mercoledì 28 settembre 2016
martedì 27 settembre 2016
Piccolo aggiornamento sull’Amoris laetitia
Pochi
giorni orsono (v. qui)
avevamo dato la notizia circa la lettera inviata dal vescovo di Roma ai vescovi
della regione argentina di Buenos Aires nella quale avallava, quale unica
possibile, l’interpretazione dell’esortazione Amoris laetitia nel
senso di apertura della Chiesa circa l’accesso alla Comunione dei divorziati
risposati, il cui peccato di adulterio - come è stato notato - è declassato a
mero peccato veniale (cfr. Op-Ed:
“Adultery as a venial sin” -- and other absurdities of trying to defend the
indefensible Francis Doctrine, in Rorate
caeli, Sept. 15, 2016).
Quel
documento, la cui autenticità era stato messo in dubbio da taluno, ma che dopo
la pubblicazione sul sito della Radiovaticana e sull’Osservatore Romano nessuno più dubita
essere autentico (cfr. Sandro Magister, Bergoglio, i vescovi argentini e
la comunione ai divorziati risposati. Qualcosa non quadra, in blog Settimo
cielo, 16.9.2016, nonché in Chiesa
e postconcilio, 17.9.2016), non ha mancato di provocare accese
reazioni. Se da un lato, come ricordavamo nel nostro precedente post, i vescovi
canadesi di Alberta avevano decisamente e convintamente virato in senso
contrario (Amoris laetitia: i
Vescovi dell’Alberta fuori dal coro, in blog MiL
– Messa in latino, 16.9.2016; I vescovi di Alberta (Canada): la
comunione per i divorziati risposati solo se praticano la continenza,
in Sinodo2015,
19.9.2016) e c’era stato persino chi aveva presentato un libello di accusa
contro il vescovo di Roma (cfr. With Burning Concern: We Accuse
Pope Francis: The Remnant & Catholic Family News - I of III,
in Catholic
Family News, Sept. 19, 2016; With Burning Concern: We Accuse
Pope Francis: The Remnant & Catholic Family News - II of
III, ivi,Sept.
22, 2016; With Burning
Concern: We Accuse Pope Francis: The Remnant & Catholic Family News -
III of III, ivi,
Sept. 23, 2016; Con
viva preoccupazione: Noi accusiamo Papa Francesco, I parte, in Chiesa
e postconcilio, 24.9.2016; II parte, ivi,
30.9.2016; III parte, ivi,
1.10.2016) e chi, autorevolmente, invocava la revoca dell'esortazione, pena
il realizzarsi di uno scisma all'interno della Catholica (cfr. Claire Chretien, Top philosopher: Pope must revoke
‘objectively heretical’ statements to avoid schism, in Lifesitenews,
Sept. 21, 2016); dall’altro abbiamo avuto reazioni di segno opposto. Ad
es., il cardinal vicario di Roma, card. Vallini, ha decisamente avallato
l’interpretazione bergogliana, sia pur condizionata e con molta
cautela, di apertura ai divorziati risposati anche quando non praticano la
continenza (cfr. Sandro Magister, “Amoris laetitia” tradotta
dal cardinale vicario di Roma. Anche a lui il papa scriverà una lettera di
encomio?, in blog Settimo
Cielo, 23.9.2016; Il cardinale Vallini e l’interpretazione di Amoris
laetitia per i divorziati risposati: un sì (molto) condizionato,
in Sinodo2015,
23.9.2016. Cfr. anche per le reazioni, Sandro Magister, Francesco
apre la porta anche a chi non ha l'abito nuziale. Ma che ne dice il Padrone di
casa?, in blog Settimo
Cielo, 27.9.2016).
Insomma,
si sarebbe creata, in quest’ottica, una gran confusione (cfr. Commenti dagli Stati Uniti dopo la
lettera del Papa ai vescovi argentini, ivi,
16.9.2015).
In questo
marasma, il nostro don Morselli ha predisposto un kit di sopravvivenza, che
volentieri segnaliamo (don Alfredo Morselli, Amoris laetitia survival kit, in blog MiL
– Messa in latino, 24.9.2016).
