Nella festa della Sacra
Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, fissata nella Domenica nell’Ottava dell’Epifania
da papa Benedetto XV, pubblichiamo questo contributo di Franco Parresio.
Scuola di Guido Reni, Sacra Famiglia a tavola, XVII sec., Quadreria arcivescovile, Milano |
Jacques Stella, Sacra Famiglia con S. Giovanni Battista, XVII sec., Lione |
Jacques Stella, Gesù ritrovato tra i dottori dai suoi genitori, XVII sec., Lione |
Luisa Roldán detta La Roldana, Primi passi del fanciullo Gesù, XVII sec., Monasterio de Sopetrán, Hita (Guadalajara) |
Francisco Salzillo, Sacra Famiglia con i SS. Gioacchino ed Anna, 1735 circa, chiesa parrocchiale di San Michele, Murcia |
Ferdinando Bassi, Ritrovamento di Gesù fanciullo nel Tempio, 1848, Trento |
Luigi Marai, Gesù nel Tempio tra i dottori, 1884, Verona |
L’orfanezza della
Chiesa in uscita
di Franco Parresio
Il titolo di
quest’articolo si richiama a due eventi recentissimi, molto legati tra di loro:
l’omelia tenuta dal vescovo di Roma, Francesco, nella Solennità – secondo il
calendario montiniano – di Maria, Madre di Dio, avente come tema l’orfanezza
spirituale degli odierni credenti (v. qui),
e la trasmissione televisiva “La Chiesa in uscita”, andata in onda su RAI3, in prima serata il 5
gennaio, all’interno del programma “La Grande Storia” curato da Paolo
Mieli, volto ad esaltare l’attuale pontificato bergogliano (erede – a suo modo
– di quello roncalliano) e, con esso, tutta la Chiesa uscita dal
Vaticano II.
Senza rendersene conto,
e papa Francesco e Paolo Mieli hanno mostrato, in tutta evidenza, quella che
possiamo definire la più grave delle moderne cinque piaghe della Chiesa: quella
del post-concilio, che, «occupandosi a pieno titolo del mondo, […] ha
rinunciato alla gestione del sacro» (U. Galimberti,
Cristianesimo. La religione dal cielo vuoto, ed. Feltrinelli, Milano
2012, p. 29); che, «smarrite le ultime tracce del sacro, […] ha ridotto la
dimensione religiosa a questione morale» (ivi, p. 30); che, avendo «dato
avvio a quella progressiva desacralizzazione del sacro di cui il nostro
tempo è tangibile testimonianza» (ivi, p. 25), ha sovvertito radicalmente
il cristianesimo, il quale «si è ridotto ad agenzia etica […], s’è fatto
evento diurno, lasciando la notte indifferenziata del sacro alla
solitudine dei singoli, […] che oggi, senza la protezione religiosa, devono
vedersela da soli con l’abisso della propria follia, che il sacro sapeva rappresentare
e la ritualità religiosa placare» (ivi, p. 10).
Di qui quel senso di orfanezza
spirituale, che non risparmia, come direbbe papa Montini, «i buoni
cattolici, i bravi figli della Chiesa» (Udienza
generale, 12.1.1966), dimentichi
e dimenticati di esserne figli.
Dopo il celeberrimo “Discorso
alla luna” (v. qui),
il concetto della fraternità papale ha inesorabilmente finito col soppiantare
quello della paternità del Romano Pontefice. Gli ultimi papi (compreso
l’attuale), contrariamente al loro nome (“papa” deriverebbe da pater patrum,
e, comunque, vuol dire padre), hanno, nel linguaggio personale e istituzionale,
rinunciato a chiamare i fedeli “figli/figlioli”, rivolgendosi a loro e a tutti
con l’espressione “fratelli/sorelle” (papa Ratzinger, addirittura, ha usato
l’espressione “amici”), nel tentativo di abbracciare anche persone di altre
fedi, compresi gli agnostici, in nome di un dialogo, il quale, superesaltando la
frase attribuita a Giovanni XXIII («È più forte quello che ci unisce di
quello che ci divide»), trascura – soprattutto sotto questo vescovado
romano – il fatto che, come ricorda sempre il Montini, «l’Ecumenismo non è
semplicismo, non è irenismo superficiale e incurante delle intrinseche istanze
della verità religiosa» (Udienza
generale, 18.1.1967).
E un papa non può non
farsi carico delle intrinseche istanze della verità religiosa! Non può esprimersi
in modo semplicistico e irenico – come esattamente fa Bergoglio – con frasi
evasive del tipo «Chi sono io per giudicare?», o alla domanda «“Mi dica, Padre:
perché soffrono i bambini?”, davvero, io non so cosa rispondere» (Udienza
generale, 4.1.2017). È
un’omissione grave che, se da una parte conferma la “orfanezza autoreferenziale”
di questo papa, dall’altra “sgretola il dogma dell’infallibilità pontificia”,
come ha acutamente fatto osservare Galimberti a proposito della Chiesa sotto
Francesco, la quale, più che essere una Chiesa in uscita, ha oramai
tutti i requisiti per essere una Chiesa in liquidazione.
Nessun commento:
Posta un commento