Ebbene
sì. Non appaia blasfema questa nostra sortita volutamente provocatoria. Per
esclusione, infatti, è questa la logica conseguenza: che i grandi Santi ispirati
e sollevati nello spirito del Concilio di Trento e della Controriforma, come S.
Pio V, S. Carlo Borromeo, S. Filippo Neri, S. Ignazio di Loyola, S. Roberto
Bellarmino, S. Lorenzo di Brindisi, S. Teresa d’Avila, S. Giovanni della Croce,
ecc., sino ad arrivare ai Santi alle soglie del XX sec. come S. Giovanni Bosco,
S. Giuseppe Benedetto Cottolengo, S. Domenico Savio, ecc., tutti ispirati dal
Concilio tridentino sarebbero stati, in verità, ispirati dal Nemico di Dio!
C’è
poco da discutere. Se un sedicente Segretario dei “Vescovi” italiani come il
sig. Galantino si spinge ad affermare che l’eresiarca Lutero sia stato ispirato
– nella sua opera di riforma protestante – addirittura dal Paraclito, la
conseguenza – inevitabile – è che chi si è opposto a tale azione – come i Santi
sopra menzionati – sarebbero stati ispirati, a loro volta, dall’Avversario, dal
Serpente antico! Delle due l’una. Non può ammettersi in entrambe le parti una
pari ispirazione dello Spirito Santo, perché, in tal caso, si dovrebbe
affermare che esso è contraddittorio ed illogico: lo Spirito non potrebbe
ispirare un’azione ed il suo contrario. Questo sembra evidente.
Necessariamente, dunque, deve concludersi che se Lutero sarebbe stato ispirato
dallo Spirito, i Santi ed il Concilio tridentino sarebbero stati sotto l’egida
dell’antico Nemico di Dio, nell’Opposto dello Spirito cioè.
Questa
vera e propria bestemmia e blasfemia del Segretario della CEI, col
silenzio complice e compiaciuto del “vescovo” di Roma e del presidente della
CEI, sig. Bassetti, denota il degrado di fede in cui i “vescovi” italiani sono
caduti: sono persone sostanzialmente atee, non cattoliche, apostate!
Non
sono gli unici. Una serie di articoli della Civiltà (ex) cattolica
di quest’anno 2017 celebrano con entusiasmo la figura sempre di questo
eresiarca, dipingendolo quasi come un incompreso dalla Chiesa del suo tempo
(addebitando, dunque, la responsabilità della sua disobbedienza alla Chiesa
cattolica! cfr. Mauro Faverzani, Per
i 500 anni di Lutero ora è la Chiesa ad autoaccusarsi, in Corrispondenza
romana, 29.6.2016); uno dalla vocazione sincera (e non, invece, un
gaglioffo, uno scampato alla forca, che, per sfuggire alla condanna a morte per
un omicidio di un suo compagno di studi, decise di diventare monaco, contando
sull’immunità che gli garantivano le mura monastiche: v. Martin
Lutero, assassino e suicida, in Gloria.tv,
11.9.2016). Insomma, quasi un santo, a parere della Civiltà (ex) cattolica.
Ecco
alcuni esempi: «La questione dirimente è stata forse la pretesa, da parte sia
della Chiesa di Roma sia di Lutero, di incarnare in toto la verità e di
esserne dispensatori. Eppure, nonostante tutto, non si può negare il ruolo che
Lutero ha avuto come testimone della fede» (Giancarlo
Pani, Martin Lutero, cinquecento anni dopo, in Civ.
Catt., 2017, vol. IV, q. 4016, pp. 119 ss.). In questo enunciato,
evidentemente eretico e scandaloso, ci sta tutto il neo-modernismo degli
odierni ecclesiastici.
«L’esattezza
di certe formule, la critica al proverbio tradizionale secondo cui desperatio
facit monachum, il problema della validità del voto, il rapporto
conflittuale con il padre e il contesto della scelta fanno propendere
decisamente per una vocazione autentica» (Id.,
La vocazione di Martin Lutero, ivi,
vol. III, q. 4014, pp. 463 ss.).
«Oggi,
a posteriori, è abbastanza ovvio affermare che il confronto con Lutero
non sarebbe stato facile, e quasi certamente sarebbe fallito. Di fatto,
purtroppo, non ci fu» (Id., Il
processo a Lutero e la scomunica, ivi,
vol. I, q. 4000, pp. 364 ss.).
