Quest’anno,
eccezionalmente, la festa di San Giuseppe è, secondo il calendario tradizionale
(seguito in questo blog), traslata al 20 marzo, poiché il 19 era III domenica di Quaresima.
In occasione della festa
odierna, pubblichiamo volentieri questo contributo sul glorioso Patriarca del
prof. Vito Abbruzzi.
S. Giuseppe morente assistito da Gesù e da Maria, XVII-XVIII sec., Sacello, Chiesa di S. Giuseppe, Biella-Riva |
Il giusto Giuseppe, provvido
Custode della divina Famiglia
di
Vito Abbruzzi
Ho già trattato a suo
tempo la figura di San Giuseppe quale «uomo giusto, sotto tutti i punti
di vista», difendendo il Santo Patriarca dall’atavica infamia di essere stato
un “mezzo uomo” (v. qui).
Ora – anche su invito del blog – torno volentieri sull’argomento, evidenziando ancor
meglio la sua natura di «uomo giusto [zaddik]»: beato in quanto affamato
e assetato della giustizia (cfr. Mt. 5, 6), cioè desideroso ardentemente di
quello che Dio vuole (secondo la traduzione interconfessionale); il cui
giudizio non può non essere che giusto, in quanto non ricerca la propria
volontà, ma quella di Dio (cfr. Gv. 5, 30), guardando oltre le semplici
apparenze (cfr. Gv. 7, 24).
Ed è proprio in nome della
giustizia, tutt’una con la misericordia e la fedeltà (cfr. Mt. 23, 23), che San
Giuseppe fu spinto – dopo la comprensibilissima esitazione – a divenire «provvido
Custode della divina Famiglia», come si recita nella preghiera a lui rivolta, grazie
a «quel sacro vincolo di carità» che lo «strinse all’Immacolata Vergine Maria,
Madre di Dio», e «al fanciullo Gesù», a cui, in vero, portò «amore paterno».
Per apprezzare appieno
la figura dell’uomo giusto che fu San Giuseppe, mi piace citare quanto a
proposito dell’importanza fondamentale della paternità scrive il filosofo
Umberto Galimberti ne I miti del nostro tempo (ed. Feltrinelli, Milano
20132, pp. 21-22):
«Non basta che i padri
assistano al parto, come è costume dei tempi, è molto più utile assistere madre
e figlio nel logorio della quotidianità, accarezzare l’una e l’altro per creare
quell’atmosfera di protezione che scalda il cuore e tiene separato l’amore
dall’odio. Lavoro arduo, che tutti coloro che amano conoscono, in quella
sottile esperienza dove incerto è il confine tra un abbraccio che accoglie e un
abbraccio che avvinghia e strozza. […] Natura vuole che a generare si sia in
due, non solo al momento del concepimento e del parto, ma soprattutto nel
momento dell’accudimento e della cura. Dove a essere accudita – prima del
figlio che segue la sua cadenza biologica – è la madre, che ha messo a
disposizione prima il suo corpo, poi il suo tempo, poi il suo spazio esteriore
e interiore, infine l’ambivalenza delle sue emozioni che camminano sempre
sfiorando quel confine sottile che separa e a un tempo congiunge la vita e la
morte, perché così vuole la natura nel suo aspetto materno e crudele.
Nicola Fumo, S. Giuseppe, XVIII sec., Convento della Santissima Trinità, Baronissi |
Un invito ai padri:
tutelate la maternità nella sua inconscia e sempre rimossa e misconosciuta
crudeltà. Questa tutela ha un solo nome: “accudimento”, per sottrarre le madri
a quella luce nera e così poco rassicurante che fa la sua comparsa nell’abisso
della solitudine».
È vero quanto Annachiara Valle scrive a tal proposito: che “non ci sarebbe stata la salvezza senza il sì di Maria. Ma neppure senza la ‘custodia’ di Giuseppe, senza quell’uomo, che il Vangelo definisce ‘giusto’, che non smette di amare la sua sposa, di proteggere lei e il bambino” (Il sì di Giuseppe, in giovane che ama, in Credere, 11 dicembre 2016, p. 50). Ma “Giuseppe, che sarà chiamato custode di Gesù, forse è ancora prima custode di Maria” (ivi, p. 52).
Al di là della visione dell’Angelo, che lo rassicura a prendere con sé Maria, sua sposa (cfr. Mt. 1, 20-24), San Giuseppe aderisce alla legge di Dio inscritta nel diritto naturale, a cui Galimberti fa riferimento, dimostrando che la sua giustizia supera – e di gran lunga – quella dei farisei e dei maestri della Legge, meritandosi, per questo, a pieno diritto, l’ingresso nel regno dei cieli (cfr. Mt. 5, 20).
Al di là della visione dell’Angelo, che lo rassicura a prendere con sé Maria, sua sposa (cfr. Mt. 1, 20-24), San Giuseppe aderisce alla legge di Dio inscritta nel diritto naturale, a cui Galimberti fa riferimento, dimostrando che la sua giustizia supera – e di gran lunga – quella dei farisei e dei maestri della Legge, meritandosi, per questo, a pieno diritto, l’ingresso nel regno dei cieli (cfr. Mt. 5, 20).
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