Rilanciamo un articolo de LNBQ.
Croce brachiale, un
universo simbolico che educa il fedele alla vita sacramentale
di Gloria Riva
Un anonimo artista, attivo in
Westfalia nei primi decenni del 1400 realizza un dittico di straordinaria
bellezza simbolica. Uno dei dipinti celebra la verginità della Madonna,
mediante l’iconografia dell’Hortus Conclusus, l’altro invece illustra il
fatto della Redenzione che rompe con gli antichi schemi e inaugura una nuova
economia di salvezza, nella quale protagonista è ancora la Vergine Maria.
Temi e simboli oggi contro
corrente ma che nella cornice di un
anno eminentemente mariano, come il 2017, in cui ricorre il centenario delle
apparizioni della Vergine a Fatima, tornano alla ribalta e andrebbero messi in
evidenza.
La rara iconografia della croce
brachiale, ci illustra la profondità della
redenzione, i suoi simboli e i suoi atti salvifici. La croce è detta brachiale
o vivente perché dalle estremità di essa spuntano mani operose che indicano ciò
che la morte e la risurrezione di Cristo hanno introdotto nella storia. Cristo
infatti, è appeso alla croce e, benché sia evidente la ferita del costato e
quindi la sopraggiunta morte del divino Condannato, ha gli occhi aperti e una
carne bianchissima, indici di risurrezione. Si tratta di una mirabile fusione
fra il Christus passus e il Christus Triumphans,
cioè tra il Cristo della Passione e quello glorioso della Risurrezione.
Le quattro mani mostrano i modi di lettura dell’opera. In alto, una mano
rivolta verso il Cielo, tiene le chiavi della Gerusalemme celeste (quelle
consegnate a Pietro). Sul lato destro una mano regge una spada e decreta la
fine dell’antica economia fatta di sacrifici, la quale non riusciva a spezzare
le catene dell’antico male, cioè del peccato originale.
Nella parte bassa del dipinto, dalla radice del terreno, spunta una terza mano, la
quale, impugnando il martello, percuote il nemico numero uno dell’uomo cioè la
morte. L’ultima mano a sinistra è benedicente e testimonia la potenza salvifica
della nuova economia di salvezza instaurata da Cristo.
La luce viene da destra e
illumina anzitutto scene dell’antico
testamento: l’altare del Sacrificio, non più necessario perché un altro
Sacrificio è stato instaurato. Il vessillo dei poteri di questo mondo, spezzato
dal potere sovrano che Cristo ha rivelato con la sua Risurrezione. Adamo ed
Eva, in alto, e il teschio con il serpente e la mela in bocca, sospeso tra le
foglie di acanto, raccontano - invece - la sconfitta ultima e definitiva del
peccato dell’origine. Un uomo bendato, emblema del Primo testamento, rimane
inattivo di fronte all’altare del sacrificio, perché reso inutile dal
Sacrificio con la S maiuscola che fu quello di Cristo sulla croce.
Dall’altro lato, Gesù si china
verso la Madre che regge un vessillo
(riferimento al canto della tradizione antica Vexilla regis) e
regge un calice. Maria è la corredentrice e indica a noi i mezzi della salvezza
eterna: la croce (il vessillo) e l’Eucaristia. Quest’ultima è il sacramento
che, dopo l’incorporazione avvenuta con il Battesimo, ci Cristifica, ci rende
cioè Presenza di Cristo nel mondo. In alto infatti, sul braccio orizzontale
della croce Maria regge davanti al Papa la Comunione eucaristica: si
tratta delle due dimensioni della Chiesa, quella mariana e quella
petrina, sostenute dal Sacramento per eccellenza che è appunto l’Eucaristia. Ai
piedi di Maria, l’altro polo della dimensione petrina che è la Parola. Solo
l’Agnello è in grado di aprire i sigilli e di leggerla. Solo il Magistero che
mantiene la comunione con Cristo mediante Pietro e i Sacramenti è in grado di
interpretare rettamente la Parola.
Nel girale di acanto (altro simbolo di risurrezione) risplende,
opposta al serpente, la Chiesa Sposa di Cristo, della quale Maria è la
personificazione. Un universo simbolico, dunque, che educava i credenti alla
vita sacramentale e ai capisaldi della fede cattolica. Simboli che lumeggiano
aspetti oggi adombrati da una teologia riformista la quale però non sempre
riesce a fare i conti con il ricchissimo corpus di rimandi
vetero-testamentari che i medievali avevano invece sempre ben presenti e vivi.
Sorprendente, per la concezione
teologica che il Medioevo aveva
rispetto alla donna, è la sottolineatura di Maria che mostra, potremmo dire
in-segna, al Papa il Mistero Eucaristico. Ella che fu il primo ostensorio
dell’umanità, secondo questa bella tavola tedesca, è l’unica da invocare perché
si possa tornare a una comprensione piena e totale del Mistero centrale della
nostra Fede: il Dio con noi presente per antonomasia nel Sacramento
dell’Altare.
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