domenica 30 aprile 2017
Al Naturalismo non servono le chiese - Editoriale di aprile 2017 di “Radicati nella fede”
Rilanciamo, nella festa di S. Caterina da Siena, Vergine e Patrona
principale d’Italia (assieme a S. Francesco d’Assisi) e nella Domenica del Buon
Pastore (II Domenica dopo Pasqua) quest’editoriale di Radicati nella fede.
Walter Grassi, S. Caterina dinanzi al Crocifisso, 1763, Casale Monferrato |
Alessandro Franchi, S. Caterina da Siena, 1888, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma |
Ambito italiano, S. Caterina da Siena, 1890-1910, Trento |
Alessandro Franchi, Divino Pastore, XIX sec. |
AL NATURALISMO NON SERVONO LE CHIESE
Editoriale di "Radicati nella fede"
Anno X n. 4 - Aprile 2017
Che crisi del Cattolicesimo! Che desolazione ci circonda! Un deserto
sconfinato, pieno di ruderi, tra i quali si aggirano anime spaventate in cerca
di una guida.
Apparentemente tutto sembra al suo posto... ancora segni della storia
cristiana, monumenti che ti parlano del popolo di Gesù Cristo; ancora immagini
di santi... ancora croci e altari... ancora chiese, ma senza la vita dentro.
Sì, è proprio questa l'impressione violenta: senza la vita dentro.
Intanto perché la maggioranza delle chiese resta chiusa: ti aggiri nei
paesi con al centro, perennemente, la casa di Dio inaccessibile, non si sa per
quale prudenza! Fatte per l'incontro degli uomini con Dio, edificate per il
culto e per l'adorazione di Nostro Signore Gesù Cristo presente nel Santissimo
Sacramento dell'Eucarestia, le chiese restano chiuse. Una parte di esse si apre
solo per una veloce messa, il tempo per esplicare il rito scheletrico
rinnovato, poi la porta viene di nuovo sprangata, in attesa della prossima
volta; e questo solo per i villaggi che hanno, non si sa per quanto tempo
ancora, la visita del prete.
La cristianizzazione del mondo si è propagata nei secoli passati con
l'apertura di luoghi di culto. In una terra desolata arrivavano i monaci per
primi, iniziavano ad edificare una chiesa e una casa, il monastero, e
abitandola vi instauravano la lode di Dio, il servizio all'Altissimo,
trasformando quel pezzo di mondo da pagano a cristiano.
La conversione dei popoli avveniva intorno ai monasteri, vere scuole del
servizio di Dio. Paesi e poi città sono sorte attorno a questi luoghi
consacrati; gli uomini hanno imparato dai monaci missionari cosa vuol dire
vivere da cristiani, hanno imparato una vita redenta.
Le parrocchie poi, quelle della diffusione capillare della vita cristiana,
hanno continuato il lavoro: erano piccoli ma veri e propri monasteri, dove un
parroco abitando cristianamente quella porzione di terra assieme ai fedeli,
garantiva la possibilità di una vita diversa da quella del mondo senza Dio; una
vita ritmata dall'anno liturgico, dalla grazia dei sacramenti, dall'osservanza
dei comandamenti. In una parola, garantiva la vita soprannaturale degli uomini.
È la storia della Cristianità.
Della cristianità, non solo del Cristianesimo: cioè la storia della trasfigurazione
del mondo che prese la forma di Cristo.
Ne nacque una cultura. Una cultura, cioè una capacità intelligente di
affrontare tutto secondo la forma di Cristo: il lavoro, la gioia, i dolori, la
vita e la morte, l'arte e lo studio: tutto prese una forma nuova. Il
Cristianesimo non solo era nella storia, ma fece la storia.
Oggi non è proprio più così, che tristezza. Oggi i cristiani non fanno
storia, la subiscono.
Ma da dove arriva questo rivolgimento, questo terremoto inarrestabile che
ha raso tutto al suolo?
Non ne vediamo che una origine: il Naturalismo.
Il Protestantesimo e il suo “cavallo di troia” che lo ha introdotto tra
noi, cioè il cattolicesimo liberale, hanno prodotto il cattolicesimo
modernizzato che non è nient'altro che naturalismo.
Questo naturalismo “cattolico” crede in Dio, ma in un Dio da guardare da
lontano, un Dio che in fondo in fondo non si è rivelato; o meglio, si riduce la
rivelazione al fatto che Dio dice che c'è. E con questo Dio gli uomini hanno un
semplice rapporto tra creatura e Creatore: tutto qui. Allora questo vuoto nel
rapporto tra Dio e gli uomini viene riempito dalle nostre idee e opinioni;
viene colmato dalle mode del momento, viene assunto come contenuto religioso
quello che il mondo pensa: così si assiste a quella perenne giostra di
cambiamenti che tanto piace ai cattolici nuovi, che stanno picconando ciò che
resta della cristianità.
Invece Dio si è rivelato.
