sabato 21 ottobre 2017

I Santi tridentini? Erano ispirati dal demonio …. La svolta luterana del sedicente “episcopato” italiano e della Chiesa ex cattolica

Ebbene sì. Non appaia blasfema questa nostra sortita volutamente provocatoria. Per esclusione, infatti, è questa la logica conseguenza: che i grandi Santi ispirati e sollevati nello spirito del Concilio di Trento e della Controriforma, come S. Pio V, S. Carlo Borromeo, S. Filippo Neri, S. Ignazio di Loyola, S. Roberto Bellarmino, S. Lorenzo di Brindisi, S. Teresa d’Avila, S. Giovanni della Croce, ecc., sino ad arrivare ai Santi alle soglie del XX sec. come S. Giovanni Bosco, S. Giuseppe Benedetto Cottolengo, S. Domenico Savio, ecc., tutti ispirati dal Concilio tridentino sarebbero stati, in verità, ispirati dal Nemico di Dio!
C’è poco da discutere. Se un sedicente Segretario dei “Vescovi” italiani come il sig. Galantino si spinge ad affermare che l’eresiarca Lutero sia stato ispirato – nella sua opera di riforma protestante – addirittura dal Paraclito, la conseguenza – inevitabile – è che chi si è opposto a tale azione – come i Santi sopra menzionati – sarebbero stati ispirati, a loro volta, dall’Avversario, dal Serpente antico! Delle due l’una. Non può ammettersi in entrambe le parti una pari ispirazione dello Spirito Santo, perché, in tal caso, si dovrebbe affermare che esso è contraddittorio ed illogico: lo Spirito non potrebbe ispirare un’azione ed il suo contrario. Questo sembra evidente. Necessariamente, dunque, deve concludersi che se Lutero sarebbe stato ispirato dallo Spirito, i Santi ed il Concilio tridentino sarebbero stati sotto l’egida dell’antico Nemico di Dio, nell’Opposto dello Spirito cioè.
Questa vera e propria bestemmia e blasfemia del Segretario della CEI, col silenzio complice e compiaciuto del “vescovo” di Roma e del presidente della CEI, sig. Bassetti, denota il degrado di fede in cui i “vescovi” italiani sono caduti: sono persone sostanzialmente atee, non cattoliche, apostate!
Non sono gli unici. Una serie di articoli della Civiltà (ex) cattolica di quest’anno 2017 celebrano con entusiasmo la figura sempre di questo eresiarca, dipingendolo quasi come un incompreso dalla Chiesa del suo tempo (addebitando, dunque, la responsabilità della sua disobbedienza alla Chiesa cattolica! cfr. Mauro Faverzani, Per i 500 anni di Lutero ora è la Chiesa ad autoaccusarsi, in Corrispondenza romana, 29.6.2016); uno dalla vocazione sincera (e non, invece, un gaglioffo, uno scampato alla forca, che, per sfuggire alla condanna a morte per un omicidio di un suo compagno di studi, decise di diventare monaco, contando sull’immunità che gli garantivano le mura monastiche: v. Martin Lutero, assassino e suicida, in Gloria.tv, 11.9.2016). Insomma, quasi un santo, a parere della Civiltà (ex) cattolica.
Ecco alcuni esempi: «La questione dirimente è stata forse la pretesa, da parte sia della Chiesa di Roma sia di Lutero, di incarnare in toto la verità e di esserne dispensatori. Eppure, nonostante tutto, non si può negare il ruolo che Lutero ha avuto come testimone della fede» (Giancarlo Pani, Martin Lutero, cinquecento anni dopo, in Civ. Catt., 2017, vol. IV, q. 4016, pp. 119 ss.). In questo enunciato, evidentemente eretico e scandaloso, ci sta tutto il neo-modernismo degli odierni ecclesiastici.
«L’esattezza di certe formule, la critica al proverbio tradizionale secondo cui desperatio facit monachum, il problema della validità del voto, il rapporto conflittuale con il padre e il contesto della scelta fanno propendere decisamente per una vocazione autentica» (Id., La vocazione di Martin Lutero, ivi, vol. III, q. 4014, pp. 463 ss.).
«Oggi, a posteriori, è abbastanza ovvio affermare che il confronto con Lutero non sarebbe stato facile, e quasi certamente sarebbe fallito. Di fatto, purtroppo, non ci fu» (Id., Il processo a Lutero e la scomunica, ivi, vol. I, q. 4000, pp. 364 ss.).