«Lo
storico Erwin Iserloh ha dimostrato che l’affissione delle Tesi non è storia,
ma leggenda, e per di più contraddice l’intenzione del riformatore. Il 31
ottobre Lutero scrive ai vescovi interessati per un problema di fede, di
coscienza e di pastorale: la predicazione delle indulgenze per la fabbrica di
San Pietro è ingannevole perché garantisce la salvezza. Nessuno è sicuro della
propria salvezza. Il vescovo deve predicare non le indulgenze, ma il Vangelo e
le opere di carità» (Id., L’affissione
delle 95 tesi di Lutero: storia o leggenda, ivi,
2016, vol. IV, q. 3993, pp. 213 ss.).
Quando
la Civiltà era ancora pienamente cattolica, ecco quanto scriveva
dell’eresiarca:
«tutto
il sistema di Lutero riposa sul falso: nella Scrittura non c’è un testo che lo
legittimi. Lutero con audacia bronzea torse in parte violentemente la
Scrittura, e in parte vi sostituì le sue falsificazioni» (Lutero e
Luteranismo, in Civ.
catt., 1918, vol. I, pp. 132 ss., partic. p. 141).
Avvenire
e la CEI non sono da meno. Cfr. Mimmo Muolo, Vincenzo Paglia: “La
Riforma? Una felice colpa”, in Avvenire,
6.12.2016; Franco Cardini, L’età moderna? Inizia con le 95 Tesi di Lutero
il 31 ottobre 1517, ivi, 18.8.2017; Giacomo Gambassi, Il
cardinale Bassetti nei luoghi di Lutero, ivi,
2.9.2017; Id., Bassetti nei
luoghi di Lutero, crocevia di riconciliazione, ivi,
8.9.2017. Cfr. la serie di articoli dedicati ai 500 anni della c.d. riforma,
qui.
Si
tratta di falsificazioni storiche e documentali, che aprono la strada alla
probabile “riabilitazione” dell’eresiarca; una strada, per la verità, già
ventilata anche da Benedetto XVI (cfr. Francesca
de Villasmundo, Un colloque au Vatican pour réhabiliter Luther ?,
in Medias-Press.info,
23.3.2017 ed in traduzione italiana qui;
Giuliano Ferrara, Il tribuno
del nuovo gesuitismo che recupera con Lutero anche Pascal, in Il
Foglio, 9.7.2017; Lutero riabilitato. Quando voleva “strappare la
lingua al papa”, in Blitzquotidiano,
3.11.2016; Piero Schiavazzi, Perché
papa Francesco riabilita Lutero, in Limes,
2.11.2016; Lorenzo Bertocchi, Lutero
padre del laicismo e del potere senza il bene, in LNBQ,
27.10.2016; Benedetto XVI, una sintesi purificatrice con i luterani
(nella fede), in Chiesa
e postconcilio, 7.9.2012; Giacomo
Galeazzi, Ratzinger riforma Lutero. Aveva molte idee cattoliche,
in La
Stampa, 5.3.2008). Del resto, non è forse vero che si è sostenuto da più
parti nella Chiesa d’oggi (l’aveva sostenuto persino il “santo” Giovanni Paolo
II!) che le intenzioni del Martin erano buone e sincere (cfr. Lutero e la
Riforma: Bergoglio in continuità con Wojtyla e Ratzinger, in UCCR,
16.2.2017)? Sì, come, del resto, anche quelle che furono di Ario, di
Nestorio, di Giuda Iscariota e persino di Lucifero … . Tutti son partiti con “buone
intenzioni”, salvo poi perdersi lungo la via. Non è forse vero, d’altronde, che
la strada verso l’Inferno è costellata di “buone intenzioni”?
Lutero studiava il modo di uscire dal convento perché non accettava più la castità e il celibato (e quasi sicuramente non le aveva mai accettate, stante l'insincerità della sua vocazione): le sue sedicenti "buone intenzioni" erano solo un pretesto:
«È molto importante sottolineare che il lusso e lo sfarzo, come pure anche la corruzione di buona parte della Curia Romana, non scandalizzarono più di tanto Lutero (come oggi si vuol far credere) — ha scritto il padre domenicano Roberto Coggi –, il quale, a quanto ci risulta, non trasse da ciò alcun turbamento nella sua fede cattolica e nella sua fedeltà nel Romano Pontefice. È quindi falso attribuire la ribellione di Lutero all’autorità ecclesiastica, quale si verificò pochi anni più tardi, a una sua indignazione contro i costumi corrotti del clero» (P. Roberto Coggi, Ripensando Lutero, ESD, Bologna, 2004, p. 9).
