mercoledì 30 agosto 2017
martedì 29 agosto 2017
martedì 22 agosto 2017
domenica 20 agosto 2017
Milizia cristiana e malicidio in un aforisma di S. Bernardo di Chiaravalle
In un'epoca di incertezze, confusione e di terrore, nella quale la società occidentale, un tempo cristiana, oggi post-cristiana, in maniera arrendevole vorrebbe combattere il male con i gessetti colorati, i gattini, gli applausi, gli slogan "non abbiamo paura", ecc., cadendo nel patetico quanto nel ridicolo, può esser utile ricordare quelli che erano i principi della milizia cristiana, che, lungi dal piegarsi dinanzi agli infedeli, lo combattevano fieramente, sino all'ultimo sino alla fine, sacrificando la propria vita.
Se, in fondo, oggi possiamo sentirci liberi - non si sa sino a quando .... - lo si deve anche a questa lotta ed a questi sacrifici, che hanno ricacciato coloro che avevano tentato, a più riprese, nel corso dei secoli, di conquistare l'Europa cristiana.
Come scrisse un nostro amico tempo fa: "... si fecero santi nella milizia Ferdinando III, Luigi IX e tanti altri uomini sconosciuti che, come soldati, partirono alla santa Crociata contro gli infedeli o gli eretici con la Fede nel cuore e benedetti da Cristo e dal suo Vicario, in difesa della Christianitas, l’unico vero Ordine voluto dalla Provvidenza ... " (Giuliano Zoroddu, San Giorgio e i Martiri militari: modelli per i soldati di Cristo Re, in Radiospada, 22.4.2017).
Cfr. anche San Bernardo Abate e l'ideale del cavaliere cristiano contro il cavalierato mondano, in MiL, 20.8.2017.
Oggi, pertanto, la figura e l'esempio di S. Bernardo, codificatore delle norme della sacra milizia cristiana durante l'Evo Cristiano, appare quantomai attuale ed antidoto al buonismo imperante ed al generale debosciamento delle coscienze.
martedì 15 agosto 2017
15 agosto - ricordo del voto di Luigi XIII, re di Francia
Charles Le Brun, Assunzione di Maria, Musée des Beaux-arts Thomas Henry, Cherbourg |
Luigi Calmetta, Voto di Luigi XIII, XIX sec. |
André Dutertre, Voto di Luigi XIII, XIX sec. |
Grégoire Huret, Voto di Luigi XIII, XVII sec. |
Preghiamo, con l'antica antifona Domine, salvam fac Galliam, perché la Francia, figlia prediletta della Chiesa, adempiendo il voto di Luigi XIII, torni ad essere cristiana e con essa tutte le nazioni dell'Antico Continente, divenuto ateo e lontano dal cuore di Dio.
"Signum magnum appáruit in cælo: múlier amicta sole, et luna sub pédibus ejus, et in cápite ejus coróna stellárum duódecim" (Apoc. XII, 1)
lunedì 14 agosto 2017
sabato 12 agosto 2017
Maria I Tudor. La strenua difesa della Santa Messa
Nell’odierna festa di S. Chiara,
vergine assisana, e del beato Innocenzo XI, papa, rilanciamo questo contributo
di Piero Vassallo.
Claudio Ridolfi, Madonna con Bambino e S. Francesco con i SS. Ubaldo, Caterina d'Alessandria e Chiara, 1620 circa, Senigallia |
Giovanni Claret, Madonna con Bambino e angeli tra i SS. Francesco e Chiara, 1647, Alba |
Felice Torelli, Madonna con S. Francesco e S. Chiara con Gesù Bambino, XVII sec., Faenza |
Bottega abruzzese, Incoronazione della Vergine con i SS. Carlo Borromeo, Antonio da Padova, Chiara e Francesco, XVII sec., Chieti |
Raffaello Tancredi, SS. Francesco e Chiara, 1904, Pitignano |
Ambito bergamasco, Beato Innocenzo XI, 1676, Bergamo |
Ambito italiano, Beato Innocenzo XI benedicente, XVIII sec., Bergamo |
Ambito romano, Ritratto del Beato Innocenzo XI, XVIII sec., Ascoli Piceno |
Ambito italiano, Beato Innocenzo XI, XIX sec., Bologna |
Maria I Tudor. La strenua difesa
della Santa Messa
“Il giudizio del
mondo è un giudizio privo di misericordia. Perché allora il mondo non dovrebbe
essere giudicato nello stesso modo nel quale esso giudica?” (Paolo Pasqualucci)
di Piero Vassallo
La regina Maria I Tudor (1516-1558)
restituì, per la durata del suo breve regno (1553-1558) l’Inghilterra a
Cristo. Amata dal suo popolo fu odiata dalle canaglie, gaudenti una ricchezza
turpe, ottenuta grazie al furto dei beni ecclesiastici commesso da Enrico VIII,
il re posseduto dal delirio teologico discendente da una implacabile infezione libertina.
