Da più parti si sentono rumours
circa una possibile riabilitazione di Lutero (cfr. Danilo Castellano, Riabilitare Lutero?, in Radiospada, 14.7.2016). Non è una novità. Forse si dimentica che lo stesso Benedetto XVI era
sostanzialmente favorevole a questo, sostenendo che l’eresiarca «aveva molte
idee cattoliche»; che sarebbe stato un riformatore e non un eretico
(cfr. Giacomo Galeazzi, Ratzinger
riforma Lutero “Aveva molte idee cattoliche”, in La Stampa, 5.3.2008).
Molti vorrebbero celebrare il
500° anniversario della disobbedienza dell’eresiarca Lutero, cioè di quella che
fu una vera sciagura, insieme a quella dei suoi complici come Calvino, della
religione cristiana e che causerà gravi danni sono venuti all’Europa dalla
diffusione di quel veleno. Già, del resto, qualificarlo “riformatore” e non per
quello che è, cioè eretico, così come affermare che egli avesse “molte idee
cattoliche”, costituisce un chiaro ed inequivocabile indice della volontà
riabilitativa del personaggio, contraria al Magistero della Chiesa ed all’insegnamento
dei Santi. Forse a costoro sfugge il magistero di Leone X, che condannò tutte,
o quasi, le idee luterane. In Lutero, già a partire dalle sue 99 tesi, il
cattolicesimo si era affievolito, sino a scomparire del tutto negli ultimi suoi
libelli. Leone X, vero Papa degno di questo nome, stigmatizzò le idee luterane
respingendole, rigettandole totalmente come eretiche, scandalose, false,
offensive per le orecchie pie o in quanto capaci di sedurre le menti degli
uomini semplici e in contraddizione con la fede cattolica (Bolla Exsurge
Domine). E come cattolici si deve prestare fede a quanto stabilito da un Papa
come Leone X, attento al bene della Chiesa, piuttosto che ai fallaci tentativi
riabilitativi posti in essere da altri. Come cattolici non possiamo non
condividere il giudizio caustico di vero docente cattolico, che si esprimeva in
questi termini sul nostro eresiarca:
«“Porci, asini, canaglie”
erano gli epiteti che Lutero riservava ai suoi avversari. Egli stesso
riconosceva di non saper dominare il suo carattere violento. Sui contadini, da
lui aizzati alla guerra contro i signori e poi abbandonati, scrisse. “Era
tempo ormai di sgozzare i contadini come cani rognosi”. Nei suoi discorsi a
tavola così parlava delle tentazioni della carne: “In realtà a questa
tentazione il rimedio è facile: vi sono ancora donne e giovanette”. Per
edificarsi si leggano negli stessi “Discorsi conviviali” le delicate
parole sulle più basse funzioni del corpo. Avendo giurato davanti al cielo e
alla terra di restare in perpetua castità, si rese spergiuro e sacrilego,
passando poi anche a indegne nozze con una ex monaca, anch’essa
spergiura e sacrilega, Caterina Bora. Si decise al matrimonio non solo per
soddisfare le sue passioni, ma anche “per far tacere le insinuazioni delle
male lingue” che sparlavano delle sue frequenti relazioni con Caterina e
con altre ex monache sue compagne. Dopo il suo matrimonio, per non scontentare
il suo potente protettore Filippo d’Assia, lo autorizzò a prendersi una seconda
moglie, oltre la legittima ancora vivente: e questo - scrisse - “per la sua
pace e la salute dell’anima sua”! Risaputa la cosa, non ebbe scrupolo a
smentirla con una potente bugia. Riassumendo: omicida e suicida (secondo don
Villa), eretico insensato, bestemmiatore accanito, bevitore impenitente,
gozzovigliatore formidabile (fu definito per questo il “doctor plenus”),
spergiuro e sacrilego, apostata, impuro (veniva chiamato “saxonicus porcus”),
di facile scurrilità e trivialità, violento nelle passioni, egocentrico e
megalomane, verbalmente aggressivo, nemico mortale del Papa e della Messa. A
lui si deve la perdurante apostasia di mezza Europa, ossia (salvo imperscrutabili
disegni dell’Onnipotente) la dannazione eterna di intere popolazioni» (v.
