Nell’Ottava
della festa del Corpus Domini e nella memoria di S. Paolino da Nola, rilanciamo
questo contributo di Corrispondenza romana.
Jan van Kessel, Il secondo sacramento, XVII sec. |
Jan van Kessel, Eucaristia in ghirlanda di fiori, XVII sec. |
Alexander Coosemans, Allegoria dell'Eucaristia, 1641 |
Abraham Bloemaert, I quattro Padri della Chiesa latina ed il SS. Sacramento, 1632, Museum Catharijneconvent, Utrecht |
Ambito piemontese, Madonna con Bambino con S. Paolino di Nola, XVIII sec., Alba |
Ambito italiano, S. Paolino di Nola, protettore di Senigallia, 1740-60, Senigallia |
Il significato profondo della festa del Corpus Domini
di Cristina
Siccardi
La festa del Corpus
Domini è alle porte, ma quanti ancora comprendono in profondità questo
sublime miracolo d’amore?
Ogni vita sulla
terra, per continuare ad esistere, ha necessità di essere alimentata,
altrimenti perisce. L’uomo, essendo creatura con un anima razionale, ha pure
bisogno di nutrimento sia intellettivo, che spirituale; ha bisogno
dell’alimentazione della fede, della speranza, della carità (amore); ma il
Salvatore gli ha anche offerto un cibo ancora più divino: se stesso in forma
eucaristica. San Tommaso d’Aquino spiega in questi termini il Mistero
eucaristico: «L’effetto che produsse nel mondo la passione di Cristo,
questo Sacramento lo produce in ciascuno di noi. Come il cibo materiale
sostiene la vita corporea, l’accresce, la ristora, ed è gradevole al
gusto, l’Eucaristia produce nell’anima simili effetti» (IIIª,
9, 79, a. 1).
«Caro mea vere est
cibus, et sánguis meus vere est potus: qui mandúcat meam carnem, et bibi tmeum
sánguinem, in me manet, et ego in eo» (Gv 6, 56-57), ovvero «La
mia carne è veramente cibo, e il mio sangue è veramente bevanda: chi mangia la
mia carne e beve il mio sangue, rimane in me e io in lui». Più chiaro di
così se non ci si nutre della Santa Ostia non può avvenire l’inabitazione
reciproca.
La storia della
Chiesa è una continua lotta fra errori e verità, fra sacrilegi e trionfo del
divino. Durante il periodo delle guerre di religione in Francia e anche oltre
(1540-1600), la processione del Corpus Domini fu oggetto di
feroce ostilità da parte degli ugonotti (i calvinisti francesi). Essi, come
d’altra parte i luterani, negano la transustanziazione. Ecco che le processioni
del Corpus Domini diventavano pretesti di pesanti
provocazioni, profanazioni, blasfemie.
La festa liturgica
affonda le sue radici nella Gallia belgica, che san Francesco definiva «amica
Corporis Domini», grazie alle rivelazioni dell’agostiniana e mistica Beata
Giuliana di Retìne, che nel 1208 ebbe un’estasi: vide il disco lunare risplendente
di candida luce, deformato però da una linea in ombra. Si trattava della
rappresentazione simbolica della Chiesa, alla quale mancava una solennità in
onore della Santa Ostia. Alla monaca, nello stesso anno, apparve Cristo, che le
chiese di impegnarsi affinché venisse istituita la festa del Santissimo
Sacramento al fine di ravvivare la fede dei fedeli e di espiare i peccati
commessi contro l’Eucaristia.
Nominata priora del
convento di Mont Cornillon di Liegi, chiese consiglio ai maggiori teologi ed
ecclesiastici del tempo, interpellando anche l’arcidiacono di Liegi, Jacques Pantaléon,
futuro papa Urbano IV, e il Vescovo di Liegi, Roberto de Thourotte. Fu così che
nel 1246 quest’ultimo convocò un concilio, ordinando, a partire dall’anno
successivo, la celebrazione della festa del Corpus Domini. Con la
bolla Transiturus dell’11 agosto 1264, da Orvieto, dove aveva
stabilito la residenza della corte pontificia, Urbano IV estese la solennità a
tutta la Chiesa.
A convincere il
Pontefice nello scrivere la bolla fu il celebre Miracolo eucaristico di
Bolsena, che si verificò un anno prima, quando un sacerdote boemo, in
pellegrinaggio verso Roma, si fermò a celebrare la Santa Messa proprio a Bolsena,
nel viterbese; nel momento preciso in cui spezzò l’Ostia consacrata, egli fu
pervaso dal dubbio che essa contenesse veramente il Corpo di Cristo. Fu allora
che dal Sacro Pane uscirono alcune gocce di sangue, le quali macchiarono sia il
corporale di lino, attualmente conservato nel Duomo di Orvieto, sia alcune
pietre dell’altare, custodite in preziose teche nella Basilica di Santa
Cristina.
Da allora si sono
verificati moltissimi Miracoli eucaristici riconosciuti dalla Chiesa, che
possono essere visionati, uno ad uno, grazie allo straordinario sito http://www.miracolieucaristici.org/.
Autore di questo splendido studio storiografico ed iconografico è il Servo di
Dio Carlo Acutis, nato a Londra il 3 maggio 1991 e morto a 15 anni, il 12
ottobre 2006, a causa di una leucemia fulminante.
È sepolto nella nuda
terra ad Assisi, la città di san Francesco che più di altre ha amato e nella
quale tornava periodicamente per ritemprare lo spirito. «Tutti nasciamo come
degli originali, ma molti muoiono come fotocopie», ha lasciato scritto fra
i suoi appunti. A 12 anni aveva iniziato a comunicarsi quotidianamente e non
finiva il suo giorno senza la recita del Santo Rosario e l’adorazione
eucaristica, convinto com’era che quando «ci si mette di fronte al sole ci
si abbronza… ma quando ci si mette dinnanzi a Gesù Eucaristia si diventa santi».
Di brillante
intelligenza e di profonda fede, egli offrì le sue sofferenze e la sua vita per
il Papa e per la Chiesa. I suoi sacrifici, uniti a quelli di altre nascoste
anime oblative, e le preghiere intercessorie rivolte ai santi e alla Regina dei
santi salveranno, per l’ennesima volta, la Chiesa dai suoi ugonotti, che oggi
profanano il Corpo di Cristo con indegne liturgie e indegni altari.
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