Nella festa del beato Carlo Magno, della natività di S. Agnese, vergine e martire (II memoria di S. Agnese) e di S. Pietro Nolasco, pubblichiamo questo contributo di Franco Parresio.
Jean-Victor Schnetz, Il beato Carlo riceve il beato Alcuino di York ed i suoi monaci, che presentano alcuni manoscritti, 1830, musée du Louvre, Parigi |
Karl Baumeister, Beato Carlo Magno e S. Ildegarda, 1895, chiesa di S. Giovanni Battista, Bussen |
La Vergine della Marcede e S. Pietro Nolasco |
Juan Luis Zambrano (allievo di Francisco de Zurbarán), Morte di S. Pietro Nolasco, 1634 circa, museo Thyssen-Nornemisza, Madrid |
Gaspar de Crayer, S. Pietro Nolasco, 1655 circa, Mudeo del Prado, Madrid |
Alonso del Arco, La Vergine della Mercede appare a S. Pietro Nolasco, 1682, Mudeo del Prado, Madrid |
Juan de Toledo, S. Pietro Nolasco, 1660 circa, Mudeo del Prado, Madrid |
Scuola spagnola, S. Pietro Nolasco, XVIII-XIX sec., collezione privata |
L’«unità dei cristiani» e la lezione dimenticata di Bonhoeffer
di
Franco Parresio
Nel
ricordo della deposizione delle reliquie del santo dottore Tommaso D’Acquino,
il sommo teologo, avvenuta nel 1369 a Tolosa nella chiesa a lui dedicata e la
cui festa celebreremo il prossimo 7 marzo, nonché al termine dell’Ottavario di
preghiera per il ritorno dei dissidenti in seno alla Santa Madre Chiesa
Cattolica Apostolica Romana, voglio ricordare la lezione dimenticata del
teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, ucciso dalla ferocia
nazista. E la lezione consiste proprio nel suo forte avvicinamento alla
teologia cattolica, professando quanto nel Simbolo
Apostolico è detto circa la “Sanctorum
communio”. Ecco cosa egli scrisse in una lettera ad amici, che avevano
subito un lutto in famiglia:
«Non c’è nulla che possa
sostituire l’assenza di una persona cara; non c’è nessun tentativo da fare. Bisogna
semplicemente tener duro e sopportare. Ciò può sembrare a prima vista molto
difficile, ma è al tempo stesso una grande consolazione, perché, finché il
vuoto resta aperto, si rimane legati l’un l’altro per suo mezzo. È falso dire
che Dio riempie il vuoto, Egli non lo riempie affatto; anzi lo tiene espressamente
aperto, aiutandoci, in tal modo, a conservare la nostra antica reciproca
comunione, sia pure nel dolore. Ma la gratitudine trasforma il tormento del
ricordo in una gioia silenziosa».
Stiamo
più che certi che Dietrich Bonhoeffer, se sopravvissuto, avrebbe
aderito alla Chiesa di Roma, visto che era profondamente attratto non solo
dalla sua teologia (stanco delle cinciscaglie protestanti), ma anche dai suoi
riti, tant'è che passava lunghi periodi di ritiro e studio in un monastero benedettino e, recandosi a Roma, frequentava esclusivamente le liturgie capitolari in Santa Maria Maggiore, come apprendiamo dalla biografia che ne ha scritto Eraldo Affinati (Un teologo contro Hitler. Sulle tracce di Dietrich Bonhoeffer, Milano, 2002).
Perciò,
non mi trovo assolutamente d’accordo con chi strumentalizza il nome di Bonhoeffer per avvicinare i cattolici alla
teologia protestante, perché è vero esattamente il contrario!
Ricordiamoci:
«a definire e descrivere questa verace Chiesa di Cristo (che e la Chiesa Santa,
Cattolica, Apostolica Romana), nulla si trova di più nobile, di più grande, di
più divino che quella espressione con la quale essa vien chiamata "il
Corpo mistico di Gesù Cristo" [ad definiendam describendamque hanc
veracem Christi Ecclesiam — quae sanctā, catholica, apostolica, Romana Ecclesia
est —nihil nobilius, nihil praestantius, nihil denique divinius invenitur sententia
illa, qua eadem nuncupatur «mysticum Jesu Christi Corpus»]» (Pio XII, enc. Mystici
Corporis Christi, 29.6.1943).
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