E ha rivelato un contenuto: ha rivelato la sua vita intima. Dio è Padre;
dall'eternità, quando ancora non splendeva la luce creata sul mondo, Dio genera
un Figlio, al quale comunica la sua natura, le sue perfezioni, la sua
beatitudine, la sua vita. E il Padre e il Figlio sono uniti in un vincolo
d'amore potente e sostanziale, da cui procede quella terza persona che la
Rivelazione chiama con un nome misterioso: lo Spirito Santo. È il segreto della
vita intima di Dio.
Per un trasporto d'amore Dio decreta di chiamare delle creature a
dividerla: questa vita traboccherà dal seno della divinità per raggiungere e
beatificare elevandoli al di sopra della loro natura, degli esseri tratti dal
nulla: gli uomini.
Per questo il Figlio si fa uomo, il Verbo si fa carne: perché in Cristo,
nella sua grazia santificante che discende dalla Croce, noi siamo adottati come
figli, come veri figli.
“Ecco, voi siete divinizzati” (Gv 10,34): da questa trasformazione
dell'uomo, chiamato a partecipare, ad aderire alla vita intima di Dio, nasce la
Cristianità, cioè la trasformazione del mondo intero, della storia e della
realtà, chiamata a servire l'unica cosa necessaria, cioè la trasformazione
dell'uomo nella santità.
Questa è l'opera della vita, l'unica in fondo.
Per questo c'è la Chiesa, per quest'opera hanno lavorato gli operai del
vangelo nei secoli, per questo Dio ha voluto la Cristianità, cioè il mondo
trasfigurato dalla grazia.
Ma oggi non si parla quasi più della Trinità, della grazia santificante,
della vita intima di Dio, della santità di Dio e della nostra santificazione.
Si dice solo che Dio c'è, ma per questo non era necessaria la rivelazione,
bastava la ragione umana.
Per questo le chiese chiudono: alla religione naturale non servono più.
venerdì 28 aprile 2017
Omelia di Sua Ecc.za Mons. Pozzo a Bari in occasione del V Pellegrinaggio Regionale Pugliese "Summorum Pontificum", Bari, 24 aprile 2017
Pubblichiamo in
anteprima assoluta l’omelia dettata da Sua Ecc.za Mons. Guido Pozzo in
occasione del V Pellegrinaggio Regionale Pugliese Summorum Pontificum, svoltosi
a Bari, presso la Basilica di S. Nicola, lo scorso 24 aprile.
SUA ECC.ZA REV.MA MONS.
GUIDO POZZO
ARCIVESCOVO
TITOLARE DI BAGNOREGIO,
SEGRETARIO DELLA
PONTIFICIA COMMISSIONE
“ECCLESIA DEI”
BASILICA PONTIFICIA DI S. NICOLA
Bari, 24 aprile
2017
OMELIA
Cari fratelli e
sorelle,
siamo qui riuniti
per celebrare la Santa Messa nell’anno del decimo anniversario della
pubblicazione del Motu Proprio di Benedetto XVI Summorum Pontifìcum, con
il quale il Papa ha ridonato alla Chiesa la forma antica e plurisecolare del
Rito Romano. Il nostro tempo è segnato da un’inaudita e quasi generale crisi
liturgica ed eucaristica, a causa della negligenza pratica della verità che
l’Eucaristia è il tesoro dell’altare della Croce e della maestà ineffabile di
Dio. Nessun’altra azione compiuta dai fedeli cristiani è così santa ed è così
divina come questo tremendo mistero. Nella Santa Messa ogni giorno l’ostia
vivificante viene dai sacerdoti immolata a Dio sull’altare e appare chiaro che
si deve usare ogni impegno e diligenza perché esso possa essere celebrato con
la maggior purezza e trasparenza interiore e con atteggiamento esteriore di
devozione e di pietà. Queste parole del Concilio di Trento rimangono attuali
oggi più che mai.
Senza mettere in
competizione i due usi dello stesso Rito Romano, la celebrazione della Messa
nel Vetus Ordo, attraverso il silenzio, la riverenza e la partecipazione
contemplativa, attraverso le sue ripetute genuflessioni, ci ricorda che il
nostro orizzonte non è quello terreno, ma quello celeste; ci ricorda che nulla
è possibile senza il sacrificio di Cristo e che la via soprannaturale della
grazia è essenzialmente “mistero”.
Benedetto XVI ha
dato alla Chiesa una possibilità, un tesoro, una ricchezza in più da
riscoprire; questa legge universale della Chiesa, promulgata dal Motu Proprio,
entra così di diritto nella vita normale della Chiesa, perché forma extraordinaria
non vuol dire eccezionale o rara, ma speciale, che va conservata con il debito
onore per il suo uso universale e antico.