La
intrepida regina restaurò la Santa Messa e ripristinò l’ordine turbato e
devastato dall’odio viscerale nutrito da Enrico VIII contro i cattolici, ai
suoi occhi colpevoli di fedeltà a Clemente VII (1478-1534), il papa che aveva
negato la consacrazione dell’amorazzo adulterino del re con la cortigiana Anna
Bolena, rapporto da cui era nata la futura regina Elisabetta.
L’orgoglio
smisurato e il rovente fanatismo del re scismatico, autore dell’empio Act of Supremacy,
che dichiarava il re capo supremo della chiesa d’Inghilterra, avevano diviso la
nazione e incrementato quella devastante miseria, che è narrata negli scritti
di San Tommaso Moro (1478-1535) il sapiente refrattario all’ideologia
divorzista, che fu fatto decapitare dal
folle re.
Il
divieto del padre Enrico VIII aveva impedito a Maria, cattolica irriducibile,
di apprendere la scienza politica. La madre, la devota e irriducibile Caterina
d’Aragona, le insegnò a giudicare la salvezza delle anime superiore ad ogni
altro bene. La dottrina cattolica le fu insegnata dalla Beata Margaret Pole,
che sarà martirizzata dagli eretici nel 1541.
Hilaire
Belloc ha dimostrato che Maria Tudor “possedeva
una solida virtù e una chiara impostazione morale, mentre Elisabetta possedeva
una certa tenacia senza scopo e combinata con il suo capriccio“.
Maria,
salita al trono dopo la morte di Enrico VIII e del successore, il suo
fratellastro, il cagionevole Edoardo VI, fu amata dal suo popolo perché
riabilitò la Messa cattolica, fece rimpatriare il cardinale Reginald Pole
(1500-1558) e i sacerdoti fedeli al papa e restituì ai conventi la proprietà
delle terre destinate all’uso dei contadini poveri.
Fu
odiata dall’oligarchia scismatica, da lei privata del bottino, detestata dal
clero eretico e corrotto e finalmente calunniata da una storiografia asservita
ai perpetui e oscuri poteri della menzogna e del disordine.
Sposa
del grande Filippo II di Spagna, Maria Tudor desiderò ardentemente un figlio
cui affidare il compito di proseguire la missione finalizzata alla
restaurazione cattolica.
Delusa
la sua attesa, morì rassegnata al volere di Dio e lasciò l’eredità del regno
alla sorellastra, la miscredente e ipocrita Elisabetta, che, fingendo,
professava la fede cattolica.
In
quanto figlia illegittima di Enrico VIII e di Anna Bolena, Elisabetta non aveva
diritto alla successione, vero è che il papa non riconobbe il suo regno. E con
piena ragione poiché il primo atto del regno elisabettiano fu la profanazione
della Messa cattolica. Elisabetta, preso atto dell’ostilità del papato (sarà
scomunicata da San Pio V nel 1570) gettò la pia maschera:
sostenne apertamente la fazione anglicana, promosse la persecuzione dei
cattolici e avviò una politica intesa a rovesciare l’alleanza con la Spagna. La
fortuna della regina impropriamente detta vergine,
si deve in larga misura al grave errore di Filippo II, che ostacolò l’ascesa al
trono d’Inghilterra di Maria Stuarda, perché la regina di Scozia era favorevole
a un accordo con il regno di Francia piuttosto che con la monarchia ispanica.
In tal modo iniziò quella trionfale marcia dell’impero britannico, che fu
macchiata dalla ferocia e dall’untuosa empietà, prima di scivolare nell’impero
delle banche d’America e di raggiungere il suo squillante/imbalsamante epilogo
nei torridi fumetti della birichina principessa Diana e nelle alte ombre della pedofilia intorno alla regia
corte.
Per
fare luce sulla vera storia di Maria Tudor il grande scrittore e sacerdote
cattolico Robert Hugh Benson (1871-1914) scrisse, nel 1907, una magnifica
storia romanzata, La Tragedia della Regina. Maria Tudor, sovrana incompresa, che è riproposta da Fede e Cultura, casa
editrice in Verona (il volume di pagine 365 è in vendita nelle librerie
cattoliche a euro 15 – per acquisti on line cliccare sul titolo).
