Sono
passati i tempi cupi in cui la Messa Romana era proibita perché, come disse
Paolo VI nel Concistoro del 24 maggio 1976 «L’adozione del nuovo “Ordo Missae” non è lasciata certo all’arbitrio dei sacerdoti o dei
fedeli: e l’Istruzione
del 14 giugno 1971 ha previsto la celebrazione della Messa nell’antica forma,
con l’autorizzazione dell’Ordinario, solo per sacerdoti anziani o infermi, che
offrono il Divin Sacrificio sine populo. Il nuovo Ordo
è stato promulgato perché si sostituisse all’antico … . Non diversamente il nostro santo Predecessore Pio V aveva reso
obbligatorio il Messale riformato sotto la sua autorità, in seguito al Concilio
Tridentino» (FONTE).
E la sostituzione equivaleva all’abrogazione (quantomeno tacita) (sul punto,
cfr. Ci fu abrogazione?, in Unavox, ott.
2008; Il Novus Ordo è stato imposto illegalmente da Paolo VI?,
in Le
pagine di don Camillo; Davanti alla storia – La liberalità di san
Pio V e l’intransigenza di Paolo VI, in Chiesa
e postconcilio, 5.9.2013)!
Oggi
tutti sono per la Messa Romana e ne ringraziamo il buon di Dio.
Tuttavia
non è tutto oro quello che luccica perché il rito non è per sé stesso garanzia
di fede ortodossa. Infatti la Messa Romana rischia sempre più di trasformarsi
modernisticamente in un vuoto contenitore ora di questa ora di quella istanza “sentimentale”.
Non di rado, in effetti, si son visti e si vedono modernisti sin nel midollo,
complici dell’attuale demolizione e protestantizzazione della Chiesa, celebrare
l’antico rito con ogni fasto e con ogni plauso, essendo però al contempo totalmente
avulsi dalla Verità cattolica che quel rito contiene, esprime e trasmette.
Si
tratta in quel caso di vero e proprio paganesimo delle forme!
Possa
il felice anniversario aiutare a far comprendere che non la lex orandi
esprime sempre la lex credendi e se manca questa, il rispetto della
prima si riduce vieppiù a parata storico-nostalgica.
Nel
decennale del m.p. pubblichiamo questo contributo di don Giuliano della Rovere (alias don Giuseppe Laterza),
con una premessa del prof. Vito Abbruzzi.
Il decennale del Summorum
Pontificum… nel nascondimento
di Vito Abbruzzi
Non c’è titolo migliore
di questo per celebrare oggi il decennale del Summorum Pontificum, “ma
di nascosto per timore” (Gv 19, 38) di critiche feroci e insulse di chi non si
è mai sforzato di capirne le ragioni.
Ma pur nel
nascondimento, noi celebriamo comunque questo primo decennio di vita del Summorum,
che, ad onta delle continue opposizioni, non ha smesso di crescere! E lo facciamo
proprio mediante il rendimento di grazie per antonomasia: il Sacrificio Eucaristico
secondo la forma extraordinaria del Rito Romano.
Nell’articolo di Don
Giuseppe Laterza c’è un richiamo a San Michele Arcangelo: fa bene a farlo
perché – non dimentichiamolo, anzi teniamolo ben a mente! – il 7 luglio è oramai
anch’essa una data micaelica. Il 7.7.7 (7 luglio 2007) non è affatto casuale: è
il numero di Michele! Ed è il numero del Vincente! Lo sanno benissimo i figli
spirituali della Serva di Dio Francesca Lancellotti, che oggi festeggiano i
cento anni della nascita di lei, e – cosa ancora più importante – l’apparizione
di San Michele, avvenuta nella sua casa di Oppido Lucano (PZ) il 7 luglio 1956.
L’Arcangelo destinava Francesca a Roma, dove fu avvicinata da importantissime
personalità, comprese quelle di Curia. Tra queste il Card. Oddi, suo amico e
confidente, non a caso primo presidente della Pontificia Commissione Ecclesia
Dei.
E sempre non a caso, il Summorum
Pontificum è pubblicato alla pagina 777 degli Acta Apostolicae Sedis:
anno 2007, volume 99. Tutto ciò a ribadire che il Summorum non è opera
nostra! È opera di Dio! Bando, dunque, agli scoramenti, facendo nostra l’esortazione
dell’Apostolo: “Confortate i pusillanimi, sostenete i deboli, siate pazienti
con tutti” (1 Ts 5, 14).
La battaglia per la Tradizione liturgica. Uno scritto di don
Giuseppe Laterza per il X Anniversario del Summorum Pontificum
di Don
Giuliano della Rovere
Per
ricordare il decimo anniversario del Motu Proprio Summorum Pontificum pubblichiamo
qui di seguito le riflessioni di don Giuseppe Laterza che hanno il merito di individuare,
con immediatezza di giudizio, i buoni frutti di un buon albero radicato nella
Tradizione della Chiesa e nell’opera della Redenzione, e di indicare ciò che
alla sua crescita oggi si oppone. Ben si comprendono le parole del
Sacerdote pugliese, se si tiene costantemente presente che il Summorum
Pontificum deve essere contemplato non tanto come un’autorizzazione a
celebrare a determinate condizioni un Rito “straordinario” (tutto ciò, se negli
articoli del documento è rinvenibile, appartiene più al compromesso con
Conferenze episcopali e altri potentati ecclesiastici che alla sostanza del
pronunciamento), ma come il riconoscimento da parte di un Pontefice, che così
si pronunciò autorevolmente sulla Liturgia della Chiesa, della non abrogabilità
della “forma antica” della Messa.
