Ieri
abbiamo appreso la triste notizia della dipartita improvvisa del compianto
card. Carlo Caffarra, arcivescovo emerito di Bologna.
Certo,
era malato da tempo, ma nulla lasciava presagire una dipartita imminente o prossima,
sebbene ad un auspicio sui suoi ottanta anni, che avrebbe celebrato l’anno
prossimo, aveva chiosato – a mo’ di battuta – «Spero poterli festeggiare in
Paradiso».
L’avevamo
incontrato non molti giorni fa e, sebbene un po’ provato, aveva uno spirito
vivace ed attivo. Ed era soprattutto un uomo di preghiera. L’abbiamo visto,
infatti, di primo mattino, quasi all’alba, immerso nell’orazione silenziosa
del Breviario, cui dedicava – lo possiamo dire per averlo visto con i nostri
occhi – non meno di un paio d’ore, cui seguiva la S. Messa, celebrata con grande
trasporto e convinzione.
Della sua Messa, cui abbiamo avuto la grazia di assistere, ci ha colpito il momento della consacrazione, allorché elevava l’Ostia ed il Calice a tal punto da alzarsi quasi sulle punte dei piedi; elevava l’Ostia ed Calice finché poteva, il più possibile per lui, stendendo al massimo le braccia. Questo ci ha impressionato non poco. Il Cardinale sembrava quasi voler offrire, dopo le parole consacratorie, la massima visibilità alle Sacre Specie perché fossero adorate e con lui, anche i fedeli, si stupissero delle meraviglie del Signore per il Miracolo della Transustanziazione compiutosi sull’Altare.
Della sua Messa, cui abbiamo avuto la grazia di assistere, ci ha colpito il momento della consacrazione, allorché elevava l’Ostia ed il Calice a tal punto da alzarsi quasi sulle punte dei piedi; elevava l’Ostia ed Calice finché poteva, il più possibile per lui, stendendo al massimo le braccia. Questo ci ha impressionato non poco. Il Cardinale sembrava quasi voler offrire, dopo le parole consacratorie, la massima visibilità alle Sacre Specie perché fossero adorate e con lui, anche i fedeli, si stupissero delle meraviglie del Signore per il Miracolo della Transustanziazione compiutosi sull’Altare.
Un
uomo di preghiera, dunque. Del resto,
solo vivendo in una profonda dimensione spirituale poteva elargire un sì saggio,
illuminato e cattolico insegnamento; solo vivendo un’intima unione con Dio
poteva attingere la forza di difendere le grandi verità morali sul matrimonio, sulla
famiglia e sulla vita dinanzi ad un mondo incredulo, ateo ed edonista; solo
vivendo in Dio poteva trovare il coraggio per contestare gli errori insinuatisi
nella Chiesa, pur in alto loco, riuscendo a vedere gli attacchi del grande
nemico di Dio contro la sua santa Legge (v. Luigi Amicone, È morto il cardinale Caffarra: «Bisogna
che il popolo combatta per la legge come per le mura della città», in Tempi,
19.6.2015; «Nello scontro tra Dio e Satana, siamo chiamati a
testimoniare pubblicamente, Non a scappare come disertori», in Il
Timone, 7.9.2017. Cfr. Carlo
Caffarra, «Aborto e omosessualità, così Satana sfida Dio», in LNBQ,
21.5.2017; I Dossier di BQ sul card. Caffarra, ivi; Francesco Agnoli, Quel conforto che Caffarra riceveva da Benedetto XVI, ivi, 9.9.2017; Diane Montangna, Intervista esclusiva al Cardinale Caffarra: “Quanto mi ha scritto Suor Lucia si sta adempiendo oggi”, in Aleteia, 22.5.2017; Fabio Belli, Il Cardinal Caffarra e Fatima: e profezie di Suor Lucia si stanno avverando?, in Il sussidiario, 24.5.2017; Dorothy Cummings McLean - Pete Baklinski, Abortion, homosexuality show ‘final battle’ between God and Satan has come: Cardinal, in Lifesitenews, May 19th, 2017).
Nel
ricordo imperituro dell’insigne prelato, affidando la sua anima alla
misericordia di Dio, affinché lo accolga nella grande Liturgia Celeste come
servo buono e fedele, rilanciamo questo contributo del prof. Livio Melina.