Geniale
e instancabile scrittore, Benson fu uno dei protagonisti della insorgenza
spirituale e culturale, che, all’inizio del ventesimo secolo, destò la speranza
di una rinascita cattolica in Inghilterra.
Protagonisti
del romanzo sono personaggi storici e personaggi inventati da una fantasia che
mai sconfina nell’inverosimile.
Il
profilo della regina è disegnato con un’arte che mai si discosta dalla verità
storica: Benson, pur non nascondendo le debolezze di Maria Tudor riconobbe e
apprezzò la sincerità della fede da lei professata e le attribuì il
merito di aver sconfitto i promotori dello scisma “che
avevano strappato il Corpo di Cristo dalle loro chiese”.
Il
celebre romanziere rammentò inoltre che la regina cattolica difese e protesse i
poveri “i teneri agnelli che avevano pianto così
pietosamente da villaggi e strade, vagando senza un pastore, soffrendo la fame
per mancanza di cibo salutare“.
D’altra
parte Benson affermò e dimostrò la doppiezza e l’arroganza di Elisabetta: nel
romanzo il minaccioso discorso, con cui la futura regina vergine tenta di indurre al tradimento uno
studioso fedele a Maria, è un capolavoro di letteratura al servizio della
verità storica.
Il
romanzo di Benson, libro che non può mancare in una biblioteca seria, si
raccomanda quale efficace antidoto all’anglofilia squillante nei pensieri
della più retriva e sciocca borghesia italiana. E come lettura disintossicante,
necessaria agli irriducibili, che intendono interrompere e spezzare il vizioso circolo ecumenico avviato dagli ammiratori degli
avvoltoi in volo modernizzante sopra l’infelice Concilio Vaticano II.
giovedì 10 agosto 2017
Il divorzio fu l’occasione perduta – Editoriale di agosto 2017 di “Radicati nella fede”
Nella festa dello Stauroforo S.
Lorenzo, protodiacono e martire, rilanciamo l’editoriale di Radicati nella fede,
ripreso da Riscossa
cristiana.
Valerio Castello, Martirio di S. Lorenzo, XVII sec., Palazzo Bianco, Genova |
José Juárez, Martirio di S. Lorenzo, 1655 circa |
Jean-Baptiste de Champaigne, Martirio di S. Lorenzo, 1660 circa, National Gallery of Art, Washington D.C. |
Giambettino Cignaroli, Martirio di S. Lorenzo, 1755 circa, chiesa di S. Lorenzo, Brescia |
IL
DIVORZIO FU L’OCCASIONE PERDUTA
Editoriale di
"Radicati nella fede"
Anno X n. 8 - Agosto 2017
Non c’è niente da fare, nessuno
ci toglierà dalla testa che il cambiamento della Messa, operato dalla Chiesa
con un autoritarismo senza precedenti a fine anni ‘60, fu il “cavallo di Troia”
con il quale entrarono tutte le più devastanti derive nel mondo cattolico.
Il Concilio Vaticano II,
pastorale per espressa volontà dei Papi Giovanni XXIII prima e Paolo VI poi, si
era ormai concluso. I testi, nella loro prolissità e stile discorsivo, avevano
confermato tutti nella propria opinione: i Conservatori erano convinti che
nulla fosse cambiato nella sostanza della Tradizione Cattolica; i Progressisti
invece, rumorosi ma in fondo minoranza all’epoca, avevano salutato l’avvento di
un’era totalmente nuova. Ognuno cercava nei testi la conferma delle proprie
opinioni e attitudini. Chi è vissuto in quegli anni può confermare tutto
questo, testimoniando della storia della propria parrocchia.
Intervenne, a quattro anni dalla
chiusura del Concilio, la nuova messa e tutto poteva diventare chiaro.
Con la nuova messa, valida in sé
ma non buona come tentiamo di dire da sempre (cfr. editoriale “Radicati nella
fede”, anno V, marzo 2012, n. 3), non sarebbe stato possibile interpretare il
Concilio in continuità con il passato della Chiesa Cattolica. La nuova messa
diede la chiave ermeneutica secondo cui il Concilio Vaticano II è una “nuova
Pentecoste”, il punto sorgivo di un Cristianesimo liberatosi dalla zavorra del
suo passato, capace di scelte più pure che il mondo moderno avrebbe presto
accolto con commovente entusiasmo.