Al
contempo, insigni personalità cattoliche, cardinali, vescovi, sacerdoti e
laici, hanno sottoscritto una dichiarazione in difesa della morale e della
famiglia (80 personalità
cattoliche in difesa della famiglia e della morale, in Corrispondenza
romana, 27.9.2016; Una
sintesi della Dichiarazione di fedeltà, ivi; Lista dei primi firmatari e testo
completo della Dichiarazione di fedeltà all’insegnamento immutabile della
Chiesa sul matrimonio e alla sua ininterrotta disciplina, ivi; IMPORTANT: International
Declaration of Fidelity to the Church’s Unchangeable Doctrine and Uninterrupted
Discipline on Marriage (Sign it as well !), in Rorate
caeli, Sept. 27, 2016; Dichiarazione di fedeltà
all’insegnamento immutabile della Chiesa sul matrimonio e alla sua ininterrotta
disciplina, in Chiesa
e postconcilio, 27.9.2016; 80 personalità cattoliche fedeli
al Magistero immutabile, in Sinodo2015,
27.9.2016). Tra i firmatari i cardd. Caffarra e Burke, i vescovi Laise e
Schneider, il nostro teologo don Nicola Bux, i laici proff.ri De Mattei e
Radaelli. Personalità di primo piano nel panorama cattolico!
Nel
frattempo comincia la persecuzione contro i dissenzienti dell'Amoris laetitia ...., che non è possibile nè
criticare nè contestare (cfr. Amoris laetitia: la
"misericordiosa" repressione del dissenso, in blog MiL
- Messa in latino, 30.9.2016; Jan Bentz, Some
of 45 signatories feeling the heat over letter urging clarification of ‘Amoris Laetitia’, in Lifesitenews,
Sept. 29, 2016; The Bergoglian Mafiosi is taking vengeance, in Vox
cantoris, Sept. 30, 2016).
Il campo,
dunque, continua ad essere magmatico e fluido … . Vedremo le prossime
evoluzioni.
domenica 25 settembre 2016
venerdì 23 settembre 2016
giovedì 22 settembre 2016
mercoledì 21 settembre 2016
Cosa ne pensa S. Alfonso M. de’ Liguori degli incontri ecumenici assisani, di ecumenismo, di “tolleranza” e di dialogo interreligioso?
Prosegue ........
V. anche Sant'Alfonso contro la falsa pace di Assisi, in Chiesa e postconcilio, 21.9.2016. Qui per il testo completo di S. Alfonso.
Una storia di conversione: il vero “Dorian Gray”
Nella festa di S. Matteo apostolo rilanciamo questa
recensione di Luca Fumagalli.
Agostino e Giovanni Battista Montanari, Martirio di S. Matteo, 1605, Genova |
Alessandro Varotari detto il Padovanino, Martirio di S. Matteo, XVII sec., parrocchia di S. Anna Morosina, San Giorgio in bosco |
Guglielmo Caccia, Martirio di S. Matteo, XVII sec., Asti |
Francesco Costanzo Catanio, Martirio di S. Matteo, 1655, Ferrara |
Paolo de' Majo, Martirio di S. Matteo, 1745 circa, Chiesa di S. Matteo, Agerola |
John Gray: l’esteta omosessuale che divenne sacerdote
di Luca Fumagalli
In Wilde,
film del 1997 diretto da Brian Gilbert, vi è una scena fugace, solo pochi
secondi, che però descrive con brillante intuizione il momento della definitiva
separazione tra John Gray, giovane approdato al mondo letterario dopo una dura
gavetta, e Oscar Wilde, suo amico e amante. Il loro rapporto era stato
idilliaco, almeno fino a quando nell’orbita del vate irlandese aveva iniziato a
gravitare l’egocentrico quanto affascinante Lord Alfred Douglas, soprannominato
Bosie. Il disastroso esito della loro relazione fu il noto processo del 1895
che trascinò nel fango la reputazione del campione dell’estetismo inglese,
confinandolo negli angusti spazi di una cella.
Quando Gray vede
Oscar allontanarsi con Douglas, l’autocommiserazione si fa largo in lui: «Io
sono solo il figlio di un falegname, mentre Bosie…». Robbie Ross, da poco
diventato cattolico, non può far altro se non consolare l’amico con parole che,
col senno di poi, suonano singolarmente profetiche: «Qualcun altro era figlio
di un falegname».
