lunedì 12 settembre 2016

Sulla radio pubblica di nuovo in onda l’errore modernista

Nella festa del santissimo Nome di Maria, che il Sommo Pontefice Innocenzo XI ordinò che si celebrasse per l'insigne vittoria riportata a Vienna, in Austria, in questo giorno dell’anno 1683, contro i Turchi, col patrocinio della stessa Vergine dalle truppe cristiane.




Fermo Forti, Gloria del Nome di Maria, XIX sec., Carpi

Sulla radio pubblica di nuovo in onda l’errore modernista

di M.F.

Sono molti gli articoli ed i programmi “a tesi” preconfezionate, propinati al grande pubblico. Lo sono da decenni, in modo sempre più invasivo, capillare, metodico. Complici il sonno delle coscienze, la crisi della morale ed una crescente ignoranza, sono riusciti progressivamente a condizionare il dibattito culturale, accademico, politico, sociale, giurisprudenziale e medico, a drogare i costumi, ad ottundere le menti, privandole di qualsiasi capacità critica e degli strumenti necessari per svilupparla. La generazione dei reality e degli imbonitori tv è stata indotta a bersi come vero tutto, ma proprio tutto quanto diffuso dai media, autentica stampella del “pensiero unico” dominante, pronto ad emarginare senza pietà o esitazione qualsiasi voce contraria o stonata, in nome del democraticismo universale, buono solo per chi canti col coro.
L’ennesima conferma in tal senso è giunta dal programma emesso da Radio3 lo scorso 8 settembre, 109 anni dopo l’enciclica Pascendi dominici gregis di San Pio X. A condurlo, è stato chiamato Alfonso Botti, docente di Storia Contemporanea all’Università di Modena e Reggio-Emilia. La sua non è certo una voce super partes: è infatti condirettore della rivistaModernism, che lui stesso, nel corso della trasmissione, cedendo ad una tentazione autopromozionale, ha definito erede del modernismo storico. E’ chiaro, dunque, in partenza, affidandogli una trasmissione sulla Pascendi, quale potesse essere il taglio datole. Colpisce ma non stupisce, osservando il curriculum del professore, il fatto che abbia insegnato anche all’Università Cattolica di Milano.
Dal primo all’ultimo secondo, la mezzoretta radiofonica ha rappresentato un pervicace e studiato attacco a San Pio X ed alla sua enciclica, porto però in quel modo elegante, ammiccante, pacato ed intellettuale, ch’è tipico dei salotti buoni del progressismo nostrano, adusi a confonder le acque, dando alle cose un altro nome: non modernismo, dunque, bensì «riformismo religioso», ch’è altra cosa dalla «somma di tutte le eresie» fieramente osteggiata dal Santo Pontefice per salvar anime. Una ridefinizione tuttavia, questa, tutt’altro che innocente, poiché tale da far pensare che vi fosse alcunché da cambiare, qualche errore da correggere; inoltre, già nella formulazione tale da solidarizzare con quell’altro “riformatore”, lo scomunicato Lutero, oggi tornato prepotentemente di moda e quasi quasi sospinto a forza sugli altari dal laicismo imperante e dai settori più protestantizzati della Chiesa.
Cosa abbia rappresentato (e rappresenti) il modernismo, alla fin fine, scaltramente, nel corso dell’intera trasmissione non è mai stato detto. L’ascoltatore ignaro non ha appreso come tale ideologia mirasse (e miri) non ad una o più verità di Fede, bensì alle radici stesse della medesima, ritenendola nient’altro che un fenomeno della coscienza soggettiva, rielaborato dall’intelletto umano e passibile di mutevolezza di formule e contenuti, a seconda delle situazioni e delle epoche. Si è parlato piuttosto nel corso del programma di «repressione curiale», definita «brutale e carica di pesanti conseguenze», senza tuttavia dir come e quando, con supponenza apodittica.
Le 65 proposizioni moderniste condannate dal decreto del S. Uffizio Lamentabili sane exitudel 3 luglio 1907 e l’anatema al modernismo contenuto nell’enciclica Pascendi dominici gregisnon sono stati considerati per ciò che furono ovvero una legittima difesa dall’incombente pericolo, bensì liquidati sommariamente come «una curvatura conservatrice ed integralista del Cattolicesimo», che «rese il mondo cattolico impermeabile alla democrazia, più autoritario, facilitandone negli anni successivi l’esposizione al fascismo in Italia ed al nazismo in Germania», giungendo così ad una grossolana, dozzinale ed ingiustificata (né giustificabile) mistificazione storica, capace di piegare l’analisi scientifica dei fatti ai capricci della bieca ideologia.
Il Sodalitium Pianum, associazione fondata a Roma nel 1909 da mons. Umberto Benigni allo scopo di vigilare sull’insegnamento nei seminari e nelle università, affinché qui non fosse diffuso l’errore, benché benedetta a più riprese da San Pio X, è stata grottescamente presentata in trasmissione come «un’associazione segreta e spionistica», che, «attraverso la delazione e la denigrazione, cercava di individuare gli autori modernisti», ricorsi a pseudonimi dopo la condanna della Pascendi. Allo stesso modo pollice verso sulle misure mirate alla difesa del Deposito della Fede, contenute nella parte dispositiva dell’enciclica e culminate nel giuramento antimodernista del 1 settembre 1910, cui si dovevano sottoporre tutti coloro che assumessero un incarico ufficiale nella Chiesa.
Secondo Botti, in quel periodo la Chiesa «spezzò delle vite» per aver sospeso a divinis preti indegni dell’abito indossato; «molti docenti nei seminari persero il posto», in realtà solo trasferiti ad altro incarico, trattandosi di sacerdoti. Affermazioni date in pasto agli ascoltatori, senza minimamente porsi domande sulle ragioni di tali provvedimenti. Ciò avrebbe permesso di riconoscere il volto di una Chiesa ancora credibile, ancora autorevole, ancora salda nella Dottrina e preoccupata della difesa del gregge affidatole da Dio, anziché la sua parodia proposta dal conduttore del programma, quella di una Chiesa pronta a premiare «la piaggeria, l’obbedienza cieca», a mortificare «l’intelligenza, la libera ricerca, la coscienza, l’autonomia di pensiero». E’ triste constatare come un accademico, quindi un uomo di ricerca, riesca con le lenti deformanti dell’ideologia a prodursi un’immagine di vicende ed uomini tanto lontana dalla realtà e dalla Storia, insegnandola ad altri e reiterando quindi l’errore nelle generazioni a venire. Di contro, è tempo che la Storia si riappropri di San Pio X, il cui intento fu quello di ricondurre la Cattolicità nel solco profondo della Tradizione tridentina, senza sbavature.
«Nonostante sia un tema studiato, la sua grande attualità è stata del tutto ignorata nel dibattito culturale pubblico degli ultimi anni»: così Botti ha concluso il suo programma. E finalmente un’affermazione, sulla quale trovarsi d’accordo, ma per motivi opposti. Se l’argomento non fosse stato trascurato, infatti, ora molti più ascoltatori avrebbero le categorie storiche e le nozioni necessarie, per cogliere gli elementi di propaganda e gli abusi, di cui sono intrise la campagna diffamatoria e la tattica della disinformazione diffuse ancora oggi dal modernismo tristemente imperante.

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