La Chiesa commemora, nel giorno della festa di
sant’Ilarione, le gloriose vergini martiri di Colonia.
Il documento più antico che concerne il culto di
questo gruppo di Vergini, la cui esistenza è negata dai neoliturgisti che si
professano pure storici, è l’iscrizione di un certo Clemazio, che, a Colonia,
sul luogo del martirio, tra il IV ed il V sec., fece costruire la loro basilica
sepolcrale; iscrizione che oggi si trova nel coro gotico della chiesa di Sant’Orsola
della città tedesca:
DIVINIS • FLAMMEIS • VISIONIB(us) • FREQVENTER
ADMONIT(us) • ET • VIRTVTIS • MAGNÆ • MAI
IESTATIS • MARTYRII • CÆLESTIVM • VIRGIN(um)
IMMINENTIVM • EX • PARTIB(us) • ORIENTIS
EXSIBITVS • PRO • VOTO • CLEMATIVS • V. • C. • DE
PROPRIO • IN • LOCO • SVO • HANC • BASILICAM
VOTO • QVOD • DEBEBAT • A • FVNDAMENTIS
RESTITVIT
• SI • QVIS • AVTEM • SVPER • TANTAM
MAIIESTATEM • HVIIVS • BASILICÆ • VBI • SANC
TÆ • VIRGINES • PRO • NOMINE • XPI •
SAN
GVINEM • SVVM • FVDERVNT • CORPVS • ALICVIIVS
DEPOSVERIT • EXCEPTIS • VIRGINIB(us) • SCIAT • SE
SEMPITERNIS
• TARTARI • IGNIB(us) • PVNIENDUM (Bollandisti, Gloria posthuma SS. Ursulæ
et undecim millium virginum et martyrum, §
1, n. 1, in Acta Sanctorum,
Octobris, vol. 57, t. IX, Dies XXI, Parigi-Roma 1869, p.
210).
Clemazio,
di rango senatorio, originario dell’Oriente, dopo essere stato molte volte, con
visioni e fulgori nel cielo, avvertito della grande gloria che il loro martirio
ha meritato alle beate Vergini, ha, così come aveva fatto voto, costruito dalle
fondamenta questa basilica eretta sulla sua proprietà. Se, dunque, qualcuno
osava deporre un corpo, qualunque sia, all’infuori di quello di queste sante
Vergini, in questa basilica illustre dove hanno, per il nome del Cristo, effuso
il loro sangue, deve sapere che incorrerà, per quest’atto, nel castigo del
fuoco eterno.
Colonia, con le sue prime
chiese, fu distrutta nel 355, per mano degli Alemanni, o, forse, poco più
tardi, ciò vuol dire che la cappella-basilica in memoria delle martiri sarebbe
stata costruita da Clemazio in anni più recenti.
Nel 1893, fu rinvenuta una
lastra funeraria di epoca romana nell’odierna basilica, in prossimità del terzo
pilastro della navata laterale sud. Questa lastra attesta che il nome di Ursula
o Orsola era usato, sebbene la giovane età della defunta escludesse che potesse
trattarsi della nostra martire:
IN • HOC • TVMVLO • INNOCIS • VIRGO • IACET • NOMINE • VRSVLA
VIXIT • ANNIBVS • OCTO • MENSIBVS • DVOBVS • DIENS • QVATTVOR.
In
questo tumulo giace la Vergine innocente di nome Ursula;
Vissuta
otto anni, due mesi e quattro giorni.
La messa è la stessa per la
festa di santa Barbara, il 4 dicembre, ma le due prime collette sono comuni al natale delle martiri Perpetua e
Felicita, il 6 marzo. La Chiesa insiste sempre sul contenuto spirituale dei
Sacramenti e dei riti della nostra religione. Non dobbiamo agire come i Giudei
a cui Dio fece questo rimprovero per mezzo di Isaia: populus hic labiis me honorat; cor autem eorum longe est
a me. Dio è spirito, e noi dobbiamo
adorarlo in spirito ed in verità, principalmente avvicinando i sacramenti con
le disposizioni convenienti, al fine di ricevere, con il segno visibile, la
grazie invisibile che il sacramento significa e produce.