qui. Sulla
poligamia autorizzata da Lutero per il langravio (conte) Filippo I d’Assia (Hessen)
detto il Magnanimo, v. Matilda Joslyn
Gage, Woman, Church and State: a historical account of the status of
woman through the Christian ages: with reminiscences of the matriarchate, N.Y.,
1893, 2° ed., pp. 398-431. Sulla figura di
Filippo d’Assia e sulla sua poligamia, v. qui).
Ecco quanto scriveva S. Giovanni Bosco sul personaggio: «... Se volessi, o figli, continuare a raccontarvi le innumerevoli contraddizioni di Lutero, non che le brutte e vili espressioni che dava alle cose più sante, i titoli i più villani dati ai più distinti personaggi, ed ai più grandi dottori della Chiesa, ve lo dico schiettamente, non la finirei più. Vi basti il sapere ch’egli stesso asseriva di essere stato mandato dal demonio a riformare la Chiesa, e vantavasi di averlo avuto per suo maestro. Così nel suo libro da lui intitolato: De abroganda Affissa privata, nel quale narra un suo colloquio avuto col demonio, e come ad istigazione di lui egli si movesse a togliere la Messa ...» (san Giovanni Bosco, Il cattolico istruito nella sua religione, Trattenimento XX). Per questo, si può ritenere veritiero quanto affermava la beata Serafina Micheli che vide misticamente Lutero all’inferno (v. don Marcello Stanzione, Suor Serafina Micheli e la visione di Lutero all’Inferno, in Milizia di San Michele Arcangelo, 2011; La posizione di Martin Lutero all’inferno/ Extra Ecclesiam nulla salus, in Radiospada, 24.8.2012).
Ecco quanto scriveva S. Giovanni Bosco sul personaggio: «... Se volessi, o figli, continuare a raccontarvi le innumerevoli contraddizioni di Lutero, non che le brutte e vili espressioni che dava alle cose più sante, i titoli i più villani dati ai più distinti personaggi, ed ai più grandi dottori della Chiesa, ve lo dico schiettamente, non la finirei più. Vi basti il sapere ch’egli stesso asseriva di essere stato mandato dal demonio a riformare la Chiesa, e vantavasi di averlo avuto per suo maestro. Così nel suo libro da lui intitolato: De abroganda Affissa privata, nel quale narra un suo colloquio avuto col demonio, e come ad istigazione di lui egli si movesse a togliere la Messa ...» (san Giovanni Bosco, Il cattolico istruito nella sua religione, Trattenimento XX). Per questo, si può ritenere veritiero quanto affermava la beata Serafina Micheli che vide misticamente Lutero all’inferno (v. don Marcello Stanzione, Suor Serafina Micheli e la visione di Lutero all’Inferno, in Milizia di San Michele Arcangelo, 2011; La posizione di Martin Lutero all’inferno/ Extra Ecclesiam nulla salus, in Radiospada, 24.8.2012).
Lutero, un
Machiavelli della fede
di Francesco Agnoli
In occasione del cinquecentesimo
anniversario della rivoluzione di Martin Lutero lo scontro tra
cardinali tedeschi è già da tempo in atto: da una parte i cardinali Kasper e
Marx, che di Lutero si dichiarano apertamente ammiratori, dall’altra
i porporati Mueller, Brandmuller e Cordes, che si collocano invece nel solco
del pensiero cattolico, vedendo in Lutero l’uomo che deformò il
Vangelo e spezzò la Chiesa, dividendo così la Cristianità e l’Europa.
Non si tratta, però, solo di un
dibattito teologico “alto”; vi sono
implicazioni anche riguardo al diritto naturale ed al modo di concepire il
matrimonio cristiano. Kasper e Marx stanno cercando da alcuni anni, dopo l’abdicazione
di Benedetto, di limitare la condanna dell’adulterio e di legittimare, più o
meno apertamente, le seconde nozze, con aperture graduali anche al matrimonio
gay. Cosa c’entra in tutto ciò Lutero?
