Quest’oggi, il quotidiano La Stampa ha
pubblicato, occupando ben due pagine del giornale, un articolo a firma dei
dott.ri Giacomo Galeazzi ed Andrea Tornielli, dal titolo Quei cattolici contro
Francesco che adorano Putin (v. qui). Nello stesso era menzionato
anche don Nicola Bux.
Il dott. Galeazzi, in effetti, giorni fa, aveva posto
a don Nicola cinque domande, di cui riportiamo la trascrizione delle risposte
originali. La prima concerneva le ragioni dell’opposizione, interna alla Chiesa
cattolica, così vasta verso il Vescovo di Roma attualmente regnante; la seconda, in continuazione con la prima, riguardava i «singoli casi» contemplati dall’esortazione «Amoris laetitia» per
l’accesso dei c.d. divorziati risposati alla Comunione; la terza il dialogo
aperto da Francesco con i musulmani; la quarta la libertà di esprimere la
propria posizione, anche dissenziente, all’interno della Chiesa; l’ultima, la
funzione del papa nella Chiesa.
Riteniamo, perciò, cosa utile, in nome del pluralismo
ecclesiale e della libertà cristiana, riportare, in esclusiva, per intero la trascrizione
delle risposte, volendo in tal modo fornire il contesto delle frasi pubblicate
(evidenziate in neretto), al fine di favorire in tal modo anche una più
completa comprensione dell’intero pensiero di don Nicola.
1. Un punto di debolezza del pontificato di Francesco
mi sembra il venir meno dell’unità cattolica, se si considerano i recenti
interventi individuali e collettivi di vescovi: gli argentini della zona di
Buenos Aires e i canadesi della regione Alberta, che sull’ammissione dei
divorziati risposati alla Comunione, hanno dato interpretazioni
opposte. Ciò significa che è finita appunto l’unità cattolica? Il documento che
ha provocato questo è l’«Amoris laetitia», l’Esortazione apostolica uscita dai
Sinodi sulla famiglia, nei quali erano già emerse le contrapposizioni. Poiché
stanno delineandosi prassi opposte, inevitabilmente si porrà la questione al
Pontefice: se la morale sia una per tutta la Chiesa cattolica, o a ‘geometria variabile’
in Argentina, in Polonia, etc… Questo causerebbe gravi conseguenze per l’unità
della Chiesa. Inoltre, da pastori e teologi autorevoli, è stato detto che parti
consistenti dell’Esortazione apostolica, sono in contrasto con l’enciclica di
Giovanni Paolo II, «Veritatis splendor», l’ultimo documento del magistero che
si è pronunciato in modo sistematico sulla morale cattolica. Quindi, si
approfondirà il divario tra chi sostiene la linea della continuità nel magistero
e chi vuole voltare pagina fornendo una lettura relativistica della morale? L’«Amoris
laetitia», presenta una teologia morale ‘in situazione’ - negli anni ‘70 ne era
fautore il gesuita della Gregoriana, Joseph Fuchs - secondo cui l’etica
oggettiva deve lasciarsi modulare a seconda delle latitudini e dei casi.
2. I singoli casi, la Chiesa li ha sempre considerati
alla luce di una norma oggettiva. Invece adesso si vorrebbe fare il contrario:
la norma morale oggettiva viene relativizzata, piegandosi alla mentalità che il
mondo vuole oggi imporre alla Chiesa, come appunto per i divorziati risposati
civilmente.
3. Il gesuita Samir Khalil Samir ha detto che il Papa
è male informato sui cristiani che vengono perseguitati nei paesi a maggioranza
islamica: è strano però, che con gli strumenti di informazione attuali, il
Pontefice non debba sapere cosa stanno subendo i cristiani nel mondo. In
Vaticano giungono ordinariamente i rapporti dalle Nunziature apostoliche.
4. Nella Chiesa cattolica c’è sempre stata la
possibilità di esprimere la propria posizione rispettosamente dissenziente
verso l’autorità ecclesiastica, anche se si trattasse del Papa. Il cardinale
Carlo Maria Martini, notoriamente esprimeva frequentemente, anche per iscritto,
il suo dissenso dal pontefice regnante, ma quegli non l’ha destituito da
arcivescovo di Milano, o ritenuto un cospiratore. Eppure, per il
fatto che dicesse cose o lanciasse proposte "di rottura", i mass
media lo definivano anti-Papa. Oggi, non pochi laici, sacerdoti e vescovi si
chiedono: dove stiamo andando? C’è confusione nella Chiesa, che porta a
domandarsi, come ha scritto paradossalmente Times lo scorso anno, se il
Papa sia cattolico. Ora, specialmente i vescovi, non possono non interrogarsi
in merito.
5. Il cattolico sa che il Papa non è un autocrate, ma esprime e conferma la fede della Chiesa fondata da Gesù Cristo: se così non fosse, non sarebbe più in comunione con essa. Insomma, egli deve tutelare la comunione ecclesiale e non favorire la divisione e la contrapposizione, magari mettendosi a capo dei ‘progressisti’ contro i ‘conservatori’; queste categorie politiche, non s’attagliano alla Chiesa: semmai la distinzione è quella tra i cattolici, che sostengono la fede di sempre, e i modernisti che ritengono che questa debba conformarsi alle mode del tempo. Se un pontefice sostenesse una dottrina eterodossa, potrebbe essere dichiarato - per esempio, dai cardinali presenti a Roma - decaduto ipso iure dal suo ufficio. Ciò è previsto dalla dottrina canonica, ma, grazie a Dio, finora non è accaduto. Perciò Benedetto XVI ha voluto tenere distinti dal magistero pontificio, i suoi interventi come ‘dottore privato’ - per esempio gli scritti su Gesù di Nazaret - per non impegnare l’assenso dei fedeli. Si deve auspicare dunque che il Papa operi per mantenere la comunione della Chiesa, preservando il deposito della fede, ascoltando, rispettando e valorizzando quanti sono preoccupati di ciò. Se si manifesta simpatia con chi è all’esterno della Chiesa, ancor prima bisogna farlo con i membri del Corpo mistico, come insegnano sant’Agostino e san Tommaso.
5. Il cattolico sa che il Papa non è un autocrate, ma esprime e conferma la fede della Chiesa fondata da Gesù Cristo: se così non fosse, non sarebbe più in comunione con essa. Insomma, egli deve tutelare la comunione ecclesiale e non favorire la divisione e la contrapposizione, magari mettendosi a capo dei ‘progressisti’ contro i ‘conservatori’; queste categorie politiche, non s’attagliano alla Chiesa: semmai la distinzione è quella tra i cattolici, che sostengono la fede di sempre, e i modernisti che ritengono che questa debba conformarsi alle mode del tempo. Se un pontefice sostenesse una dottrina eterodossa, potrebbe essere dichiarato - per esempio, dai cardinali presenti a Roma - decaduto ipso iure dal suo ufficio. Ciò è previsto dalla dottrina canonica, ma, grazie a Dio, finora non è accaduto. Perciò Benedetto XVI ha voluto tenere distinti dal magistero pontificio, i suoi interventi come ‘dottore privato’ - per esempio gli scritti su Gesù di Nazaret - per non impegnare l’assenso dei fedeli. Si deve auspicare dunque che il Papa operi per mantenere la comunione della Chiesa, preservando il deposito della fede, ascoltando, rispettando e valorizzando quanti sono preoccupati di ciò. Se si manifesta simpatia con chi è all’esterno della Chiesa, ancor prima bisogna farlo con i membri del Corpo mistico, come insegnano sant’Agostino e san Tommaso.
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