Vi erano a Roma due chiese
dedicate a sant’Ursula. La prima (Sant’Orsola
della Pietà) è menzionata nelle Mirabilia, e si trovava presso il ponte Sant’Angelo, secretarium Neronis fuisse, ubi deinde fuit Ecclesia
sancti Ursi (così
Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal
secolo IV al XIX, Tipografia Vaticana, Roma 18912, pp.
354-355)... Essa fu distrutta
verso la fine del XIX sec.
La seconda chiesa (Sant’Orsola a Tor de’ Specchi, già, in
precedenza, denominata San Niccolò de’
Funariis) si trovava presso la Turris Speculorum, ai
piedi del Campidoglio (ibidem, pp. 551-552; Ch. Huelsen, Le Chiese di Roma nel medio evo, Firenze
1927, pp.
399-400). Questa chiesa scomparve nel
1930.
Un
terzo luogo di culto dedicato alla santa è un oratorio, Sant’Orsola a Ripetta,
che il papa Clemente X fece trasformare da chiesa in oratorio privato interno
ad un conservatorio di carattere assistenziale (cfr. Armellini, op. cit., p. 323).
Nel
campo Marzio, esiste poi la chiesa sconsacrata destinata a teatro di prova,
dedicata ai Santi Giuseppe ed Orsola (ibidem, p. 339).
La
leggenda si è prontamente impadronita del martirio di Ursula e delle sue
compagne e vi ha mescolato vari elementi in un dramma molto complicato. Si
tratta verosimilmente, al contrario, di un gruppo di vergini immolate per la
fede sul territorio di Colonia
Agrippina verso la fine del III
sec. o agli inizi del IV. Secondo gli antichi martirologi, i loro nomi
sarebbero: Marta, Saula, Brittula (o Brittola), Gregoria, Saturnina, Sambazia,
Pinnosa, Ursula, Senzia, Pallade (o Palladia), Saturia, Clemenza, Grata ed
anche Cordula.
La leggenda si è formata più
tardi, poiché Adone non ne aveva conoscenza. A partire dall’XI sec., la
tradizione popolare non ha più conservato che i nomi di Ursula e di Pinnosa. Probabilmente,
a causa delle diverse invasioni di popolazioni barbare, il sepolcro della sante
Vergini è stato dimenticato.
Le due leggende su Ursula (la Passio Ursulæ, detta Fuit
tempore vetusto, e la Passio detta Regnate
Domino)
apparvero tardi, solo dopo il X sec.; a queste poi diede credito il racconto
della monaca benedettina santa Elisabetta von Schönau
(1129-1164), che, nel suo Liber revelationum B. Elisabeth Schonaugiensis de sacro exercitu virginum Coloniensium (scritto tra il 1156 ed il 1157), narra, con dovizia di particolari, il martirio della santa e delle
numerosissime compagne, così come raccontatole durante una rivelazione (Santa
Elisabetta di Schönau,
Liber revelationum
seu imaginationum S. Elisabethæ Schœnaugiensis de SS. Ursula et sociabus, in Acta Sanctorum,
cit., pp. 163 ss. Per riferimenti più approfonditi, cfr. Wilhelm Levison, Das Werden der Ursula-Legende, Köln, 1928, passim).
Significativo è comunque che il
santo vescovo di Tours, Gregorio, menziona, forse a Colonia, l’esistenza di una
chiesa commemorativa del martirio ad Sanctos Aureos, in onore di san Gereone e dei
suoi compagni, dimenticando le sante vergini e martiri. Essa risalirebbe ad una
costruzione romana del sec. IV; nel 612 si chiamerà basilica sancti Gereonis martyris (cfr. San Gregorio di Tours, Libri Miraculorum, lib. I, cap. 62, in PL
71, col. 761C-762A).