Celebrare questa
ricorrenza vuol dire anche riflettere sulla realtà dei nostri tempi. Nella
coscienza degli uomini di oggi la liturgia e in genere le cose di Dio non sono
avvertite come urgenti. Negli anni successivi al Concilio Vaticano II il
malinteso della riforma liturgica portò sempre più a mettere l’accento
sull’attività della comunità cristiana e sulla creatività nella liturgia. La
cosa più importante è diventata il fare degli uomini, oscurando il primato
della grazia e della presenza di Dio.
In realtà la Chiesa
è in pericolo quando il primato di Dio non appare più nella liturgia e nella
vita della Chiesa. La causa più profonda della crisi che la Chiesa vive oggi
risiede innanzitutto nell’oscuramento del primato di Dio nella liturgia. La
riscoperta del Rito Romano nell’uso antico, così come la liturgia celebrata
nell’Oriente cristiano - sia cattolico sia ortodosso- sono di grande aiuto a
mettere in risalto la centralità del mistero di Dio e di Cristo salvatore nella
sacra liturgia e così anche nella vita dei cristiani.
Ed è fortemente
provvidenziale che il decimo anniversario della promulgazione del M.P. Summorum
Pontificum cada nella ricorrenza del centenario delle apparizioni della
Madonna di Fatima. I messaggi di Fatima sono sempre attuali perché ci parlano
della salvezza, della conversione e della fiducia nella potenza misericordiosa
di Dio. Il mondo in cui viviamo è apparentemente allegro, ma in realtà
infinitamente triste, colpito dal relativismo, dall’edonismo e dal secolarismo
che è penetrato persino nella stessa comunità cristiana, in un mondo ferito
dalla violenza e contaminato dal peccato. Il messaggio di Fatima risponde a
questo mondo con la forza della preghiera, e in particolare col Santo Rosario,
con la devozione al Cuore Immacolato di Maria, con la penitenza e l’offerta di
se stessi per la redenzione dei peccatori.
Queste parole non
si sentono più tanto spesso nella predicazione, nella catechesi e nel
linguaggio comune dei cristiani e degli stessi sacerdoti. Ma queste parole sono
invece essenziali, fondamentali e incancellabili per un vero cattolico.
E non possiamo
trascurare che la nostra Madre celeste ha voluto apparire, a Fatima come a
Lourdes, a dei bambini e a dei bambini poveri. Qual’ è il significato di questo
fatto ? La risposta è che la Madonna ha voluto rivelarci il segreto del suo
Cuore immacolato. E il segreto è nient’altro che il Vangelo, ma quale Vangelo?
Il Vangelo senza compromessi, senza accomodamenti con lo spirito del mondo. Il
Vangelo di Gesù Cristo non è aperto ai venti e alle opinioni o correnti di
pensiero che ritengono che tutte le religioni si equivalgono e che non
accettano norme morali assolute. Il Vangelo è la Buona Notizia che la salvezza
è giunta in Gesù, vero Dio e vero uomo. E il Vangelo porta con sé la vera
dottrina e la vera morale, che è sapienza e santità di vita. E a questo
annuncio l’uomo deve rispondere con la conversione del cuore e della vita per
ottenere la salvezza.
Noi sappiamo che i beati Francesco e Giacinta di Fatima hanno preso talmente sul serio l’annuncio del Vangelo, che ogni giorno offrivano sacrifici per la conversione dei peccatori. Il pressante invito oggi, mentre rendiamo grazie per la Liturgia antica restituita alla Chiesa e per l’avvenimento mariano di Fatima, è di accogliere con gioia il mistero del sacro e le realtà spirituali della conversione e della penitenza, nella nostra vita e nel nostro apostolato cristiano, perché esse sono presenti nella croce di nostro Signore Gesù Cristo, che professiamo come unico Signore e Salvatore del mondo. Sia lodato Gesù Cristo.
Noi sappiamo che i beati Francesco e Giacinta di Fatima hanno preso talmente sul serio l’annuncio del Vangelo, che ogni giorno offrivano sacrifici per la conversione dei peccatori. Il pressante invito oggi, mentre rendiamo grazie per la Liturgia antica restituita alla Chiesa e per l’avvenimento mariano di Fatima, è di accogliere con gioia il mistero del sacro e le realtà spirituali della conversione e della penitenza, nella nostra vita e nel nostro apostolato cristiano, perché esse sono presenti nella croce di nostro Signore Gesù Cristo, che professiamo come unico Signore e Salvatore del mondo. Sia lodato Gesù Cristo.
martedì 25 aprile 2017
Alcune immagini del V Pellegrinaggio Regionale Pugliese "Summorum Pontificum" - 24 aprile 2017
Ringraziamo il nostro amico e sodale prof. Giovanni Schinaia per l'ottimo servizio fotografico.
Servizio fotografico completo su Flickr:
- Accoglienza ed ingresso in Basilica di Mons. Pozzo;
- Vestizione prima della S. Messa;
- Celebrazione della S. Messa;
- Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria;
- Venerazione della Tomba di S. Nicola;
- Saluto al termine del rito.
V. anche Porto di mare ter, 25.4.2017.