Sempre in
tema, rilanciamo questo contributo di P. Vladimiro Caroli, in ideale continuazione con quello precedente del prof. Abbruzzi.
La luce delle menti
di P. Vladimiro Caroli O.P.
«È
apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli
uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà» (Tt 2, 11-12).
«Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo»
(Gv 1, 9).
Di quale luce ha bisogno
l’uomo in questo Natale? Infatti, il mondo oggi non ci insegna a cercare una
luce da accogliere, ma ci dice che noi siamo già adulti e illuminati.
L’uomo del Natale di
oggi, non ha bisogno della luce, perché tutto ciò che fa è già giusto, perché
l’unica cosa necessaria è essere adulti e indipendenti da Dio. È questo il
motivo per il quale Adamo diede il morso al boccone della sua caduta: «Dio sa
che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come
Dio» (Gn 3, 5). Ed è per questo che il mondo oggi pensa di avere già la luce e
che non ci siano conseguenze buone o cattive nelle azioni degli uomini.
Ma non è questa la luce
di cui l’uomo ha bisogno. Infatti, esiste un’empietà da rinnegare (cfr. Tt 2,
12) e una luce nuova da accogliere nella mente, una Luce apparsa a Natale per
portare la Grazia e la Verità.
A dire il vero, una
certa luce l’uomo l’ha ricevuta già quando fu creato, perché l’uomo è dotato di
ragione ed essa è una luce. Infatti,
solo in apparenza sembra che oggi nessuno si renda conto dell’esistenza di
colpe da farsi perdonare davanti a Dio o pene da subire a causa delle proprie
azioni cattive. Ma in realtà sappiamo ancora dire quando un albero è buono e fa
frutti buoni. E sappiamo giudicare anche le azioni: riconosciamo, infatti,
quando un’autista guida bene o da folle; riusciamo a distinguere, dunque, il
bene dal male sia negli eventi fisici e naturali che in tutto ciò che dipende
dall’uomo. E questi due tipi di male non sono uguali.
C’è il male che vediamo
in un cane privo d’un occhio e questo lo si potrebbe chiamare peccato della natura, come lo chiamavano
alcuni antichi e santi. E questo della natura è un peccato che è una pena, perché a quel cagnolino manca qualcosa…
eppure non ha nessuna colpa, poverino.
In effetti è vero. Il
punto è proprio questo: la colpa è un
male diverso che non riguarda i peccati della
natura, ma solo quelli fatti dall’uomo. Questo è quel male che San Paolo chiama
«empietà» (Tt 2, 11) e che la grazia di Dio «apparsa» (ib.) a Betlemme ci
insegna a rinnegare, perché la grazia intende guarirci dalla colpa e portarci
così alla «salvezza» (ib.).
Ma la colpa, come detto,
è un male diverso, esiste solo negli uomini ed è forse importante che ci sforziamo
di ricordare una cosa: perché la colpa contraddistingue noi uomini rispetto
alle altre creature?
Perché solo gli uomini
si «accorgono di essere nudi» (Gn 3, 7), cioè che le loro azioni sono integre e
senza difetti di produzione, oppure che mancano di qualcosa necessario a renderle
integralmente buone. L’uomo è capace di ciò perché la Legge eterna ha posto
nell’uomo un metro speciale e interno per misurare le proprie azioni. Questo
metro è la ragione e l’uomo può misurare così i propri atti e vedere che sono
buoni o mancanti. Neanche i grandi della terra sfuggono a questo metro. Disse,
infatti, Dio a un grande re: «Sei stato pesato sulle bilance e sei stato
trovato mancante» (Dn 5, 27).
Giudice severo la
ragione, specialmente quando si troverà davanti a Dio, perché la ragione
davanti a Dio è come la luce degli occhi davanti a uno specchio purissimo.
Tuttavia, così come la
ragione rimprovera l’uomo per le sue colpe, così lo loda quando agisce secondo
la misura giusta e con azioni meritevoli. Perciò, gli uomini meritano o demeritano
davanti a Dio.
Poiché, però, la ragione
è un dono di Dio, il sommo metro di giudizio è Dio. Perché «ciò che di Dio si
può conoscere» (Rm 1, 19) non soltanto Egli lo ha «manifestato» (ib.) nelle Sue «opere» (ib.), prima ancora che il Verbo si
incarnasse a Betlemme; ma anche perché la ragione o «intelletto» (ib.) che Egli ci ha donato è capace di
leggere dentro le opere da Lui create
ricavarne un’idea di alcune «perfezioni invisibili» (ib.) di Dio, come la Sua Legge e la Sua «eterna potenza e divinità»
(ib.). Solo così la ragione è una
maestra e una regola naturale donataci da Dio con la creazione.
Ma oggi gli uomini si
ricordano della ragione a puntate alterne. E così, quando compiono il male o
quando i «re della terra» (Sal 2, 2) fanno leggi contro il ben dell’intelletto,
costoro stanno nei fatti rifiutando di ascoltare la ragione umana e anche
quella divina, allo stesso modo in cui uno squattrinato rifiuta di pensare ai
creditori o un uomo assai ingrassato rifiuta la bilancia.
Al contrario, le persone
si ricordano molto più volentieri di essere padrone e responsabili delle
proprie azioni, quando ciò significa ricevere lodi per i meriti. Ma anche
questo è a volte solo un modo «per essere lodati dagli uomini» (Mt. 6, 2).
Sicché lo fanno per gli uomini e non per il bene della ragione e di CHI gliela
donò. E così rischiano di allontanarsi dai beni dell’anima anche quando
compiono azioni ragionevoli, perché le compiono agli occhi del mondo e non agli
occhi di ciò che è bene davanti a Dio.
Oggi, allora, gli uomini
accettano di ascoltare la ragione a puntate alterne. Che pena! È come se un
cane si privasse di un occhio “a puntate”. Ma nel cane ogni male è
un’imperfezione non voluta, perciò è una pena, ma non una colpa.
Per noi uomini invece
non è così. Per questo il re Davide canta: «Non siate come il cavallo e come il
mulo privi d’intelligenza; si piega la loro fierezza con morso e briglie, se
no, a te non si avvicinano» (Sal 31, 9).
Ma c’è una notizia nuova
in ogni Natale: dalla stirpe di Davide è nato un bimbo; il Verbo stesso di Dio
si è fatto carne ed è apparsa per noi «la grazia di Dio […] che ci insegna a
rinnegare l’empietà» (Tt 2, 11-12) e dona luce nuova alle menti e vera pace nel
cuore.
Sarebbe davvero
rischioso rifiutare anche questa Luce, che non è più solo naturale, come la
nostra ragione, ma è una Luce di Grazia e di Verità.
Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio, Adorazione dei pastori, 1687, museo della Chiesa di S. Fedele, Milano |
Gerard van Honthorst (Gerrit van Honthorst) detto Gherardo delle Notti, Adorazione del Bambino Gesù, 1620 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze |
Gerard van Honthorst (Gerrit van Honthorst) detto Gherardo delle Notti, Adorazione dei Pastori, XVII sec., Pommersches Landesmuseum, Greifswald |
Gerard van Honthorst (Gerrit van Honthorst) detto Gherardo delle Notti, Adorazione dei Pastori, XVII sec., collezione privata |
Nessun commento:
Posta un commento