Miseria e grandezza
sono i due limiti entro cui si snodò la vita di uno dei protagonisti più
discussi della Londra fin de siècle. Di umili origini, John Gray
(1866-1934) dovette faticare non poco per affermarsi. Dalla sua parte vi erano
la grande vivacità intellettuale e la serietà con cui si dedicava agli studi.
Poeta di rara delicatezza, aperto alle influenze letterarie d’oltremanica,
presto entrò a far parte del circolo decadente, legandosi tra gli altri
a Ernest Dowson e a Aubrey Beardsley (di cui curò la pubblicazione
postuma delle epistole).
Il suo nome iniziò a
circolare sulla stampa britannica quando venne associato al protagonista
de Il ritratto di Dorian Gray, chiaramente ispirato a lui. La ridda
di polemiche che investì Wilde, accusato di aver scritto un romanzo immorale e
impudico, fu mitigata dalla stampa cattolica, l’unica impegnata nella difesa di
un testo che raccontava con precisione la progressiva discesa di un’anima negli
abissi del peccato.
Vincenza Lagioia con
il suo La vera storia di Dorian Gray compie un’operazione
biografica singolare, soprattutto per quanto riguarda lo stile, costruendo una
narrazione fatta di piccoli quadri, di tanti spiragli che si aprono senza
soluzione di continuità sulla corrotta maestosità della letteratura britannica
alle soglie del XX secolo. Il saggio, quasi un edificio felliniano, ripercorre
con la passione di un avventuriero la biografia di John Gray, per troppo tempo
rimasta celata dietro la maschera di Dorian.
In pochi, infatti,
conoscono il secondo tempo della vita del giovane poeta, il cui inizio coincise
proprio con l’abbandono di Wilde. La crisi che ne scaturì guidò
provvidenzialmente Gray verso i sicuri lidi della Chiesa di Roma, una strada
che percorse in compagnia di un nuovo amico, Andrè Raffalovich, un ebreo russo
che divenne cattolico e che gli fu compagno fedele per il resto della vita.
Se è pur vero che il
mondo dell’estetismo poté vantare numerose conversioni al cattolicesimo, per la
maggior parte si trattò di infatuazioni passeggere, gesti provocatori che
durarono lo spazio di un mattino. Quella fin de siècle, come ha
scritto Griffith in un recente saggio, fu una “falsa partenza” per il revival
cattolico britannico che sbocciò solamente qualche anno dopo, a ‘900 ormai
avviato.
Raffalovich e Gray,
al contrario, furono due sopravvissuti di quella tragica generazione.
Quest’ultimo, tra l’altro, dopo gli studi presso il Collegio Scozzese di Roma –
lo stesso seminario che aveva ospitato l’irrequieto Frederick Rolfe “Baron
Corvo” – venne ordinato sacerdote. Entrambi divennero terziari domenicani e
grazie ai loro sforzi congiunti fu costruita a Edimburgo una nuova chiesa
parrocchiale.
Il poeta aveva ceduto
il passo al sacerdote, un uomo pio e devoto che prendeva sul serio la sua
vocazione. Lontano dagli eccessi giovanili, Gray trascorreva le giornate
aiutando i bisognosi e trattenendosi per ore al confessionale. Nutriva un
affetto particolare per la liturgia cattolica; ogni giorno, mentre Raffalovich
occupava puntuale il suo posto in prima fila, celebrava la messa con dignità,
attento a scandire le parole, rispettando il ritmo e le pause.
Negli ultimi anni di
vita Gray fu in contatto anche con il domenicano McNabb, amico di Chesterton e
Belloc, che tentò inutilmente di coinvolgerlo nel progetto distributista,
finalizzato ad applicare i principi del cattolicesimo sociale espressi da Leone
XIII nell’enciclica Rerum Novarum.
Attraverso gli studi
di esegesi biblica conobbe inoltre il gesuita irlandese George Tyrrel, uno dei
campioni del modernismo. Sebbene non condividessero una virgola delle sue idee,
lui e Raffalovich gli furono vicini nei difficili momenti della scomunica,
offrendogli anche un cospicuo aiuto economico (che Tyrrel rifiutò
garbatamente).
La vera storia di
Dorian Gray, al di là dei molti
altri aneddoti che si potrebbero citare, è dunque un saggio audace, che
smitizza attraverso il particolare punto di vista di John Gray, il poeta che
divenne sacerdote, un’epoca sovente ridotta a trita collezione di cliché.