Lutero studiava il modo di uscire dal convento perché non accettava più la castità e il celibato (e quasi sicuramente non le aveva mai accettate, stante l'insincerità della sua vocazione): le sue sedicenti "buone intenzioni" erano solo un pretesto:
«È molto importante sottolineare che il lusso e lo sfarzo, come pure anche la corruzione di buona parte della Curia Romana, non scandalizzarono più di tanto Lutero (come oggi si vuol far credere) — ha scritto il padre domenicano Roberto Coggi –, il quale, a quanto ci risulta, non trasse da ciò alcun turbamento nella sua fede cattolica e nella sua fedeltà nel Romano Pontefice. È quindi falso attribuire la ribellione di Lutero all’autorità ecclesiastica, quale si verificò pochi anni più tardi, a una sua indignazione contro i costumi corrotti del clero» (P. Roberto Coggi, Ripensando Lutero, ESD, Bologna, 2004, p. 9).
Noi
preferiamo stare dalla parte della Vera Chiesa Cattolica, dalla parte dei Veri
Santi, dalla parte del Concilio di Trento piuttosto che da quella di codesti
eretici ed apostati, che vogliono lodare l’eresiarca Lutero, che i mistici ci
assicurano giace – sventurato – all’Inferno, torturato, per l’eternità, dagli
angeli decaduti. Egli era, è e rimane un volgare eretico (cfr. Francesco Agnoli, Jacques Maritain
legge Martin Lutero, in Libertà
e persona, 19.10.2017; Id.,
Lutero, un Macchiavelli della fede, in LNBQ,
18.8.2016; Gederson Falcometa,
Giuda, Teilhard de Chardin, Martin Lutero e il Concilio e… i mass media,
in Riscossa
cristiana, 18.10.2017; Principi filosofici e teologici della Riforma
protestante (1517). Un saggio di don Marino Neri, in Vigiliae
Alexandrinae, 22.5.2017, ripreso in Lutero resta un eretico con
buona pace dei “rivisitatori”, in MiL,
30.5.2017), causa e dannazione di molti europei e, diciamolo chiaramente, di
molti ecclesiastici oggi, e distruttore dell’unità europea (cfr. Francesco Agnoli, Carlo Magno e
Lutero: costruzione e distruzione dell’Europa, in Libertà
e persona, 11.10.2017; Stefano
Fontana, La gnosi luterana e la dottrina del potere politico, ivi, 25.3.2017, nonché in Totus tuus,
13.6.2017).
Sull’attuale
situazione ecclesiale, davvero possono riprendersi le parole di S. Gregorio
Magno: «Merorem, Petre, quem cotidie patior, et semper mihi per usum vetus
est, et semper per augmentum novus» (Dialogi, I, 3).
Rilanciamo
per questo l’editoriale de LNBQ, ripreso da Galantino & co su Lutero.
Quello che la Chiesa ha omesso di dire nel 500° anniversario della riforma
protestante, in Il
Timone, 21.10.2017 . Per la notizia sull’uscita galantiniana, cfr. «La
Riforma Protestante un evento dello Spirito Santo». Galantino esalta Martin
Lutero, ivi, 19.10.2017; La Riforma un evento
dello Spirito Santo. Galantino esalta Lutero, in MiL, 20.10.2017; Giuseppe Rusconi, Il vescovo Galantino, il monaco Lutero
e il vescovo Zambito, in Rossoporpora,
20.12.2017; Francesca de Villasmundo,
I vescovi italiani riabilitano Lutero, in Riscossa
cristiana, 20.10.2017; Francesco Boezi, Galantino accelera su Lutero: "Opera dello Spirito Santo", in Il Giornale, 21.10.2017).
Lo Spirito di Lutero conquista Galantino
di
Stefano Fontana
A leggere che secondo il vescovo Galantino la Riforma fu “un evento dello Spirito Santo” viene
subito da pensare che lo Spirito Santo allora si contraddice. Siccome questo
non è possibile, non rimane che ritenere l’affermazione molto temeraria.
Affermazioni simili sono oggi molto frequenti ed è importante chiederci da dove
provengano.
L’essenza della posizione di Martin Lutero è la
riduzione della fede ad atto di fede. Nella
fede non ci sono contenuti, verità cui aderire, ma ciò che conta è l’affidarsi,
senza ragioni, a Cristo, fidandosi che lui coprirà con un mantello tutte le nostre
colpe. Per la religione cattolica non è così. La fede ha due versanti, quello
dell’atto soggettivo del credere e quello oggettivo delle verità cui ai
aderisce con la fede per l’autorità di Dio che ce le ha rivelate. E’ la fides qua e
la fides quae. Quella cattolica non è una fede cieca, è l’adesione
al dogma. La fede di Lutero invece è solo atto senza dogmi.
Perché ricordo questo aspetto? Perché il fatto che
Lutero sia stato spinto dall’amore di Dio, o dalla “passione per Dio” - come si intitolava il convegno alla
Lateranense ove mons. Galantino ha fatto il suo intervento – dice poco di
significativo dal punto di vista cattolico. Passione per quale Dio? La passione
è solo il polo soggettivo della fede come atto, manca il polo oggettivo delle
verità credute, ossia dei dogmi. Accettare come valida questa impostazione
fondata sulla sola “passione per Dio” significa già accettare l’impostazione
luterana. E che dialogo ci può essere se si accetta fin da subito la posizione
dell’altro con cui si vorrebbe dialogare?