Il
martirologio geronimiano, nel manoscritto di Luxeuil, risalente al 627 circa,
menziona il 10 ottobre in Agrippina alcuni martiri uccisi dai
mori, ma non menziona il 21 ottobre le nostre sante vergini. Ogni anno, però,
già san Cuniberto di Colonia ricorda una fiera in onore dell’anniversario del
martirio festeggiato nella sanctarum virginum basilica: un
giorno (dell’anno 640) che il vescovo, nella basilica delle sante Vergini, come
era solito fare ogni anno, si venne a posare sulla sua testa una colomba
bianca, che in seguito si posò sulla tomba di una delle sante vergini,
indicandone il sito, e poi sparì all’improvviso («Quadam die dum singulare redemptionis nostræ mysterium et
solum infirmitatis nostræ remedium plenus Deo super mensam dominicam in
basilica sanctarum Virginum immolaret, adstans clerus et populus vidit columbam
splendidissimam primum hac et illac per omnem ecclesiam circumvolitando vagari,
deinde pontificis insidere capiti: mox deinde reversum et juxta tumulum
cujusdam virginis, stupentibus simul et mirantibus universis qui aderant, ab
omnim oculis clapsam. Acclamatum est confestim ab omnibus vere dignum hunc esse
qui ministraret Domino sacerdotem, felicem fore ecclesiæ pastorem» - Vita Cuniberti Episcopi Coloniensis, 10, riprodotta in Bollandisti, Gloria posthuma,
cit., § 1, n. 11, p. 212).
Il monaco benedettino
Wandelberto di Prüm menziona nel suo Martyrologium dell’848, in alcuni versi per
il 21 ottobre, a Colonia le migliaia di Martiri:
Tunc numerosa simul Rheni per litora fulgent
Christo virgineis erecta trophea maniplis
Agrippinæ urbi, quarum furor impius olim
milia mactavit ductricibus inclita sanctis
(Wandalberto
di Prüm, Carmina, in Ernst Ludwig Dümmler
(a cura di), Poetæ
Latini Ævi Carolini,
in Mon. Germ. Hist., t.
II, Berlino 1884, p. 597, nonché in Bollandisti,
Gloria posthuma, cit., § 16, n. 166, p.
272).
Il Martirologio di Usuardo dell’876
menziona al 20 ottobre, Civitate Colonia passio sanctarum virginum Marthæ et
Saulæ cum aliis pluribus.
Una scritta, risalente al IX
sec., della cattedrale di Colonia, per la prima volta, poi, menziona una
Gregoria.
Il Calendario Ecclesiastico
di Colonia del sec. IX al 21 ottobre indica undici vergini: Ursulæ, Sanciæ, Gregoriæ, Pinosæ, Marthæ, Saulæ,
Britulæ, Satninæ (i.e. Santurninæ o Santinæ), Rabaciæ, Saturiæ (i.e. Saturniæ),
Palladiæ. Nel Calendario dell’XI
sec., le undici vergini divengono undicimila (ibidem, § 16, nn. 167-168, p. 272). La festa fu celebrata a Roma a
partire dal XIV sec. Mera commemorazione sin dal messale del 1568.
Maestro delle Undicimila vergini, S. Ursula con le 11.000 vergini, 1490 circa, museo del Prado, Madrid |
Giovanni Bellini, Sacra conversazione tra la Vergine col Bambino e le SS. Maria Maddalena (o Caterina d'Alessandria) e Ursula, 1490, museo del Prado, Madrid |
Anonimo, Martirio di S. Ursula e delle vergini, XVI sec., museo del Prado, Madrid |
Guglielmo Caccia, Martirio di S. Ursula e delle compagne, XVII sec., chiesa di S. Francesco, Moncalvo |
Moretto da Brescia, S. Orsola e le compagne martiri, 1540-50, Chiesa di S. Clemente, Brescia |
Moretto da Brescia, S. Orsola e le compagne martiri, 1540-50, Pinacoteca del Castello Sforzesco, Milano |
Giovanni Lanfranco, S. Ursula e le 11.000 vergini, 1622, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma |
Francisco de Zurbarán, S. Orsola, XVII sec., Palazzo Bianco, Genova |
Francisco de Zurbarán, S. Orsola, 1650 circa |
Jacques de Letin, Martirio di S. Ursula, XVII sec., Musée Saint-Loup, Troyes |
Gerolamo Forabosco, Sant’Orsola, XVII sec., collezione privata |
Ambito trentino, Martirio di S. Ursula e delle vergini, XVII sec., Trento |
Ambito bergamasco, SS. Ursula e le vergini con S. Angela Merici, 1678, Bergamo |
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