Tradizione bimillenaria, la libertà religiosa come bene universale.
Oggi
arriviamo al punto che, a fronte di una Chiesa che non dice una parola
sull’ostentato e disdicevole malcostume contemporaneo, vediamo il premier
francese Manuel Valls scendere a sostegno del bando emesso da alcuni comuni
francesi contro l’uso del burkini, ideato nel 2004, con enorme successo
commerciale fra le musulmane di tutto il mondo, da una stilista australiana di
origine libanese, Aheda Zanetti. Valls ha dichiarato che il pudico burkini è «incompatibile
con i valori della Francia» e non è un costume da bagno, bensì «l’espressione
di un’ideologia basata sull’asservimento della donna». Il bikini o altre forme
di spavalda offesa al pudore, invece, sono parte integrante dei “valori” della
Francia, che fa della libertà religiosa uno dei suoi più gloriosi fiori
all’occhiello. Ed ecco che dal 2000 al 2013 sono state rase al suolo 20 chiese
in Francia e, secondo un rapporto del Senato francese, altre 250 avranno la
stessa sorte. Silenzio totale da Roma.
Così,
impotenti, abbiamo assistito alla polizia di Parigi, in assetto antisommossa,
che ha trascinato via a forza sacerdoti e chierichetti della chiesa di Santa Rita
(https://it.zenit.org/articles/parigi-cattolici-sulle-barricate-per-difendere-una-chiesa-dalla-demolizione/),
che a breve sarà demolita per far posto ad un parcheggio, mentre le moschee
legali ed illegali crescono come funghi in tutta Europa, quell’Europa con
sempre meno figli suoi, a causa di una denatalità voluta da un’ideologia che
demolisce le famiglie e che favorisce gli aborti. Tuttavia l’aconfessionale
liberalismo comincia a pagare pegno alla sua irragionevolezza perché la
rivoluzione divora i suoi figli, dando spazio a chi alla propria identità non
rinuncia, come gli islamici.
Valls
e con lui uomini politici e uomini di Chiesa ricordano la Preghiera a
Dio del “buonista” Voltaire contenuta proprio nel Trattato
sulla tolleranza? Fra questi nefasti sproloqui, portatori di innumerevoli
disgrazie e sciagure, affermava il maestro di pensiero dei tagliatori di gole
giacobini: «Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo; ma a te, Dio di
tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi (…) degnati di guardare
con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura. Fà sì che questi
errori non generino la nostra sventura. Tu non ci hai donato un cuore per
odiarci l’un l’altro, né delle mani per sgozzarci a vicenda; fà che noi ci
aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e
passeggera. Fà sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri
deboli corpi, tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze
ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni
insensate, tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e
così uguali davanti a te, insomma che tutte queste piccole sfumature che
distinguono gli atomi chiamati “uomini” non siano altrettanti segnali di odio e
di persecuzione. Fà in modo che coloro che accendono ceri in pieno giorno per
celebrarti sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole; che
coloro che coprono i loro abiti di una tela bianca per dire che bisogna amarti,
non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera;
che sia uguale adorarti in un gergo nato da una lingua morta o in uno più nuovo
(…) Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli! Abbiano in orrore la
tirannia esercitata sulle anime (…) Se sono inevitabili i flagelli della
guerra, non odiamoci, non laceriamoci gli uni con gli altri nei periodi di
pace, ed impieghiamo il breve istante della nostra esistenza per benedire
insieme in mille lingue diverse, dal Siam alla California, la tua bontà che ci
ha donato questo istante».
Mentre
il dio di Voltaire ha portato alle attuali sciagure di corruzione civile e
religiosa, il vero Dio Uno e Trino ha sacrificato Suo Figlio per la salvezza di
ognuno. Ha ragione Sergio Romano quando, nella prefazione al Trattato
sulla tolleranza (RCS 2010), egli lo definisce un «giornalista»,
un giornalista che, con le sue passioni intellettuali, la sua vasta cultura, il
suo abile modo di raccontare, il suo stile ironico e brillante, la sua
curiosità per gli accadimenti del suo tempo, è riuscito diabolicamente a mutare
il corso del pensiero europeo e con i suoi grimaldelli a scristianizzare, dopo
qualche generazione, le nazioni dove ancora svettano abbazie, cattedrali,
chiese di straordinaria potenza e bellezza interna ed esterna.
Prima
Lutero nel XVI secolo e poi Voltaire nel XVII secolo hanno lavorato a fianco
delle forze malefiche per combattere la Chiesa di Roma, Una Santa Cattolica e
Apostolica. Se dapprima le tesi volterriane sono state vincenti poiché c’era un
nemico da abbattere, nel XXI secolo i loro risultati, all’atto pratico, iniziano
a incrinarsi, a deteriorarsi all’interno di una molteplicità di contraddizioni,
distribuite in un immenso labirinto dalle pareti tragicomiche: bikini e/o
burkini? Sacerdoti e/o imam nelle chiese? Genitorialità o no alle coppie gay?…
Interrogativi che denotano mostruosità fuori di senno e prive di coscienza. Le
moderne ambizioni della Dignitatis humanae, un documento conciliare
teologicamente tanto discusso quanto staccato dai parametri della vera e
pacifica tolleranza cattolica, offrono oggi un frutto amaro sul quale possono
operare alacremente gli invasori e prolifici musulmani.
La
tragicommedia si conviene assai bene nella nostra epoca, quella che il maestro
barocco di questo genere letterario, Pierre Corneille, illustrò così: «Ecco
uno strano mostro (…) Il primo atto non è che un prologo, i tre seguenti sono
una commedia imperfetta, l’ultimo è una tragedia, e tutto questo cucito insieme
fa una commedia». Il Regno di Dio è tutt’altra cosa, un’apoteosi di
magnificenza e armonia, beatitudine in terra (come dimostrano i santi) e
beatitudine nell’eternità: qui Fede e ragione non obnubilano la mente e l’anima
si libra serena nei cieli solcati dalla Verità portata dal Figlio di Dio.
Niente a che vedere con gli abissi arati dal «giornalista» Voltaire, che
si accontentava di «questo istante».
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