Celebrando questo 500mo anniversario della Riforma
luterana, la Chiesa cattolica ha fatto spesso questo errore
di impostazione iniziale: spostare l’attenzione dalla dottrina alle “intenzioni”
di Lutero, ossia dai contenuti della fede all’atto di fede. Tutti vedono che in
questo modo si sposa già fin dall’inizio la posizione luterana e la si fa
propria. Nella fede luterana è centrale la coscienza, dato che non interessa
tanto Cristo in sé, quanto Cristo per me, il Cristo della
fede e non il cristo della Storia. Il Padre Coggi dei domenicani di Bologna ce
lo ha spiegato molto bene. La fede per Lutero non è conoscenza ma esperienza
soggettiva, fatta in coscienza al cui interno si consuma il rapporto io-Tu tra
il credente e Dio. Se, quindi, la Chiesa cattolica si concentra sulla coscienza
del monaco Lutero piuttosto che sulla dottrina luterana rinuncia alle proprie
esigenze già in partenza, accettando la validità di una fede senza dogmi. Le
intenzioni di Lutero non contano se non per una ricostruzione storica o
psicologica. Contano le cose da lui scritte e formalizzate nella dottrina della
Riforma. Contano le cose da lui scritte contrarie alla verità della fede
cattolica.
L’idea oggi prevalente è che le intenzioni di
Lutero erano buone ed ispirate dallo Spirito
Santo, mentre poi la cose presero una strada diversa, complici anche le
chiusure della Chiesa cattolica. Bisognerebbe quindi recuperare le buone
intenzioni degli inizi e usufruirne anche per una riforma del cattolicesimo
stesso. Si è anche detto in questi giorni che Lutero avrebbe addirittura
anticipato il Vaticano II, richiamando l’attenzione sul Vangelo. E rieccoci all’atto
senza i contenuti. Aver proposto la salvezza per Sola Scriptura è
stato un grave errore e non un merito, in quanto l’attenzione al Vangelo, dal
punto di vista cattolico, senza la dovuta attenzione alla Tradizione e al
Magistero non è cosa da apprezzare. Se il Vaticano II fosse stato influenzato
da un’eresia, come si dice in questo caso, ne deriverebbe un inquinamento dello
stesso Concilio dalle proporzioni devastanti.
Sia sostenendo che la Riforma è stata un dono dello
Spirito Santo, sia dicendo che la valorizzazione luterana
del Vangelo ha anticipato il Vaticano II, si insiste solo ed eventualmente
sulle “intenzioni” e non sui contenuti. Ma insistendo solo sulle intenzioni di
coscienza sparisce completamente il concetto di eresia. Uno non è eretico per
le sue intenzioni ma per quanto ha detto di contrario al dogma. E da questo
punto di vista Lutero è stato un eretico, quali che fossero le sue intenzioni.
Faccio notare che se sparisce il concetto di eresia sparisce anche quello di
dogma.
L’altro aspetto della strategia della Chiesa
cattolica in questo 500mo anniversario della Riforma protestante è quello di
fare un pezzo di strada insieme, cioè di fare delle cose insieme puntando sulla
prassi più che sulla dottrina. Anche questo obiettivo lo si persegue meglio non
tenendo conto della dottrina luterana ma delle cosiddette buone intenzioni del
monaco Lutero. Depurando la fede dai suoi contenuti e soffermandosi sul suo
essere un atto personale si pensa di camminare meglio insieme. Ma per andare
dove? Verso quale Cristo? Verso quale salvezza? L’atto di fede preso in se
stesso è cieco, sono i contenuti a dargli la luce. Anticipare la prassi
rispetto alla dottrina è un’altra concessione fatta in partenza alla posizione
luterana.
C’è infine l’aspetto forse più inquietante della
questione. Incentrarsi sulla fede come atto, ossia sulla coscienza e sulla
prassi piuttosto che sui contenuti e sulla dottrina, potrebbe voler dire
maturare insieme una nuova autocoscienza credente (come direbbe Hegel), ossia
vedere insieme i contenuti in un modo nuovo. L’eresia sarebbe allora uno
stimolo indispensabile all’evoluzione dialettica del dogma. Ma questa sarebbe
una concessione all’evoluzione del dogma all’interno dell’autocoscienza dei
credenti completamente fuori della visione cattolica, anche se certamente
compatibile con la confessione protestante.
Fonte: LNBQ,
21.10.2017
Nessun commento:
Posta un commento