07/07/07 -
07/07/17 sono passati 10 anni dal Summorum Pontificum, legge di
Benedetto XVI che, istituita non per riavvicinare i preti della Fraternità San
Pio X, prevede la ripresa della celebrazione della Messa di San Pio V.
Istituita per riprendere l’uso di un messale mai abolito e che ha nutrito per
secoli la cattolicità; sdoganare i preti che volessero usare questo messale
dalle richieste a vescovi e superiori, che spesso hanno negato nei tempi questi
uso. Sono sorte molte messe in Europa e nel Mondo, molti giovani frequentano il
rito di San Pio V, pochi anziani... molte vocazioni al sacerdozio. Ringraziamo
Dio per quanto opera nella sua Chiesa.
Al contempo vogliamo anche notare gli aspetti negativi di quanto succede: tanti sacerdoti sono perseguitati e messi al margine delle loro realtà perché hanno scelto di usare questo messale e celebrano. Privati di incarichi parrocchiali e della possibilità di sostentarsi sono messi alle strette, obbligati a non seguire il motu proprio che è una legge della Chiesa. Vescovi che parlano di “pastorale” non si curano delle esigenze di una piccola porzione del loro gregge, ma fanno di tutto per estinguere con la forza il nascere e il conoscere questo rito, quasi come Erode si prodigò nel cercare il Fanciullo divino per farlo morire e come il Sinedrio si adoperò per evitare la predicazione Apostolica. Oh! Che temi Erode? Colui che viene non toglie regni umani! Che temete, Eccellenze Serenissime? Forse una Messa non santifica quanto l’altra? Forse una Messa vale più dell’altra? Forse temete venga meno qualcosa?
Al contempo vogliamo anche notare gli aspetti negativi di quanto succede: tanti sacerdoti sono perseguitati e messi al margine delle loro realtà perché hanno scelto di usare questo messale e celebrano. Privati di incarichi parrocchiali e della possibilità di sostentarsi sono messi alle strette, obbligati a non seguire il motu proprio che è una legge della Chiesa. Vescovi che parlano di “pastorale” non si curano delle esigenze di una piccola porzione del loro gregge, ma fanno di tutto per estinguere con la forza il nascere e il conoscere questo rito, quasi come Erode si prodigò nel cercare il Fanciullo divino per farlo morire e come il Sinedrio si adoperò per evitare la predicazione Apostolica. Oh! Che temi Erode? Colui che viene non toglie regni umani! Che temete, Eccellenze Serenissime? Forse una Messa non santifica quanto l’altra? Forse una Messa vale più dell’altra? Forse temete venga meno qualcosa?
Ciò che
Cristo ha unito nessuno divida: il popolo è di Dio e al sacerdozio ne spetta la
guida e l’istruzione con ogni mezzo possibile. Non vorremmo combattere contro
Dio nel far guerra alla Messa che per secoli è stata celebrata nelle chiese del
mondo! Non vogliamo trovarci ad affrontare Dio e San Michele Arcangelo negando
alla gente di nutrirsi intorno all’altare... e ai preti di celebrare! Se si
danno le chiese ai musulmani per pregare, se si tollerano spettacolini durante
le messe, messe aperitivo, balletti e coreografie varie, perché non permettere
anche la Messa in Latino? Perché su questo tasto ci si divide in casa? Non si
dialoga e non ci si ama? Non ha forse detto Gesù che l’amore è il principio
vitale del Cristianesimo? Forse il Concilio Vaticano II non ha spinto il sacerdozio
a guardare le nuove sfide pastorali?
Forse ci
preoccupiamo troppo di cose umane, di mantenere un potere inutile e di evitare
problemi... ma la vera via per il Regno passa solo attraverso un indicare la
croce, un amore per l’altro che, discendendo dal nostro amore per Dio, può
aprirsi al fratello. Ed il fratello non è il lontano, ma l’uomo che è affidato
alle cure pastorali del sacerdozio. Quando qualcosa viene da Dio, più la si
opprime è più cresce, perché lo Spirito che è nel cuore dell’uomo riconosce
nella oppressione l’intervento diabolico che vuole ostacolare la Verità, che
non vuole anime vicine a Dio. Fu così ai tempi degli Apostoli, più li
opprimevano e più erano felici e più crescevano di numero! Sara così anche ai
giorni nostri, perché più si vuol eliminare qualcosa e, se viene da Cristo, più
si fortifica, perché lui è il vero Sacerdote, noi siamo solo partecipazione al
suo Sacerdozio. Lui è lo Sposo, noi gli amici dello Sposo. Nell’oppressione la
forza, perché in noi agisca la morte ed in voi la vita!
Riflettiamo,
Chiesa e anime sono di Dio e non nostre, la Messa è opera di Dio che rinnova in
modo incruento il sacrificio di Cristo e non un palcoscenico per soubrette mal
riuscite, non un palco dove una comunità viene privata della trascendenza e del
sacro. Dio ce ne chiederà conto... e sarà molto severo perché con Lui non si
scherza...
Fonte: Vigiliae Alexandrinae, 7.7.2017
Fonte: Vigiliae Alexandrinae, 7.7.2017
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