venerdì 30 dicembre 2016

La luce delle menti

Sempre in tema, rilanciamo questo contributo di P. Vladimiro Caroli, in ideale continuazione con quello precedente del prof. Abbruzzi.

La luce delle menti

di P. Vladimiro Caroli O.P.

«È apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà» (Tt 2, 11-12).

«Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1, 9).

Di quale luce ha bisogno l’uomo in questo Natale? Infatti, il mondo oggi non ci insegna a cercare una luce da accogliere, ma ci dice che noi siamo già adulti e illuminati.
L’uomo del Natale di oggi, non ha bisogno della luce, perché tutto ciò che fa è già giusto, perché l’unica cosa necessaria è essere adulti e indipendenti da Dio. È questo il motivo per il quale Adamo diede il morso al boccone della sua caduta: «Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio» (Gn 3, 5). Ed è per questo che il mondo oggi pensa di avere già la luce e che non ci siano conseguenze buone o cattive nelle azioni degli uomini.
Ma non è questa la luce di cui l’uomo ha bisogno. Infatti, esiste un’empietà da rinnegare (cfr. Tt 2, 12) e una luce nuova da accogliere nella mente, una Luce apparsa a Natale per portare la Grazia e la Verità.
A dire il vero, una certa luce l’uomo l’ha ricevuta già quando fu creato, perché l’uomo è dotato di ragione ed essa è una luce. Infatti, solo in apparenza sembra che oggi nessuno si renda conto dell’esistenza di colpe da farsi perdonare davanti a Dio o pene da subire a causa delle proprie azioni cattive. Ma in realtà sappiamo ancora dire quando un albero è buono e fa frutti buoni. E sappiamo giudicare anche le azioni: riconosciamo, infatti, quando un’autista guida bene o da folle; riusciamo a distinguere, dunque, il bene dal male sia negli eventi fisici e naturali che in tutto ciò che dipende dall’uomo. E questi due tipi di male non sono uguali.
C’è il male che vediamo in un cane privo d’un occhio e questo lo si potrebbe chiamare peccato della natura, come lo chiamavano alcuni antichi e santi. E questo della natura è un peccato che è una pena, perché a quel cagnolino manca qualcosa… eppure non ha nessuna colpa, poverino.
In effetti è vero. Il punto è proprio questo: la colpa è un male diverso che non riguarda i peccati della natura, ma solo quelli fatti dall’uomo. Questo è quel male che San Paolo chiama «empietà» (Tt 2, 11) e che la grazia di Dio «apparsa» (ib.) a Betlemme ci insegna a rinnegare, perché la grazia intende guarirci dalla colpa e portarci così alla «salvezza» (ib.).
Ma la colpa, come detto, è un male diverso, esiste solo negli uomini ed è forse importante che ci sforziamo di ricordare una cosa: perché la colpa contraddistingue noi uomini rispetto alle altre creature?
Perché solo gli uomini si «accorgono di essere nudi» (Gn 3, 7), cioè che le loro azioni sono integre e senza difetti di produzione, oppure che mancano di qualcosa necessario a renderle integralmente buone. L’uomo è capace di ciò perché la Legge eterna ha posto nell’uomo un metro speciale e interno per misurare le proprie azioni. Questo metro è la ragione e l’uomo può misurare così i propri atti e vedere che sono buoni o mancanti. Neanche i grandi della terra sfuggono a questo metro. Disse, infatti, Dio a un grande re: «Sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato mancante» (Dn 5, 27).
Giudice severo la ragione, specialmente quando si troverà davanti a Dio, perché la ragione davanti a Dio è come la luce degli occhi davanti a uno specchio purissimo.
Tuttavia, così come la ragione rimprovera l’uomo per le sue colpe, così lo loda quando agisce secondo la misura giusta e con azioni meritevoli. Perciò, gli uomini meritano o demeritano davanti a Dio.
Poiché, però, la ragione è un dono di Dio, il sommo metro di giudizio è Dio. Perché «ciò che di Dio si può conoscere» (Rm 1, 19) non soltanto Egli lo ha «manifestato» (ib.) nelle Sue «opere» (ib.), prima ancora che il Verbo si incarnasse a Betlemme; ma anche perché la ragione o «intelletto» (ib.) che Egli ci ha donato è capace di leggere dentro le opere da Lui create ricavarne un’idea di alcune «perfezioni invisibili» (ib.) di Dio, come la Sua Legge e la Sua «eterna potenza e divinità» (ib.). Solo così la ragione è una maestra e una regola naturale donataci da Dio con la creazione.
Ma oggi gli uomini si ricordano della ragione a puntate alterne. E così, quando compiono il male o quando i «re della terra» (Sal 2, 2) fanno leggi contro il ben dell’intelletto, costoro stanno nei fatti rifiutando di ascoltare la ragione umana e anche quella divina, allo stesso modo in cui uno squattrinato rifiuta di pensare ai creditori o un uomo assai ingrassato rifiuta la bilancia.
Al contrario, le persone si ricordano molto più volentieri di essere padrone e responsabili delle proprie azioni, quando ciò significa ricevere lodi per i meriti. Ma anche questo è a volte solo un modo «per essere lodati dagli uomini» (Mt. 6, 2). Sicché lo fanno per gli uomini e non per il bene della ragione e di CHI gliela donò. E così rischiano di allontanarsi dai beni dell’anima anche quando compiono azioni ragionevoli, perché le compiono agli occhi del mondo e non agli occhi di ciò che è bene davanti a Dio.
Oggi, allora, gli uomini accettano di ascoltare la ragione a puntate alterne. Che pena! È come se un cane si privasse di un occhio “a puntate”. Ma nel cane ogni male è un’imperfezione non voluta, perciò è una pena, ma non una colpa.
Per noi uomini invece non è così. Per questo il re Davide canta: «Non siate come il cavallo e come il mulo privi d’intelligenza; si piega la loro fierezza con morso e briglie, se no, a te non si avvicinano» (Sal 31, 9).
Ma c’è una notizia nuova in ogni Natale: dalla stirpe di Davide è nato un bimbo; il Verbo stesso di Dio si è fatto carne ed è apparsa per noi «la grazia di Dio […] che ci insegna a rinnegare l’empietà» (Tt 2, 11-12) e dona luce nuova alle menti e vera pace nel cuore.
Sarebbe davvero rischioso rifiutare anche questa Luce, che non è più solo naturale, come la nostra ragione, ma è una Luce di Grazia e di Verità.

Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio, Adorazione dei pastori, 1687, museo della Chiesa di S. Fedele, Milano

Jacques Stella, Adorazione degli angeli, 1635, Lione

Gerard van Honthorst (Gerrit van Honthorst) detto Gherardo delle Notti, Adorazione del Bambino Gesù, 1620 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

Gerard van Honthorst (Gerrit van Honthorst) detto Gherardo delle Notti, Adorazione dei Pastori, XVII sec., Pommersches Landesmuseum, Greifswald

Gerard van Honthorst (Gerrit van Honthorst) detto Gherardo delle Notti, Adorazione dei Pastori, XVII sec., collezione privata

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