Forse ben più di quanto si creda. Anzitutto, riguardo alla dottrina, perchè egli
nega il carattere di sacramento al matrimonio, e lo sottopone alla
giurisdizione secolare, cioè al potere dei sovrani, degli Stati. Questa
concezione desacralizza il matrimonio e lo priva del suo tradizionale
significato soprannaturale.
Tomba di Katharina von Bora, chiesa di St. Marien, Torgau |
Sul piano dei fatti, la prima
cosa da ricordare è il matrimonio
di Lutero con una ex suora cistercense, Caterina von Bora, da cui
avrà 6 figli. I due vanno ad abitare nell’ex convento agostiniano di
Wittenberg, donato loro dal principe elettore di Sassonia (il quale deve a sua
volta a Lutero il fatto di essere diventato proprietario dei beni
della Chiesa cattolica nelle sue terre). Lutero e Caterina divengono
così un modello tanto che, sul loro esempio, i riformati “si adoperarono
parecchie volte, spesso in intere comitive, per strappare le religiose dai loro
chiostri, per farne le loro spose”.
Dopo un ratto di religiose che ha luogo
la notte del sabato santo 1523, Lutero definisce l’organizzatore dell’impresa
“felice ladro” e si congratula con lui per aver “liberato queste povere
anime dalla prigionia” (vedi Jacques Maritain, I tre
riformatori. Lutero. Cartesio. Rousseau, Morcelliana, Brescia, 1990,
p. 215). Sono gli anni in cui molte religiose tedesche vengono costrette a
lasciare i monasteri, spesso controvoglia, e a tornare alle proprie case, oppure
a sposarsi.
Il secondo fatto da ricordare è
il seguente: Lutero, per non perdere l’appoggio
del langravio Filippo d’Assia, “uno dei due pilastri politici sui quali si
reggeva il luteranesimo”, gli concede di sposare in seconde nozze la damigella
diciassettenne Margarete von Saale. Filippo ha già una moglie, Cristina di
Sassonia, dalla quale ha avuto sette figli. Siamo nel
1539. Lutero non vuole scandali rumorosi, non vuole giustificare
pubblicamente una bigamia, ma deve acconsentire alle richieste di Filippo,
libertino incallito, malato di sifilide, ma “necessario per conservare integra
la forza militare della riforma”.
Per questo decide di agire con furbizia: sperando che nessuno lo venga a sapere, comunica
segretamente a Filippo che il matrimonio supplementare può essere determinato
da una “necessità di coscienza”. In altre parole: la bigamia va bene, ma basta
che non diventi pubblica. Scrivono Lutero e Melantone: “Se dunque
vostra Altezza è definitivamente decisa a prendere una seconda moglie, il
nostro parere è che ciò deve rimanere segreto”. A nozze avvenute, Filippo
invia a Lutero, ormai da tempo dedito a mangiate e bevute imponenti, “una
botte di vino, che giunse a Wittenberg quando ormai il segreto della bigamia
era trapelato ad opera della sorella del langravio”.
Sentendosi nei guai, Lutero,
che meriterà da Tommaso Campanella il
titolo di “Machiavelli della fede”, consiglia a Filippo di dichiarare
pubblicamente che Margarete non è la sua moglie legittima, “sostituendo l’atto
di matrimonio con un altro atto notarile che dichiarasse che Margarete era solo
la sua concubina”. Filippo rifiuta, ed anzi chiede a Lutero di
confermare pubblicamente di aver concesso lui stesso la dispensa.
Ma Lutero, che in altre occasioni non esiterà a proporre traduzioni
fasulle di passi biblici, pur di avere ragione, risponde che il suo consiglio
era segreto, “e ora diventava nullo perché era stato reso pubblico” (Federico
A. Rossi di Marignano, Martin Lutero e Caterina von Bora,
Ancora, Milano, 2013, p. 343-347; Angela Pellicciari, Martin Lutero,
Cantagalli, Siena, 2013, p. 109-113).
