Nella
festa di S. Domenico di Guzman, fondatore dell’ordine dei Predicatori,
rilanciamo questo breve saggio del prof. De Mattei, pubblicato anche da Rorate
caeli.
Il Concilio Vaticano II e il messaggio di Fatima
di Roberto de
Mattei
Rorate
Coeli, Corrispondenza
Romana e altre testate cattoliche, hanno ospitato un pregevole
intervento di mons. Athanasius Schneider sull’«interpretazione del Concilio
Vaticano II e la sua relazione con l’attuale crisi della Chiesa» [v.
anche Chiesa
e postconcilio, 22.7.2017; ivi,
23.7.2017, ndr.]. Secondo il vescovo ausiliare di Astana, il
Vaticano II fu un Concilio pastorale ei suoi testi vanno letti e giudicati alla
luce del perenne insegnamento della Chiesa.
Infatti, «da un
punto di vista oggettivo, le affermazioni del Magistero (papi e concili) di
carattere definitivo hanno più valore e peso rispetto ai pronunciamenti di
carattere pastorale, che hanno naturalmente una qualità mutabile e temporanea a
seconda delle circostanze storiche o che rispondono a situazioni pastorali di
un certo periodo di tempo, come avviene per la maggior parte delle affermazioni
del Vaticano II».
All’articolo di mons.
Schneider ha fatto seguito, il 31 luglio, un equilibrato commento di don Angelo
Citati FSPX (http://www.sanpiox.it/attualita/1991-suaviter-in-modo-fortiter-in-re,
ripreso anche qui),
secondo il quale la posizione del vescovo tedesco ricorda molto da vicino
quella ribadita costantemente da mons. Marcel Lefebvre: «Dire che valutiamo
i documenti del Concilio “alla luce della Tradizione” vuol dire, evidentemente,
tre cose inscindibili: che accettiamo quelli che sono conformi alla Tradizione;
che interpretiamo secondo la Tradizione quelli che sono ambigui; che
respingiamo quelli che sono contrari alla Tradizione» (Mons. M.
Lefebvre, Vi trasmetto quello che ho ricevuto. Tradizione perenne e
futuro della Chiesa, a cura di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, Sugarco
Edizioni, Milano 2010, p. 91).
Essendo stato
pubblicato sul sito ufficiale del Distretto italiano, l’articolo di don Citati
ci aiuta anche a comprendere quale potrebbe essere la base di un accordo per
regolarizzare la situazione canonica della Fraternità San Pio X. C’è da
aggiungere che, sul piano teologico, tutte le distinzioni possono e debbono
essere fatte per interpretare i testi del Vaticano II, che è stato un Concilio
legittimo: il ventunesimo della chiesa cattolica. II suoi documenti potranno di
volta in volta essere definiti pastorali o dogmatici, provvisori o definitivi,
conformi o difformi alla Tradizione.
Mons. Brunero
Gherardini, nelle sue ultime opere ci offre un esempio di come un giudizio
teologico può essere articolato, se vuole essere preciso (Il Concilio
Vaticano II un discorso da fare, Casa Mariana, Frigento 2009 e Id.,Un
Concilio mancato, Lindau, Torino 2011). Ogni testo, per il teologo, ha
una diversa qualità e un diverso grado di autorità e di cogenza. Il dibattito è
dunque aperto.
Sul piano storico
però, il Vaticano II costituisce un blocco non scomponibile: ha una sua unità,
una sua essenza, una sua natura. Considerato nelle sue radici, nel suo
svolgimento e nelle sue conseguenze, esso può essere definito una Rivoluzione,
nella mentalità e nel linguaggio, che ha profondamente modificato la vita della
Chiesa, avviando una crisi religiosa e morale senza precedenti. Se il giudizio
teologico può essere sfumato e comprensivo, quello storico è impietoso e senza
appello. Il Concilio Vaticano II non fu solo un Concilio mancato o fallito: fu
una catastrofe per la Chiesa.
Poiché quest’anno
ricorre il centenario delle apparizioni di Fatima, soffermiamoci solo su questo
punto. Quando, nell’ottobre del 1962, si aprì il Vaticano II, i cattolici di
tutto il mondo attendevano lo svelamento del Terzo Segreto e la consacrazione
della Russia al Cuore Immacolato di Maria. L’Armata Azzurra di John Haffert
(1915-2001), conduceva da anni una massiccia campagna a questo riguardo.
Quale occasione migliore
per Giovanni XXIII (morto il 3 giugno 1963), Paolo VI e i circa 3000 vescovi
riuniti attorno a loro, nel cuore della Cristianità, di corrispondere in
maniera corale e solenne ai desideri della Madonna? Il 3 febbraio 1964, mons.
Geraldo de Proença Sigaud consegnò personalmente a Paolo VI una petizione
sottoscritta da 510 presuli di 78 Paesi, in cui si implorava che il Pontefice,
in unione con tutti i vescovi, consacrasse il mondo, e in maniera esplicita la
Russia, al Cuore Immacolato di Maria. Il Papa e la maggioranza dei Padri
conciliari ignorò l’appello. Se la consacrazione richiesta fosse stata fatta,
una pioggia di grazie sarebbe caduta sull’umanità. Un movimento di ritorno alla
legge naturale e cristiana si sarebbe avviato.
Il comunismo sarebbe caduto
con molti anni di anticipo, in maniera non fittizia, ma autentica e reale. La
Russia si sarebbe convertita e il mondo avrebbe conosciuto un’epoca di pace e
di ordine. La Madonna lo aveva promesso. La mancata consacrazione fece sì che
la Russia continuasse a diffondere i suoi errori nel mondo e che questi errori
conquistassero i vertici della Chiesa, attirando un terribile castigo per
l’umanità intera. Paolo VI e la maggioranza dei Padri conciliari si assunsero
una responsabilità storica, di cui oggi misuriamo le conseguenze.
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