venerdì 4 agosto 2017

Il Concilio Vaticano II e il messaggio di Fatima

Nella festa di S. Domenico di Guzman, fondatore dell’ordine dei Predicatori, rilanciamo questo breve saggio del prof. De Mattei, pubblicato anche da Rorate caeli.















  








Il Concilio Vaticano II e il messaggio di Fatima

di Roberto de Mattei


Rorate CoeliCorrispondenza Romana e altre testate cattoliche, hanno ospitato un pregevole intervento di mons. Athanasius Schneider sull’«interpretazione del Concilio Vaticano II e la sua relazione con l’attuale crisi della Chiesa» [v. anche Chiesa e postconcilio, 22.7.2017; ivi, 23.7.2017, ndr.]. Secondo il vescovo ausiliare di Astana, il Vaticano II fu un Concilio pastorale ei suoi testi vanno letti e giudicati alla luce del perenne insegnamento della Chiesa.
Infatti, «da un punto di vista oggettivo, le affermazioni del Magistero (papi e concili) di carattere definitivo hanno più valore e peso rispetto ai pronunciamenti di carattere pastorale, che hanno naturalmente una qualità mutabile e temporanea a seconda delle circostanze storiche o che rispondono a situazioni pastorali di un certo periodo di tempo, come avviene per la maggior parte delle affermazioni del Vaticano II».
All’articolo di mons. Schneider ha fatto seguito, il 31 luglio, un equilibrato commento di don Angelo Citati FSPX (http://www.sanpiox.it/attualita/1991-suaviter-in-modo-fortiter-in-re, ripreso anche qui), secondo il quale la posizione del vescovo tedesco ricorda molto da vicino quella ribadita costantemente da mons. Marcel Lefebvre: «Dire che valutiamo i documenti del Concilio “alla luce della Tradizione” vuol dire, evidentemente, tre cose inscindibili: che accettiamo quelli che sono conformi alla Tradizione; che interpretiamo secondo la Tradizione quelli che sono ambigui; che respingiamo quelli che sono contrari alla Tradizione» (Mons. M. Lefebvre, Vi trasmetto quello che ho ricevuto. Tradizione perenne e futuro della Chiesa, a cura di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, Sugarco Edizioni, Milano 2010, p. 91).
Essendo stato pubblicato sul sito ufficiale del Distretto italiano, l’articolo di don Citati ci aiuta anche a comprendere quale potrebbe essere la base di un accordo per regolarizzare la situazione canonica della Fraternità San Pio X. C’è da aggiungere che, sul piano teologico, tutte le distinzioni possono e debbono essere fatte per interpretare i testi del Vaticano II, che è stato un Concilio legittimo: il ventunesimo della chiesa cattolica. II suoi documenti potranno di volta in volta essere definiti pastorali o dogmatici, provvisori o definitivi, conformi o difformi alla Tradizione.
Mons. Brunero Gherardini, nelle sue ultime opere ci offre un esempio di come un giudizio teologico può essere articolato, se vuole essere preciso (Il Concilio Vaticano II un discorso da fare, Casa Mariana, Frigento 2009 e Id.,Un Concilio mancato, Lindau, Torino 2011). Ogni testo, per il teologo, ha una diversa qualità e un diverso grado di autorità e di cogenza. Il dibattito è dunque aperto.
Sul piano storico però, il Vaticano II costituisce un blocco non scomponibile: ha una sua unità, una sua essenza, una sua natura. Considerato nelle sue radici, nel suo svolgimento e nelle sue conseguenze, esso può essere definito una Rivoluzione, nella mentalità e nel linguaggio, che ha profondamente modificato la vita della Chiesa, avviando una crisi religiosa e morale senza precedenti. Se il giudizio teologico può essere sfumato e comprensivo, quello storico è impietoso e senza appello. Il Concilio Vaticano II non fu solo un Concilio mancato o fallito: fu una catastrofe per la Chiesa.
Poiché quest’anno ricorre il centenario delle apparizioni di Fatima, soffermiamoci solo su questo punto. Quando, nell’ottobre del 1962, si aprì il Vaticano II, i cattolici di tutto il mondo attendevano lo svelamento del Terzo Segreto e la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria. L’Armata Azzurra di John Haffert (1915-2001), conduceva da anni una massiccia campagna a questo riguardo.
Quale occasione migliore per Giovanni XXIII (morto il 3 giugno 1963), Paolo VI e i circa 3000 vescovi riuniti attorno a loro, nel cuore della Cristianità, di corrispondere in maniera corale e solenne ai desideri della Madonna? Il 3 febbraio 1964, mons. Geraldo de Proença Sigaud consegnò personalmente a Paolo VI una petizione sottoscritta da 510 presuli di 78 Paesi, in cui si implorava che il Pontefice, in unione con tutti i vescovi, consacrasse il mondo, e in maniera esplicita la Russia, al Cuore Immacolato di Maria. Il Papa e la maggioranza dei Padri conciliari ignorò l’appello. Se la consacrazione richiesta fosse stata fatta, una pioggia di grazie sarebbe caduta sull’umanità. Un movimento di ritorno alla legge naturale e cristiana si sarebbe avviato.
Il comunismo sarebbe caduto con molti anni di anticipo, in maniera non fittizia, ma autentica e reale. La Russia si sarebbe convertita e il mondo avrebbe conosciuto un’epoca di pace e di ordine. La Madonna lo aveva promesso. La mancata consacrazione fece sì che la Russia continuasse a diffondere i suoi errori nel mondo e che questi errori conquistassero i vertici della Chiesa, attirando un terribile castigo per l’umanità intera. Paolo VI e la maggioranza dei Padri conciliari si assunsero una responsabilità storica, di cui oggi misuriamo le conseguenze.

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