Il volume è sopratutto la storia di una conversione, di un cuore che cambia,
che riorienta il suo desiderio di bellezza passando dall’arte a Dio: «La poesia
perfetta che questo sacerdote-poeta ha fatto è stato il poema finito della sua
vita a Lui dedicata».
Il libro: Vincenzo
Lagioia, La vera storia di Dorian Gray, Bologna, Minerva Edizioni,
2012, pagine 318, euro 19.
Fonte: Radiospada, 20.9.2016
martedì 20 settembre 2016
Esercizi spirituali per laici presso l'Abbazia san Felice dei Missionari del Preziosissimo Sangue (13-16 ottobre 2016)
Sarà assicurata, durante gli esercizi, da Don Giuseppe Laterza, missionario del Preziosissimo Sangue, la celebrazione della Santa Messa secondo l'usus antiquior.
Per info: tel. 074290103 (chiedere di don Altin).
Il 20 settembre: data luttuosa e di attacco al cuore della Cristianità
Volentieri rilanciamo questa riflessione del prof. Massimo Viglione
sul 20 settembre.
«Così si perviene al 20 settembre 1870: forse il più piccolo fatto
d’armi del Risorgimento; certamente il più grande avvenimento della civiltà
umana. Risorgimento: opera della Massoneria! XX Settembre: gloria della
Massoneria».
Tutti coloro che, giustamente, si lamentano del
mondo di oggi; coloro che difendono la famiglia naturale e i bambini,
combattono contro l'ideologia omosessualista e genderista; coloro che si
infuriano per l'invasione immigrazionista; coloro che denunciano l'immenso
complotto della finanza internazionale in tutti i suoi risvolti, anche
monetari; coloro che propongono e si battono per alternative politiche serie e
tradizionali alla situazione odierna; coloro che odiano la UE, avendo capito
bene il suo ruolo e odiano i padroni della UE; coloro che denunciano il grande
piano della dissoluzione mondialista; tutti coloro che semplicemente soffrono
per la decadenza generale del presente; soprattutto, tutti coloro che soffrono
e denunciano la spaventosa crisi teologica, morale, dottrinale e liturgica
della Chiesa odierna; tutti costoro, o almeno la stragrande maggioranza di
ognuno dei settori elencati (eccetto in parte l'ultimo), non pensa al 20 settembre
1870.
Anzi, ritiene che chi lo ricorda ancora sia in fondo il solito disadattato,
che perde tempo ed energie inutilmente su fatti accaduti quasi 150 anni fa,
anziché impegnarsi sui problemi del presente.
Beh, tutti costoro non hanno capito che proprio questo lontano
evento - anche un po' fastidioso in quanto ci pone in contrasto con lo Stato
italiano (e ovviamente questo non è cosa da veri e seri moderati) e pure con il
clero odierno che oggi è totalmente schierato con gli invasori di allora - è la
causa di tutti i mali che per cui loro soffrono e che combattono. Tutti quelli
elencati, nessuno escluso, alcuni in maniera indiretta, altri in maniera
diretta, altri in direttissima.
È qui la svolta della storia della modernità, al di là del mero fatto della caduta dello Stato Pontificio che di per sé potrebbe essere un evento non così grande come la Rivoluzione Francese o la Prima Guerra Mondiale. Ma questo è un errore pacchiano e ingenuo di prospettiva, privo di senso storico.
E, infatti, la Massoneria non commise allora, né commette oggi - in quanto ancora oggi, immancabilmente, il 20 settembre va a Porta Pia a ricordare l'evento, il che dimostra esattamente quello che io sto sostenendo - questo pacchiano e ingenuo errore.
È qui la svolta della storia della modernità, al di là del mero fatto della caduta dello Stato Pontificio che di per sé potrebbe essere un evento non così grande come la Rivoluzione Francese o la Prima Guerra Mondiale. Ma questo è un errore pacchiano e ingenuo di prospettiva, privo di senso storico.
E, infatti, la Massoneria non commise allora, né commette oggi - in quanto ancora oggi, immancabilmente, il 20 settembre va a Porta Pia a ricordare l'evento, il che dimostra esattamente quello che io sto sostenendo - questo pacchiano e ingenuo errore.