Augustinus
Ci sarà padre per
sempre
di Livio Melina
Man mano che le emozioni
si placano nella preghiera, il primo momento di smarrimento per l’irreparabile
perdita di un Maestro e di un Padre si trasforma nella coscienza grata di un
dono ricevuto, così prezioso e unico, che, essendo radicato in Dio, neppure la
morte può togliere. Chi ci è stato Padre nella verità, resta padre per sempre.
E, in
effetti, come ogni autentico Maestro, il cardinale Carlo Caffarra, non
legava a sé o a proprie idee, ma aiutava a guardare insieme ad una Verità più
grande, da amare, ricercare e onorare senza calcoli umani e riserve. Una Verità
che per lui era una Persona. Chi ha avuto il dono di essergli discepolo non può
dimenticare l’esperienza affascinante di chiarezza, cui introducevano le sue
lezioni, mentre offrivano una visione nuova della teologia morale.
Superando
gli schematismi dell’impostazione casuistica, che contrappone la
norma alla coscienza e resta invischiata nel dibattitto sterile tra rigorismo e
lassismo, egli ci ha indicato che l’origine della dinamica morale consiste
nell’incontro con Cristo e ci ha mostrato come la verità sul bene apre un
cammino di pienezza di vita, in armonia col disegno che Dio Creatore ha scritto
nel cuore di ogni uomo.
La chiarezza cristallina
dell’insegnamento non era quindi in nessun modo rigidità ignara della
complessità della vita concreta, ma piuttosto luce che mobilita per un cammino
di conversione e di crescita verso il compimento della propria umanità, nella
fiducia che la Grazia di Dio sempre rende possibile ciò che comanda. Radicando
nel dono dell’Alleanza tra Cristo e la Chiesa la sua comprensione del
sacramento del matrimonio, egli ne ha delineato i tratti di una dimora di
edificazione umana ed ecclesiale e di una vera e propria via alla santità.
Come
la sapienza orientale riconosce, i veri maestri sono i “genitori del
cuore”, e quindi anche i padri del nostro spirito. Essi continuano a vivere e
ad operare in noi, chiedendo ascolto ed ospitalità alla nostra libertà e
fruttificando nelle nostre opere.
Come
sacerdote appassionato di Cristo e della Chiesa, il card. Carlo
Caffarra ha esercitato una paternità nutrita di semplice e concreta
sollecitudine per le persone, con una spiccata capacità di creare attorno a sé
comunione di vita e spirito di fraternità, entusiasmando al lavoro comune. La
grande stima e amicizia, di cui lo aveva privilegiato san Giovanni Paolo II, si
concretizzò in maniera unica nell’opera di costruzione del Pontificio Istituto
per Studi su Matrimonio e Famiglia, per il quale egli donò le sue energie, il
suo amore, la sua creatività. Egli poi la sviluppò secondo nuove dimensioni e
traiettorie come Arcivescovo di Ferrara e poi di Bologna, senza mai dimenticare
la centralità del matrimonio e della famiglia nella nuova evangelizzazione.
L’amore
senza riserve a Cristo, alla Chiesa e al Papa ha sempre avuto
per lui la forma di una testimonianza limpida e franca per la Verità, priva di
compromessi e infingimenti, per vantaggi personali o per amore del comodo. Per
questo, fino all’ultimo ha saputo spendersi ed esporsi, affrontando
incomprensioni, ostilità e perfino umiliazioni e derisioni, convinto che la
forma più vera di amore e il miglior servizio che avrebbe potuto dare alla
Chiesa e al Papa era la fedeltà alla propria coscienza e alla voce di Dio, che
in essa risuona.
È
morto nell’anno centenario dei messaggi di Fatima e la misteriosa
lettera scrittagli da suor Lucia in riferimento alla sua missione fondativa
dell’Istituto gli permetteva di comprendere il momento presente come parte
dello scontro definitivo di Cristo col Nemico, che sarebbe avvenuto proprio sul
terreno del matrimonio e della famiglia cristiana, secondo le parole della
veggente. Egli ha offerto la sua vita per questo, con generosa e limpida
testimonianza. Che il Signore renda fruttuoso per noi questo sacrificio, in un
momento così drammatico della vita della Chiesa e del mondo!
Per
lui dunque sono particolarmente appropriate le parole dell’Apostolo: «Ho combattuto
la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora
mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice mi
consegnerà in quel giorno, e non solo a me, ma anche a tutti coloro che
attendono con amore la sua manifestazione» (II Tim 4, 8).
Fonte: LNBQ,
7.9.2017
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