«Lo storico Erwin Iserloh ha dimostrato che l’affissione delle Tesi non è storia, ma leggenda, e per di più contraddice l’intenzione del riformatore. Il 31 ottobre Lutero scrive ai vescovi interessati per un problema di fede, di coscienza e di pastorale: la predicazione delle indulgenze per la fabbrica di San Pietro è ingannevole perché garantisce la salvezza. Nessuno è sicuro della propria salvezza. Il vescovo deve predicare non le indulgenze, ma il Vangelo e le opere di carità» (Id., L’affissione delle 95 tesi di Lutero: storia o leggenda, ivi, 2016, vol. IV, q. 3993, pp. 213 ss.).
Quando la Civiltà era ancora pienamente cattolica, ecco quanto scriveva dell’eresiarca:
«tutto il sistema di Lutero riposa sul falso: nella Scrittura non c’è un testo che lo legittimi. Lutero con audacia bronzea torse in parte violentemente la Scrittura, e in parte vi sostituì le sue falsificazioni» (Lutero e Luteranismo, in Civ. catt., 1918, vol. I, pp. 132 ss., partic. p. 141).
Avvenire e la CEI non sono da meno. Cfr. Mimmo Muolo, Vincenzo Paglia: “La Riforma? Una felice colpa”, in Avvenire, 6.12.2016; Franco Cardini, L’età moderna? Inizia con le 95 Tesi di Lutero il 31 ottobre 1517, ivi, 18.8.2017; Giacomo Gambassi, Il cardinale Bassetti nei luoghi di Lutero, ivi, 2.9.2017; Id., Bassetti nei luoghi di Lutero, crocevia di riconciliazione, ivi, 8.9.2017. Cfr. la serie di articoli dedicati ai 500 anni della c.d. riforma, qui.
Si tratta di falsificazioni storiche e documentali, che aprono la strada alla probabile “riabilitazione” dell’eresiarca; una strada, per la verità, già ventilata anche da Benedetto XVI (cfr. Francesca de Villasmundo, Un colloque au Vatican pour réhabiliter Luther ?, in Medias-Press.info, 23.3.2017 ed in traduzione italiana qui; Giuliano Ferrara, Il tribuno del nuovo gesuitismo che recupera con Lutero anche Pascal, in Il Foglio, 9.7.2017; Lutero riabilitato. Quando voleva “strappare la lingua al papa”, in Blitzquotidiano, 3.11.2016; Piero Schiavazzi, Perché papa Francesco riabilita Lutero, in Limes, 2.11.2016; Lorenzo Bertocchi, Lutero padre del laicismo e del potere senza il bene, in LNBQ, 27.10.2016; Benedetto XVI, una sintesi purificatrice con i luterani (nella fede), in Chiesa e postconcilio, 7.9.2012; Giacomo Galeazzi, Ratzinger riforma Lutero. Aveva molte idee cattoliche, in La Stampa, 5.3.2008). Del resto, non è forse vero che si è sostenuto da più parti nella Chiesa d’oggi (l’aveva sostenuto persino il “santo” Giovanni Paolo II!) che le intenzioni del Martin erano buone e sincere (cfr. Lutero e la Riforma: Bergoglio in continuità con Wojtyla e Ratzinger, in UCCR, 16.2.2017)? Sì, come, del resto, anche quelle che furono di Ario, di Nestorio, di Giuda Iscariota e persino di Lucifero … . Tutti son partiti con “buone intenzioni”, salvo poi perdersi lungo la via. Non è forse vero, d’altronde, che la strada verso l’Inferno è costellata di “buone intenzioni”?
Lutero studiava il modo di uscire dal convento perché non accettava più la castità e il celibato (e quasi sicuramente non le aveva mai accettate, stante l'insincerità della sua vocazione): le sue sedicenti "buone intenzioni" erano solo un pretesto:
«È molto importante sottolineare che il lusso e lo sfarzo, come pure anche la corruzione di buona parte della Curia Romana, non scandalizzarono più di tanto Lutero (come oggi si vuol far credere) — ha scritto il padre domenicano Roberto Coggi –, il quale, a quanto ci risulta, non trasse da ciò alcun turbamento nella sua fede cattolica e nella sua fedeltà nel Romano Pontefice. È quindi falso attribuire la ribellione di Lutero all’autorità ecclesiastica, quale si verificò pochi anni più tardi, a una sua indignazione contro i costumi corrotti del clero» (P. Roberto Coggi, Ripensando Lutero, ESD, Bologna, 2004, p. 9).