I cosiddetti Conservatori, a volte molto moderati, si illusero ancora che la rivoluzione progressista si sarebbe presto spenta, come ogni giovanile entusiasmo. Quante volte sentimmo, e sentiamo ancora, che basterebbe celebrare con rispetto e devozione la nuova messa per arginare il disastro. A questa corrisponde un’altra illusione, che sia possibile intendere i documenti del Concilio in senso moderato-conservatore, in totale continuità con la Tradizione della Chiesa Cattolica Romana.
Lasciamo ad altri le analisi dettagliate al riguardo, non farebbero il caso in un semplice editoriale di due pagine. A noi tocca ricordare che basterebbero i fatti susseguitisi nella società italiana, oltre che nella Chiesa, per dar prova che la nuova Messa innescò la rivoluzione con la sua ermeneutica di rottura.
I cosiddetti Conservatori, a volte molto moderati, si illusero ancora che la rivoluzione progressista si sarebbe presto spenta, come ogni giovanile entusiasmo. Quante volte sentimmo, e sentiamo ancora, che basterebbe celebrare con rispetto e devozione la nuova messa per arginare il disastro. A questa corrisponde un’altra illusione, che sia possibile intendere i documenti del Concilio in senso moderato-conservatore, in totale continuità con la Tradizione della Chiesa Cattolica Romana.
Lasciamo ad altri le analisi dettagliate al riguardo, non farebbero il caso in un semplice editoriale di due pagine. A noi tocca ricordare che basterebbero i fatti susseguitisi nella società italiana, oltre che nella Chiesa, per dar prova che la nuova Messa innescò la rivoluzione con la sua ermeneutica di rottura.
E i fatti che accadono, anche
quelli di portata cattiva, se guardati con intelligenza di fede, sono sempre
provvidenziali, perché sono avvisi di Dio.
La nuova messa del popolo e per
il popolo era stata da poco introdotta a forza, che la stessa Chiesa italiana
si trovò difronte ai drammatici giorni del Referendum sul Divorzio, era il
1974. La campagna referendaria fu il terreno di scontro tra le due anime,
conservatrice e progressista, della chiesa italiana. La campagna referendaria
fu il terreno di scontro delle due ermeneutiche del Concilio: una si illudeva
di poter riaffermare il valore di un cattolicesimo anche di Stato, l’altra
abbandonata al più puro laicismo affermava che ogni individuo deve essere
tutelato, nella propria libertà assoluta, dallo Stato agnostico.
Lunedì 14 Maggio i risultati
referendari furono di una tristezza agghiacciante per i buoni parroci del
tempo: nell’Italia, che si pensava ancora cattolica, aveva vinto il divorzio
con il 59,26%. E quel 59% a favore del mantenimento del divorzio era
tristemente in gran parte voto di cattolici.
Sarebbe bastato questo per far
aprire gli occhi a tutti, pastori e fedeli. Sarebbe bastato quel 59% per
reagire alla deriva modernista e rivoluzionaria della Chiesa.
Ma così non fu... i buoni, preti
e fedeli, si dissero ancora che la nuova messa non centrava, che era il
problema dei tempi e della politica.
Arrivò poi il 1981 e fu il tempo
dell’aborto, del terribile aborto, e fu l’ecatombe dei numeri: l’aborto vinse
con l’88,42%: si era ormai consumata la scristianizzazione dell’Italia.
Ma ancora una volta non si andò a
vedere dove tutto si era innescato: la nuova messa aveva liberalizzato, nella
sua ambiguità e fluidità, tutte le peggiori interpretazioni per un nuovo
cristianesimo senza dogmi e obblighi morali. I cristiani cosiddetti “adulti”
avrebbero ormai seguito la loro coscienza reinterpretando di volta in volta il
vangelo secondo i propri gusti, puntualmente obbedienti peraltro al potere
omicida di questo mondo.
E la storia potrebbe continuare
fino ai nostri tristissimi giorni. C’è qualcosa di immorale che non trovi
cattolici benedicenti? Abbiamo ammesso tutto, tutto e di più, “asfaltando” in
nome della libertà individuale tutta la Sacra Scrittura e duemila anni di
Cristianesimo. Abbiamo ammesso tutto, benedetto tutto, fingendo di non parlarne
troppo.
E se fosse vero che tutto è
potentemente iniziato con lo smantellamento della Messa di sempre? E se la
questione del rito non fosse solo un problema secondario? O continueremo ad
illuderci che questo non centra come i buoni preti e fedeli degli anni ‘60 e ‘70?
Speriamo che qualche intelligente
dal cuore semplice si desti dal sonno.