Se fossimo stati presenti in quel giorno a Roma, dovevamo
schierarci: o con gli "italiani" invasori (il "progresso"
democratico e liberale), o con la Chiesa di sempre (la Verità), oppure stare
fermi e zitti e andare col vincitore. Ebbene, voi tutti non avete capito la
metafora del 20 settembre: il 20 settembre... è oggi!
In tutti i sensi.
E io mi schiero con chi 146 anni fa ha perduto. Per il momento. E
combatto contro chi ha vinto. Per il momento.
Non è questione di mero patetico nostalgismo. Se penso a chi sarebbe in mano oggi lo Stato Pontificio... per carità di Dio!!! È questione infinitamente più grande: è questione di scelta di campo storica e metastorica, religiosa e politica, nel senso più ampio possibile dell'ultimo concetto.
Se oggi ci troviamo come ci troviamo in tutti i settori della vita pubblica e privata, è anche perché è caduta Porta Pia.
Non è questione di mero patetico nostalgismo. Se penso a chi sarebbe in mano oggi lo Stato Pontificio... per carità di Dio!!! È questione infinitamente più grande: è questione di scelta di campo storica e metastorica, religiosa e politica, nel senso più ampio possibile dell'ultimo concetto.
Se oggi ci troviamo come ci troviamo in tutti i settori della vita pubblica e privata, è anche perché è caduta Porta Pia.
Ecco il perché, irreversibile, della mia scelta: perché Porta Pia
continua a cadere ogni giorno. E ogni giorno dobbiamo scegliere e schierarci.
Esattamente come fanno i nemici della Chiesa, che oggi sono a Porta
Pia a commemorare la loro vittoria. Anzi, le loro vittorie.
Fonte (v. anche Massimo Viglione, XX settembre. Gloria della massoneria, in Riscossa cristiana, 20.9.2016)
Cfr. per approfondimenti, Piergiorgio
Seveso, 20 settembre 1870: dall’invasione di Roma all’invasione della
Chiesa, in Radiospada, 22.9.2015;
Uno scambio epistolare tra Vittorio Emanuele II e S. S. Pio IX
(1870), ivi, 20.9.2015;
Davide Consonni, Mattarella e Marino fanno gli auguri alla Massoneria per il XX
Settembre, ivi, 23.9.2015;
Id., Napolitano,
Grasso, Boldrini: tutti inviano auguri alla massoneria per il XX Settembre!,
ivi, 28.9.2014;
Piergiorgio Seveso, La Squadra e’l Compasso che fecer l’italia: un ricordo del 20 settembre, ivi, 23.9.2012;
domenica 18 settembre 2016
“Itaque, mundo sibíque mórtuus, vitam Jesu manifestábat in carne sua, quæ dum in alíquibus ex turpitúdine obscœnum flagítium sentiébat, prodigiósum de se efflábat odórem, indícium nitidíssimæ illíus puritátis, quam, immúndo spíritu vehementíssimis tentatiónibus frustra obnubiláre diu conánte, servávit illæsam, tum arcta sénsuum custódia, tum jugi córporis maceratióne, tum denique speciali protectióne puríssimæ Vírginis Maríæ, quam matrem suam appelláre consuévit, ac véluti matrem dulcíssimam íntimo cordis afféctu venerabátur, eámque ab áliis venerári exoptábat, ut cum ejúsdem patrocínio, sicut ipse ajébat, ómnia bona consequeréntur” (Lect. V – II Noct.) - SANCTI JOSEPHI A CUPERTINO, CONFESSORIS
Celebriamo oggi un
figlio glorioso del Serafino di Assisi, nato nel 1603 e morto nel 1663, la cui
festa fu estesa a tutta la Chiesa da un papa uscito dal medesimo Ordine,
Clemente XIV, nel 1769, con rito doppio, trasferendo la festa di San Tommaso da
Villanova al 22 di settembre. San Giuseppe da Copertino non è meno celebre per
la sua evangelica semplicità che per le sue levitazioni estatiche; ciò è il
motivo per cui tutta la seguente messa metterà in piena luce quest’aspetto eminentemente
soprannaturale della sua santità.
Roma cristiana gli ha
dedicato una chiesa nel quartiere Cecchignola. Costruita nel 1956 e dedicata
inizialmente a San Marco, mutò denominazione dal 1° ottobre 1979. Affidata
inizialmente ai minori conventuali, dal 2001 è affidata alle cure del clero
diocesano. Dal 2015 è titolo cardinalizio.