Noi preferiamo stare dalla parte della Vera Chiesa Cattolica, dalla parte dei Veri Santi, dalla parte del Concilio di Trento piuttosto che da quella di codesti eretici ed apostati, che vogliono lodare l’eresiarca Lutero, che i mistici ci assicurano giace – sventurato – all’Inferno, torturato, per l’eternità, dagli angeli decaduti. Egli era, è e rimane un volgare eretico (cfr. Francesco Agnoli, Jacques Maritain legge Martin Lutero, in Libertà e persona, 19.10.2017; Id., Lutero, un Macchiavelli della fede, in LNBQ, 18.8.2016; Gederson Falcometa, Giuda, Teilhard de Chardin, Martin Lutero e il Concilio e… i mass media, in Riscossa cristiana, 18.10.2017; Principi filosofici e teologici della Riforma protestante (1517). Un saggio di don Marino Neri, in Vigiliae Alexandrinae, 22.5.2017, ripreso in Lutero resta un eretico con buona pace dei “rivisitatori”, in MiL, 30.5.2017), causa e dannazione di molti europei e, diciamolo chiaramente, di molti ecclesiastici oggi, e distruttore dell’unità europea (cfr. Francesco Agnoli, Carlo Magno e Lutero: costruzione e distruzione dell’Europa, in Libertà e persona, 11.10.2017; Stefano Fontana, La gnosi luterana e la dottrina del potere politico, ivi, 25.3.2017, nonché in Totus tuus, 13.6.2017).
Sull’attuale situazione ecclesiale, davvero possono riprendersi le parole di S. Gregorio Magno: «Merorem, Petre, quem cotidie patior, et semper mihi per usum vetus est, et semper per augmentum novus» (Dialogi, I, 3).
Rilanciamo per questo l’editoriale de LNBQ, ripreso da Galantino & co su Lutero. Quello che la Chiesa ha omesso di dire nel 500° anniversario della riforma protestante, in Il Timone, 21.10.2017 . Per la notizia sull’uscita galantiniana, cfr. «La Riforma Protestante un evento dello Spirito Santo». Galantino esalta Martin Lutero, ivi, 19.10.2017; La Riforma un evento dello Spirito Santo. Galantino esalta Lutero, in MiL, 20.10.2017; Giuseppe Rusconi, Il vescovo Galantino, il monaco Lutero e il vescovo Zambito, in Rossoporpora, 20.12.2017; Francesca de Villasmundo, I vescovi italiani riabilitano Lutero, in Riscossa cristiana, 20.10.2017; Francesco Boezi, Galantino accelera su Lutero: "Opera dello Spirito Santo", in Il Giornale, 21.10.2017).

Lo Spirito di Lutero conquista Galantino

di Stefano Fontana


A leggere che secondo il vescovo Galantino la Riforma fu “un evento dello Spirito Santo” viene subito da pensare che lo Spirito Santo allora si contraddice. Siccome questo non è possibile, non rimane che ritenere l’affermazione molto temeraria. Affermazioni simili sono oggi molto frequenti ed è importante chiederci da dove provengano.
L’essenza della posizione di Martin Lutero è la riduzione della fede ad atto di fede. Nella fede non ci sono contenuti, verità cui aderire, ma ciò che conta è l’affidarsi, senza ragioni, a Cristo, fidandosi che lui coprirà con un mantello tutte le nostre colpe. Per la religione cattolica non è così. La fede ha due versanti, quello dell’atto soggettivo del credere e quello oggettivo delle verità cui ai aderisce con la fede per l’autorità di Dio che ce le ha rivelate. E’ la fides qua e la fides quae. Quella cattolica non è una fede cieca, è l’adesione al dogma. La fede di Lutero invece è solo atto senza dogmi.
Perché ricordo questo aspetto? Perché il fatto che Lutero sia stato spinto dall’amore di Dio, o dalla “passione per Dio” - come si intitolava il convegno alla Lateranense ove mons. Galantino ha fatto il suo intervento – dice poco di significativo dal punto di vista cattolico. Passione per quale Dio? La passione è solo il polo soggettivo della fede come atto, manca il polo oggettivo delle verità credute, ossia dei dogmi. Accettare come valida questa impostazione fondata sulla sola “passione per Dio” significa già accettare l’impostazione luterana. E che dialogo ci può essere se si accetta fin da subito la posizione dell’altro con cui si vorrebbe dialogare?