Pochi anni prima di questi fatti,
nel 1531, Lutero, in una delle sue
tante lettere alla ricerca del favore dei potenti, ha scritto ad Enrico VIII re
d’Inghilterra che sì, il matrimonio è indissolubile, però... con il permesso
della regina si può sposare una seconda moglie, come nell’Antico Testamento. Come
sappiamo, Enrico chiederà la dispensa non a Lutero, ma al papa di Roma, ma
non ottenendola, coglierà la palla al balzo: proclamerà la scisma con Roma, e
alla fine, di ripudio in ripudio, “in coscienza”, arriverà alla ragguardevole
cifra di 6 mogli (alcune delle quali fatte uccidere senza scrupoli).
Se l’effetto evidente della
rivoluzione di Lutero riguardo
al matrimonio, è dunque il pretesto fornito a se stesso per gettare la tonaca e
il pretesto fornito ai principi per permettere loro di ripudiare le legittime
consorti e vivere in poligamia, anche sul piano della dottrina tutto è
destinato gradualmente a cambiare. Bisogna sempre tener conto di un
fatto: Lutero guarda costantemente alla nobiltà germanica come al suo
principale interlocutore, di cui ha bisogno per vincere la sua lotta con
Roma. E la nobiltà germanica, come quella di altri paesi, è in lotta con
la Chiesa non solo per questioni politiche e di potere, ma anche sulla dottrina
del matrimonio: spesso i nobili non accettano l’indissolubilità, né i vincoli
al matrimonio imposti da Roma (divieto di matrimoni combinati, di matrimoni tra
consanguinei...).
Inoltre, per motivi legati alle
loro condizioni sociali o ereditarie i nobili reclamano più degli altri il diritto dei genitori di
concedere o negare il consenso ai nubendi, mentre la Chiesa romana, al
contrario, riconosce solo ai nubendi, in quanto unici ministri dello stesso, il
diritto di decidere del loro matrimonio. Cosa
rispondono Lutero e i riformati a queste “esigenze” nobiliari, e non
solo. Anzitutto criticando l’indissolubilità assoluta.
Lutero riconosce così almeno
4 cause per il divorzio: l’adulterio,
l’impotenza sopraggiunta durante il matrimonio (mentre quella antecedente è
causa di nullità, come per la Chiesa), la “diserzione maliziosa” e l’ostinazione
tenace del coniuge nel rifiutare l’amplesso maritale (riguardo a quest’ultima
causa, arriva a scrivere: “Se la moglie trascura il suo dovere, l’autorità
temporale la deve costringere, oppure metterla a morte”).
Inevitabile che le aperture
di Lutero ne generino di ulteriori,
come quelle degli anabattisti, favorevoli alla poligamia, o quelle del suo
discepolo M. Butzer, per il quale Cristo non avrebbe mai abolito il ripudio, e
spetterebbe alle autorità politiche legiferare, senza limiti nè condizioni,
riguardo al divorzio. Inoltre Lutero e i riformati insistono,
con accenti diversi, sull’opportunità del consenso dei genitori, rimproverando
la Chiesa di ridurne l’importanza, e si battono per ridurre gli impedimenti di
consanguineità (Jean Gaudemet, Il matrimonio in Occidente, Sei,
Torino, 1996, p. 207-2012).
La Chiesa cattolica, dal canto
suo, con il Concilio di
Trento, prenderà in esame la posizione di Lutero, ribadendo una volta
per sempre il carattere sacramentale del matrimonio e la sua indissolubilità,
negando la liceità del divorzio luterano, ribadendo, nonostante le pressioni
della nobiltà francese, che il consenso dei genitori, pur opportuno, non è
vincolante e condannando l’assunto luterano secondo cui vivere in castità è
impossibile. La posizione espressa dal Concilio di Trento verrà ribadita
dalla Chiesa e dai pontefici per 500 anni, senza mutamenti.
Fonte: La nuova bussola quotidiana, 18.8.2016
Fonte: La nuova bussola quotidiana, 18.8.2016
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