L’antifona d’ingresso è
tratta dall’Ecclesiastico (Siracide) (Sir. 1, 14-15), seguito dal Sal. 84 (83).
Benché sacerdote, san
Giuseppe da Copertino non si distingueva per una grande cultura letterarai, ma
siccome era un santo, Dio gli concesse la scienza delle cose divine, che, nelle
Scritture, è precisamente chiamata Scientia Sanctorum.
La
colletta contiene un’allusione velata ai voli estatici del Santo, che talvolta
lo sollevavano in aria per poter baciare un’immagine di Gesù Cristo o della
Vergine.
La
prima lettura sulle qualità ed i meriti della carità (1 Cor. 13, 1-8) fa parte
di quella della Domenica di Quinquagesima. Il redattore della messa la fa
terminare al versetto 8, in cui l’Apostolo insegna che la carità può accendere
anche della scienza - è senza dubbio un’allusione alla serafica semplicità del
Santo, tanto più ricco di scienza di Dio quanto meno aveva brillato sui banchi
di scuola.
Il
responsorio è lo stesso per san Saba, il 5 dicembre.
I
superiori ecclesiastici, per provare l’origine soprannaturale delle grazie del
Santo, lo sottomisero a lunghe e dure prove ed a frequenti umiliazioni,
relegandolo qui o là nei conventi solitari, per impedire che l’entusiasmo popolare
per i prodigi compiuti da lui degenerassero in qualche disordine.
Relegato
in Assisi fu accompagnato dallo stesso Ministro Generale in udienza dal papa
Urbano VIII, dinanzi al quale il nostro Santo levitò. Allora il papa disse che
due Santi in Assisi erano di troppo, in quanto vi era già san Francesco. Per
questo, san Giuseppe fu mandato nelle Marche, ad Osimo.
La
lettura evangelica (Mt 22, 1-14) è la parabola dell’invito alle nozze fatto ai
mendicanti, che si tenevano agli incroci delle strade ed è la stessa della XIX
Domenica dopo la Pentecoste. Mentre tanti scienziati non approfittano della
divina grazia e non corrispondono alla loro santa vocazione, questo povero di
spirito, nella semplicità del suo cuore, accettò l’invito del Signore e fu
introdotto nella sala del banchetto.
L’antifona
per l’offerta delle oblazioni (Sal. 35 (34)) fa allusione alle terribili
macerazioni del Santo ed alla sua dolcezza verso coloro che l’osteggiavano.
Le
altre due collette sono quelle del Comune dei Confessori non pontefici, come l’8
febbraio.
L’antifona
per la Comunione del popolo è tratta dal Sal. 69 (68). È a prezzo della povertà
e delle afflizioni che san Giuseppe da Copertino acquistò, per così dire, i
doni straordinari di cui fu colmato: Ego sum pauper et
dolens. Diventò povero, cioè umile, obbediente, piccolo
ai suoi propri occhi, e dolens, cioè fu con le più dure mortificazioni
che egli stampò nelle sue membra le stimmate della Passione del Cristo.
Si
racconta che fu mandato talora dal suo superiore per esorcizzare indemoniati.
Il Santo avvicinandosi agli infelici, si accontentava di mostrare al demonio il
biglietto del suo superiore che gli ordinava di cacciarlo e dichiarava che non
era lui, ma l’ubbidienza che esigeva la liberazione del povero energumeno: Io
son venuto qua per ubbidienza e per questo tu hai da uscire da qua (così ricorda Angelo Pastrovicchi, Compendio della Vita, Virtu e Miracoli del B.
Giuseppe di Copertino, Roma 1753, p. 47. Cfr. Alfio Giaccaglia, San
Giuseppe da Copertino – Il Santo dei voli4, Osimo 2000, p. 126). È inutile dire che il diavolo non poteva
tollerare un linguaggio tanto umile, e così lasciava l’invasato.
