Nella festa del santissimo Nome di Maria, che il Sommo
Pontefice Innocenzo XI ordinò che si celebrasse per l'insigne vittoria
riportata a Vienna, in Austria, in questo giorno dell’anno 1683, contro i Turchi,
col patrocinio della stessa Vergine dalle truppe cristiane.
Fermo Forti, Gloria del Nome di Maria, XIX sec., Carpi |
Sulla radio pubblica di nuovo in onda l’errore modernista
di
M.F.
Sono
molti gli articoli ed i programmi “a tesi” preconfezionate, propinati al grande
pubblico. Lo sono da decenni, in modo sempre più invasivo, capillare, metodico.
Complici il sonno delle coscienze, la crisi della morale ed una crescente
ignoranza, sono riusciti progressivamente a condizionare il dibattito
culturale, accademico, politico, sociale, giurisprudenziale e medico, a drogare
i costumi, ad ottundere le menti, privandole di qualsiasi capacità critica e
degli strumenti necessari per svilupparla. La generazione dei reality e degli
imbonitori tv è stata indotta a bersi come vero tutto, ma proprio tutto quanto
diffuso dai media, autentica stampella del “pensiero unico” dominante, pronto
ad emarginare senza pietà o esitazione qualsiasi voce contraria o stonata, in
nome del democraticismo universale, buono solo per chi canti col coro.
L’ennesima
conferma in tal senso è giunta dal programma emesso da Radio3 lo scorso 8 settembre, 109 anni dopo
l’enciclica Pascendi dominici gregis di
San Pio X. A condurlo, è stato chiamato Alfonso Botti, docente di Storia Contemporanea
all’Università di Modena e Reggio-Emilia. La sua non è certo una voce super partes: è infatti condirettore della rivistaModernism, che lui stesso, nel corso della trasmissione,
cedendo ad una tentazione autopromozionale, ha definito erede del modernismo
storico. E’ chiaro, dunque, in partenza, affidandogli una trasmissione sulla Pascendi, quale potesse essere il taglio datole.
Colpisce ma non stupisce, osservando il curriculum del professore, il fatto che
abbia insegnato anche all’Università Cattolica di Milano.
Dal
primo all’ultimo secondo, la mezzoretta radiofonica ha rappresentato un
pervicace e studiato attacco a San Pio X ed alla sua enciclica, porto però in
quel modo elegante, ammiccante, pacato ed intellettuale, ch’è tipico dei
salotti buoni del progressismo nostrano, adusi a confonder le acque, dando alle
cose un altro nome: non modernismo, dunque, bensì «riformismo religioso»,
ch’è altra cosa dalla «somma di tutte le eresie»
fieramente osteggiata dal Santo Pontefice per salvar anime. Una ridefinizione
tuttavia, questa, tutt’altro che innocente, poiché tale da far pensare che vi
fosse alcunché da cambiare, qualche errore da correggere; inoltre, già nella
formulazione tale da solidarizzare con quell’altro “riformatore”, lo
scomunicato Lutero, oggi tornato prepotentemente di moda e quasi quasi sospinto
a forza sugli altari dal laicismo imperante e dai settori più protestantizzati
della Chiesa.
Cosa
abbia rappresentato (e rappresenti) il modernismo, alla fin fine, scaltramente,
nel corso dell’intera trasmissione non è mai stato detto. L’ascoltatore ignaro
non ha appreso come tale ideologia mirasse (e miri) non ad una o più verità di
Fede, bensì alle radici stesse della medesima, ritenendola nient’altro che un
fenomeno della coscienza soggettiva, rielaborato dall’intelletto umano e
passibile di mutevolezza di formule e contenuti, a seconda delle situazioni e
delle epoche. Si è parlato piuttosto nel corso del programma di «repressione curiale», definita «brutale e carica di pesanti conseguenze», senza
tuttavia dir come e quando, con supponenza apodittica.
Le 65
proposizioni moderniste condannate dal decreto del S. Uffizio Lamentabili sane exitudel 3 luglio 1907 e l’anatema al
modernismo contenuto nell’enciclica Pascendi dominici gregisnon
sono stati considerati per ciò che furono ovvero una legittima difesa
dall’incombente pericolo, bensì liquidati sommariamente come «una curvatura conservatrice ed integralista del Cattolicesimo»,
che «rese il mondo cattolico impermeabile alla democrazia, più
autoritario, facilitandone negli anni successivi l’esposizione al fascismo in
Italia ed al nazismo in Germania», giungendo così ad una grossolana,
dozzinale ed ingiustificata (né giustificabile) mistificazione storica, capace
di piegare l’analisi scientifica dei fatti ai capricci della bieca ideologia.
Il Sodalitium Pianum, associazione fondata a Roma nel 1909
da mons. Umberto Benigni allo scopo di vigilare sull’insegnamento nei seminari
e nelle università, affinché qui non fosse diffuso l’errore, benché benedetta a
più riprese da San Pio X, è stata grottescamente presentata in trasmissione
come «un’associazione segreta e spionistica», che, «attraverso la delazione e la denigrazione, cercava di individuare
gli autori modernisti», ricorsi a pseudonimi dopo la condanna della Pascendi. Allo stesso modo pollice verso sulle misure
mirate alla difesa del Deposito della Fede, contenute nella parte dispositiva
dell’enciclica e culminate nel giuramento antimodernista del 1 settembre 1910,
cui si dovevano sottoporre tutti coloro che assumessero un incarico ufficiale
nella Chiesa.
Secondo
Botti, in quel periodo la Chiesa «spezzò delle vite»
per aver sospeso a divinis preti indegni dell’abito indossato; «molti docenti nei seminari persero il posto», in realtà
solo trasferiti ad altro incarico, trattandosi di sacerdoti. Affermazioni date
in pasto agli ascoltatori, senza minimamente porsi domande sulle ragioni di
tali provvedimenti. Ciò avrebbe permesso di riconoscere il volto di una Chiesa
ancora credibile, ancora autorevole, ancora salda nella Dottrina e preoccupata
della difesa del gregge affidatole da Dio, anziché la sua parodia proposta dal
conduttore del programma, quella di una Chiesa pronta a premiare «la piaggeria, l’obbedienza cieca», a mortificare «l’intelligenza, la libera ricerca, la coscienza, l’autonomia di
pensiero». E’ triste constatare come un accademico, quindi un uomo
di ricerca, riesca con le lenti deformanti dell’ideologia a prodursi
un’immagine di vicende ed uomini tanto lontana dalla realtà e dalla Storia, insegnandola
ad altri e reiterando quindi l’errore nelle generazioni a venire. Di contro, è
tempo che la Storia si riappropri di San Pio X, il cui intento fu quello di
ricondurre la Cattolicità nel solco profondo della Tradizione tridentina, senza
sbavature.
«Nonostante sia un tema studiato, la sua grande attualità è stata
del tutto ignorata nel dibattito culturale pubblico degli ultimi anni»:
così Botti ha concluso il suo programma. E finalmente un’affermazione, sulla
quale trovarsi d’accordo, ma per motivi opposti. Se l’argomento non fosse stato
trascurato, infatti, ora molti più ascoltatori avrebbero le categorie storiche
e le nozioni necessarie, per cogliere gli elementi di propaganda e gli abusi,
di cui sono intrise la campagna diffamatoria e la tattica della disinformazione
diffuse ancora oggi dal modernismo tristemente imperante.
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