Nella festa tradizionale di S. Giovanni Damasceno,
rilancio questo contributo di Cristina Siccardi.
La voce di san Giovanni Damasceno contro l’iconoclastia
di Cristina Siccardi
Il più importante difensore della figurazione cristiana è
il Padre e Dottore della Chiesa san Giovanni Damasceno (ricordato nel
calendario Vetus Ordo al 27 marzo e al 4 dicembre in quello nuovo). I suoi scritti sono da
rinfrescare per controbattere la dominante neoiconoclastia delle chiese
dissacranti di oggi, costruite su progetti di architetti atei a cui si
rivolgono impunemente le committenze ecclesiastiche.
Il monaco Giovanni, chiamato Damasceno dalla sua città natale,
Damasco, in Siria, fu l’autore di tre fondamentali Discorsi apologetici contro coloro che calunniavano le
sante immagini. Nacque verso il 650 da una famiglia prestigiosa in un Paese
conquistato da poco dai musulmani; suo padre, Sergio, ricopriva la carica di
sovrintendente dell’amministrazione fiscale, riguardante i sudditi cristiani.
Giovanni collaborò in quella mansione e probabilmente succedette al padre, fino
a quando gli islamici iniziarono una più pesante politica anticristiana. Entrò
allora nel monastero di San Saba, presso Gerusalemme, intorno al 700, dove
rimase per circa 50 anni, fino alla morte, dedicandosi alle pratiche
monastiche, alla predicazione e alla composizione di molte opere, dedicate a
più discipline: filosofia, teologia, apologetica, polemica dottrinale, esegesi
biblica, agiografia, encomiastica, omiletica, poesia religiosa. La sua opera
più poderosa risulta essere La fonte della
conoscenza, facente parte di un corpus di studi con il quale egli si presenta
come il primo grande teologo sistematico, non solo del mondo greco-bizantino,
ma di tutta la cristianità.
Gli iconoclasti lo vilipesero e lo condannarono anche dopo la sua
scomparsa, ma i Padri del II Concilio di Nicea nel 787 lo inclusero ripetutamente
fra gli eroici campioni della Fede. La lotta iconoclasta si sviluppò a fasi
alterne e sotto alcuni imperatori, a cominciare da Leone III, salito al trono
di Costantinopoli nel 717. Furono due donne (nella Chiesa non è mai esistito
antagonismo fra uomini e donne, a dispetto del pensiero femminista penetrato
nelle maglie teologiche rivoluzionarie, sia protestanti che cattoliche) ad imporre
il ritorno al culto delle immagini, prima l’Imperatrice Irene, vedova di Leone
IV, reggente per il figlio minorenne, poi l’Imperatrice Teodora, vedova di
Teofilo, restauratrice delle immagini sacre proprio nel 787. Venne così ristabilito
il culto delle immagini, che fu ufficialmente annunciato nell’843. Per
celebrare l’avvenimento fu tenuta la «festa dell’Ortodossia» e da allora la
Chiesa greca la ripete ogni anno nella prima domenica di Quaresima per
rimarcare con gaudio la vittoria sull’eresia iconoclastica, con la quale si
smascherarono i nemici di Cristo e della sua Chiesa.
Anche oggi esiste l’eresia aniconica, che priva la Chiesa della
sua peculiare mansione catechetica attraverso le immagini. Chiese vuote,
gelide, senz’anima, senza Fede vengono edificate non più per dare gloria a
Nostro Signore, ma per glorificare architetti ed artisti che si autocelebrano
con le loro opere. La Sainte-Chapelle di Parigi venne innalzata da un
collegio di architetti e di artisti anonimi perché, nel Medioevo, non si
cercava la propria fama, ma si offriva un servizio a Dio e alla Chiesa per la
verità, il bene e la bellezza, alle quali potevano attingere le anime.
Paul Claudel si covertì nel 1886 entrando in Notre-Dame de Paris e
ascoltando ilMagnificat durante la Santa Messa di
Natale. Chi mai oggi potrebbe convertirsi entrando in una chiesa delle archistar Fuksas, Piano, Botta… mentre vengono
strimpellati canti dissacranti? Nella Chiesa ecumenica e mondana, infatti, non
c’è spazio per le conversioni, ma per gli inchini alle religioni aniconiche:
ebraica, islamica, protestante.
San Giovanni Damasceno sentì, ad un cero punto, l’impellente
necessità di parlare, di denunciare, di chiarire:
«Se
io considerassi la mia indegnità di cui sono profondamente consapevole, io
dovrei mantenere sempre il silenzio, rivolgendo costantemente a Dio la
confessione dei miei peccati. Ma, mentre ogni cosa è giusta nel proprio tempo [cfr Qo, 3, 1], dall’altra parte io
vedo che la Chiesa, costruita da Dio sul fondamento degli apostoli e profeti
essendone la pieta angolare Cristo suo Figlio [cfr Ef 2, 20], è sbattuta da una
tempesta del mare, ed è turbata e sconvolta dalla pesantissima furia degli
spiriti malvagi. È strappata la tunica di Cristo che i figli degli empi osano
dividersi [cfr Gv 19,
23] e fra opposte dottrine è
lacerato il corpo di lui, cioè il popolo di Dio e la tradizione della Chiesa da
antico tempo fiorente. Ho pensato che non fosse giusto tacere e porre un nodo alla
mia lingua, temendo appunto la minacciosa sentenza che afferma: Se si tirerà indietro, l’anima mia non
si compiacerà di lui e se vedrai venire la spada e non avvertirai il tuo
fratello, a te chiederò il suo sangue (Ez 33, 6-8). […] Infatti, io ho dato ascolto a Davide, padre di Dio,
che dice: Parlerò
dinanzi ai re e non ne arrossirò [Sal 119
(118), 46] e da questo come un
pungolo sempre di più sono spinto a parlare» (Difesa delle immagini
sacre, Città
Nuova Editrice, Roma 1983, pp. 29-30).
Parole redivive per la neoiconoclastia che sempre più mostra, con
l’andar del tempo, il suo rugoso, deturpato e perverso volto, un volto annoiato
e annoiante, che allontana ogni giorno di più i fedeli dalle chiese e non solo
da quelle moderne, interpreti della cosiddetta architettura brutalista, ma
anche da quelle antiche e bellissime, dove le barbare clave iconoclaste hanno
fatto spazio agli adeguamenti liturgici,
sia architettonici, che pittorici, che scultorei, che musicali… perché le
rivoluzioni invecchiano e necessitano autorivoluzioni per sopravvivere nella
loro tragica evoluzione, a differenza della sempre giovane Tradizione,
mantenuta tale grazie ai principi eterni, sempre nuovi, sempre freschi, sempre
divinamente attraenti e incantevoli, innestati nelle armonie e nelle sinfonie
di volumi e forme e colori e suoni ispirati da Dio a degne maestranze che si
pongono al servizio del culto Suo.
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