Ambito marchigiano, S. Giuseppe da Copertino in estasi, XVIII sec., Camerino |
Ambito marchigiano, S. Giuseppe da Copertino in estasi dinanzi alla Santa Casa di Loreto, XVIII sec., Senigallia |
Ambito abruzzese, S. Giuseppe da Copertino in levitazione estatica dinanzi alla statua della Vergine, XVIII sec., Pescara |
Placido Costanzi, S. Giuseppe solleva per i capelli Baldassarre Rossi, XVIII sec., Palazzo Barberini, Roma |
Ambito romagnolo, Estasi di S. Giuseppe da Copertino, XVIII sec., Faenza |
Giovan Battista Ripani, Volo davanti all’Ammirantessa di Castiglia, Chiesa di S. Francesco, Fermo |
Gaetano Lapis, Estasi di S. Giuseppe da Copertino, 1763, Perugia |
Prima statua di S. Giuseppe, dopo la sua beatificazione, 1753, Santuario della Grottella, Copertino |
Prima cassa dove furono custodite le spoglie di S. Giuseppe da Copertino, Santuario della Grottella, Copertino |
Reliquie di S. Giuseppe durante la ricognizione canonica del 2012, Osimo |
venerdì 16 settembre 2016
Inno "Crucis Christi" dai vespri della festa dell'Impressione delle Stimmate del Serafico Padre San Francesco
Dal Proprio francescano Inno dei Vespri per la festa dell'Impressione delle Stigmate del Serafico Padre San Francesco d'Assisi (v. anche qui):
Crucis
Christi mons Alvérnae
Recénset
mystéria,
Ubi
salútis aetérnae
Dantur privilégia:
Dum Francíscus dat lucérnae
Crucis sua stúdia.
Hoc
in monte vir devótus,
Specu
solitária,
Pauper, a mundo
semótus,
Condénsat ieiúnia:
Vigil, nudus, ardens totus,
Crebra dat suspíria.
Solus ergo clasus
orans,
Mente sursum ágitur;
Super gestis Crucis plorans
Maeróre confícitur:
Crucísque fructum implórans
Animo resólvitur.
Ad
quem venit Rex e caelo
Amíctu Seráphico,
Sex alárum tectus velo
Aspéctu pacífico:
Affixúsque Crucis
telo,
Porténto mirífico.
Cernit servus
Redemptórem,
Passum impassíbilem:
Lumen Patris et
splendórem,
Tam pium, tam húmilem:
Verbórum audit tenórem
Viro non effábilem.
Vertex montis inflammátur,
Vicínis cernéntibus:
Cor Francísci transformátur
Amóris ardóribus:
Corpus vero mox ornátur
Mirándis Stigmátibus.
Collaudétur Crucifíxus,
Tollens mundi scélera,
Quem laudat concrucifíxus,
Crucis ferens vúlnera:
Francíscus prorsus inníxus
Super mundi foédera. Amen.
* * * * * * * *
Il
Monte della Verna
rivive
i misteri della Croce di Cristo;
là
dove vengono elargiti
gli
stessi privilegi che donano la salvezza eterna,
mentre
Francesco volge
tutta
la sua attenzione alla lucerna che è la Croce.
Su
questo monte l’uomo di Dio,
in
una caverna solitaria,
povero,
separato dal mondo,
moltiplica
i digiuni.
Nelle
veglie notturne, pur nudo, è tutto ardente,
e
si scioglie in lacrime con frequenza.
Recluso
con sé solo, dunque, prega,
con
la mente si innalza,
piange
meditando le sofferenze della Croce.
È
trapassato dalla compassione:
implorando
i frutti stessi della croce
nella
sua anima si va consumando.
A
lui viene il Re dal cielo
in
forma di Serafino,
nascosto
dal velo delle sei ali
con
volto pieno di pace:
è
confitto al legno di una Croce.
Miracolo
degno di stupore.
Il
servo vede il Redentore,
l’impassibile
che soffre,
la
luce e splendore del Padre,
così
pio, così umile:
e
ascolta parole di un tale tenore
che
un uomo non può proferire.
La
cima del monte è tutta in fiamme
e
i vicini lo vedono:
Il
cuore di Francesco è trasformato
dagli
ardori dell’amore.
E
anche il corpo in realtà viene ornato
da
stimmate stupefacenti.
Sia
lodato il Crocifisso
che
toglie i peccati del mondo.
Lo
loda Francesco, il concrocifisso,
che
porta le ferite della Croce
e
completamente riposa
al di sopra delle cure di questo mondo. Amen.
al di sopra delle cure di questo mondo. Amen.