Celebrando questo 500mo anniversario della Riforma luterana, la Chiesa cattolica ha fatto spesso questo errore di impostazione iniziale: spostare l’attenzione dalla dottrina alle “intenzioni” di Lutero, ossia dai contenuti della fede all’atto di fede. Tutti vedono che in questo modo si sposa già fin dall’inizio la posizione luterana e la si fa propria. Nella fede luterana è centrale la coscienza, dato che non interessa tanto Cristo in sé, quanto Cristo per me, il Cristo della fede e non il cristo della Storia. Il Padre Coggi dei domenicani di Bologna ce lo ha spiegato molto bene. La fede per Lutero non è conoscenza ma esperienza soggettiva, fatta in coscienza al cui interno si consuma il rapporto io-Tu tra il credente e Dio. Se, quindi, la Chiesa cattolica si concentra sulla coscienza del monaco Lutero piuttosto che sulla dottrina luterana rinuncia alle proprie esigenze già in partenza, accettando la validità di una fede senza dogmi. Le intenzioni di Lutero non contano se non per una ricostruzione storica o psicologica. Contano le cose da lui scritte e formalizzate nella dottrina della Riforma. Contano le cose da lui scritte contrarie alla verità della fede cattolica.
L’idea oggi prevalente è che le intenzioni di Lutero erano buone ed ispirate dallo Spirito Santo, mentre poi la cose presero una strada diversa, complici anche le chiusure della Chiesa cattolica. Bisognerebbe quindi recuperare le buone intenzioni degli inizi e usufruirne anche per una riforma del cattolicesimo stesso. Si è anche detto in questi giorni che Lutero avrebbe addirittura anticipato il Vaticano II, richiamando l’attenzione sul Vangelo. E rieccoci all’atto senza i contenuti. Aver proposto la salvezza per Sola Scriptura è stato un grave errore e non un merito, in quanto l’attenzione al Vangelo, dal punto di vista cattolico, senza la dovuta attenzione alla Tradizione e al Magistero non è cosa da apprezzare. Se il Vaticano II fosse stato influenzato da un’eresia, come si dice in questo caso, ne deriverebbe un inquinamento dello stesso Concilio dalle proporzioni devastanti.
Sia sostenendo che la Riforma è stata un dono dello Spirito Santo, sia dicendo che la valorizzazione luterana del Vangelo ha anticipato il Vaticano II, si insiste solo ed eventualmente sulle “intenzioni” e non sui contenuti. Ma insistendo solo sulle intenzioni di coscienza sparisce completamente il concetto di eresia. Uno non è eretico per le sue intenzioni ma per quanto ha detto di contrario al dogma. E da questo punto di vista Lutero è stato un eretico, quali che fossero le sue intenzioni. Faccio notare che se sparisce il concetto di eresia sparisce anche quello di dogma.
L’altro aspetto della strategia della Chiesa cattolica in questo 500mo anniversario della Riforma protestante è quello di fare un pezzo di strada insieme, cioè di fare delle cose insieme puntando sulla prassi più che sulla dottrina. Anche questo obiettivo lo si persegue meglio non tenendo conto della dottrina luterana ma delle cosiddette buone intenzioni del monaco Lutero. Depurando la fede dai suoi contenuti e soffermandosi sul suo essere un atto personale si pensa di camminare meglio insieme. Ma per andare dove? Verso quale Cristo? Verso quale salvezza? L’atto di fede preso in se stesso è cieco, sono i contenuti a dargli la luce. Anticipare la prassi rispetto alla dottrina è un’altra concessione fatta in partenza alla posizione luterana.
C’è infine l’aspetto forse più inquietante della questione. Incentrarsi sulla fede come atto, ossia sulla coscienza e sulla prassi piuttosto che sui contenuti e sulla dottrina, potrebbe voler dire maturare insieme una nuova autocoscienza credente (come direbbe Hegel), ossia vedere insieme i contenuti in un modo nuovo. L’eresia sarebbe allora uno stimolo indispensabile all’evoluzione dialettica del dogma. Ma questa sarebbe una concessione all’evoluzione del dogma all’interno dell’autocoscienza dei credenti completamente fuori della visione cattolica, anche se certamente compatibile con la confessione protestante.

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