Sunniti e sciiti, seppur di
diversa denominazione islamica, hanno un obiettivo comune: i cristiani. Questa
è la testimonianza di P. Rebwar Basa di Erbil, che smentisce – da testimone
oculare e di prima linea – la vulgata dell’islam come religione di pace …. (cfr. anche Paolo Facciotto, «Solo riconoscere che è in atto un genocidio potrà aiutare i cristiani a restare in Iraq e in Siria», in LNBQ, 22.8.2016). Il fatto che sia stato contestato al Meeting CL di Rimini la dice lunga di quanto sia diffusa quest'erronea convinzione in Occidente e nella Chiesa, tanto da far credere che il Dio Triuno cristiano sia Allah, come nota il giornalista Antonio Socci in un recente suo contributo (Ma il "Dio" di Avvenire e ciellini è oggi Allah?, in Lo straniero, 20.8.2016, tradotto in inglese da Rorate caeli. Cfr. Franco Bechis, Padre Rebwar parla dei cristiani perseguitati dall'islam e fa fatica ad essere accettato al Meeting, in Lo straniero, 21.8.2016).
Nella vigilia di S. Bartolomeo e
nella festa di S. Filippo Benizi, confessore, rilanciamo il seguente articolo,
pubblicato anche da Chiesa e post-concilio.
Giovanni Battista Barca o Barchi, S. Bartolomeo tra i SS. Francesco d'Assisi, Antonio da Padova e Carlo Borromeo, 1620-50, Verona |
Ambito campano, S. Bartolomeo, XVIII sec., Ariano Irpino |
Francesco Vanni (attrib.), Madonna con Bambino tra i SS. Filippo Neri e Filippo Benizi, 1590-1610, Lucca |
Anonimo veneto, S. Filippo Benizi, 1650-60, Padova |
Francesco Curradi, Visione di S. Filippo Benizi, 1625-49, Basilica di S. Maria dei servi, Siena |
Giovanni Bonazza, S. Filippo Benizi, 1713, Chiesa di S. Maria dei servi, Padova |
IL PRETE IRAQENO CHE TURBA IL MEETING: «SCIITI E SUNNITI
SI SCANNANO, MA IL LORO VERO OBIETTIVO SONO I CRISTIANI»
Padre Rebwar Basa è un iracheno
di 38 anni, nato ad Erbil e ordinato sacerdote nel monastero di San Giorgio a
Mosul. Un religioso nella polveriera di questi anni, che ha vissuto in un Iraq
dovei cristiani sono sempre più minoranza, perseguitata da tutti i gruppi
islamici del paese e con una vita resa difficile anche dal potere ufficiale. Al
Meeting di Rimini per tre giorni è venuto a raccontare la sua storia a chi
visita la mostra sui martiri cristiani organizzata dalla onlus Aiuto alla
Chiesa che soffre.
L’ho visto venerdì protagonista
di un episodio che mai si era verificato al Meeting di Rimini: un testimone
oculare di stragi, che racconta la propria storia e che viene messo in discussione,
ritenuto inattendibile dal pubblico che ascolta. L’ho filmato durante quel
braccio di ferro con il pubblico, e lui ha tenuto botta: «Io ho vissuto in
Iraq, sono un testimone di quello che racconto. Lì siamo 300mila cristiani
ancora. Qui si racconta una cosa vera, che i sunniti ammazzano gli sciiti e gli
sciiti uccidono i sunniti. È vero, e ci sono motivi religiosi, politici ed
economici in quelle stragi. Ma per gli uni e gli altri noi cristiani siamo il
vero obiettivo. Questo bisogna dirlo. Ogni tanto leggo che i cristiani
sarebbero vittime collaterali di un conflitto. No, non è così: sono l’obiettivo
principale. C’è una persecuzione che è anche un genocidio, e di questo dobbiamo
parlare».
Il pubblico rumoreggiava,
contestava apertamente. Padre Rebwar con calma ha replicato: «Non vi fidate di
me? Non ci credete? Potete anche approfondire: ci sono mass media, ci sono
libri, ci sono altri testimoni. Potete informarvi. Però qui spesso si ha paura
di parlare per non toccare la sensibilità di altre religioni, di non dire
questo, non dire quello. E state vedendo grazie a questo atteggiamento come è
diventata la situazione dell’Europa, dove siete la maggioranza come cristiani e
vivete in allerta. Immaginate cosa si vive da noi in Iraq, dove siamo lo 0,5%
della popolazione. Qui da voi ci sono ragazzi dell’islam che partono per andare
a combattere in Iraq e in Siria, pronti a morire. E i vostri giovani non sono
pronti nemmeno più a partecipare a una Santa Messa».
Ieri sono andato a trovarlo e gli
ho chiesto se era stupito di questa incredulità. Mi ha fatto capire di no, che
non è la prima volta. Ho sentito le sue parole vibranti sugli errori
dell’Occidente, ma lui ora quasi se ne ritrae: «Voi in Occidente siete molto
più sviluppati che da noi, non posso dirvi cosa dovete fare. Secondo me c’è un
solo criterio per giudicare quel che sta avvenendo: la libertà. Dove la libertà
è assicurata, non c’è conflitto, non c’è ingiustizia. Ma per esserci libertà
bisogna che una minoranza possa vivere in pace, e da noi questo non accade.
L’islam è una religione, che però spesso viene catturata dalla ideologia che lo
rende radicale. I giovani che corrono a combattere con l’Isis sono vittime di
questi islamici che gli insegnano l’odio, dicono loro di non accettare le
diversità, di considerare gli altri infedeli. E quell’odio diventa persecuzione
nei nostri confronti. Questo bisogna saperlo...».
Fonte: Il Timone, 22.8.2016
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