mercoledì 4 ottobre 2017

Una Lepanto culturale – Editoriale di ottobre 2017 di “Radicati nella fede”

Nella festa di S. Francesco d’Assisi, confessore e Patrono d’Italia, vero «vir catholicus, et totus Apostolicus, Ecclesiae teneri fidem Romanae docuit, presbyterosque monuit prae cunctis revereri» (Innocenzo III, cit. in S. Bonaventura, Legenda Maior, III, 10), rilanciamo l’editoriale di Radicati nella fede, ripreso da Riscossa cristiana.



































Gregorio Vázquez de Arce y Ceballos, S. Francesco d'Assisi e Santi (Sacra Famiglia, SS. Teresa d'Avila e Francesco Saverio, Tommaso ed altro santo), 1650, Biblioteca Luis Ángel Arango / Museos y colecciones del Banco de la República,  Bogotà

S. Francesco entra in Paradiso, XIX sec., San Frangisk tal-Pjagi, Rabat (Malta)

Giovanni Gasparro, S. Francesco ricevuto da Innocenzo III, 2017, chiesa di S. Francesco, Trani

Preghiera dei frati davanti alla tomba di San Francesco, anni '50

UNA LEPANTO CULTURALE


Editoriale di “Radicati nella fede”
Anno X n. 10 - Ottobre 2017

Ci vuole una nuova Lepanto, una Lepanto culturale, ma non contro i Turchi questa volta, ma contro gli effetti devastanti della Protestantizzazione Cattolica.
Nel 1571 il Papa S. Pio V riunì nella Lega Santa le corone cattoliche, perché unite difendessero la Cristianità contro l’invasione mussulmana dell’Impero Ottomano. Cosa sarebbe rimasto del Cristianesimo se questa vittoria della flotta cattolica non fosse avvenuta? I re obbedirono al Papa, la Madonna intervenne e la Cristianità fu salva: da quel 1571, il 7 di ottobre, la Chiesa ricorda quel miracolo, seguito ad un prodigioso impegno, con la festa della Madonna del Rosario, all’origine chiamata Nostra Signora delle Vittorie.
Ma di un’altra Lepanto c’è bisogno, di una Lepanto culturale, che richiede altrettanto prodigioso impegno di lavoro (di battaglia) e di preghiera.
La Chiesa cattolica, dall’epoca conciliare in poi, è entrata in una fase di impressionante avvicinamento al Protestantesimo, che ha come primo effetto il rifiuto del proprio passato, della propria storia.
È come se si volesse tornare a un Gesù “puro”, un Gesù del Vangelo, libero da tutte le “incrostazioni” della storia cristiana successiva, di tutta la storia della Chiesa, vista, ahimè, come un sostanziale tradimento del messaggio autentico di Gesù Cristo.
Il rifiuto della storia cristiana in nome di un Gesù “puro”, è in sostanza il contenuto di tutte le eresie, e in particolare di quella eresia magna e onnicomprensiva rappresentata dal Protestantesimo di Lutero e degli altri infelici suoi compagni.
Questo è il modo più potente per distruggere la Cristianità, cioè la società cristiana, e il Cristianesimo stesso; questo attacco del Protestantesimo è infinitamente più pericoloso dell’invasione mussulmana di ieri e... di oggi. È l’attacco interno che il nemico ha operato perché la Chiesa scompaia.
Per questo occorre una nuova Lepanto, culturale nel senso pieno, che riporti un pensiero corretto sulla Chiesa e la sua storia all’interno del Cattolicesimo stesso.
Sì, occorre proprio un simile lavoro, immane ma necessario, altrimenti perderemo Cristo stesso: non esiste un Gesù separato dalla storia da lui generata. Non esiste un Gesù separato dalla sua Chiesa, l’unica Chiesa Santa Cattolica Apostolica Romana. Ma non può esistere la Chiesa, Una Santa Cattolica Apostolica, separata dalla sua storia, da tutta la sua storia.
Nell’anno 2000 ci furono i devastanti mea culpa di Giovanni Paolo II, con i quali chiese perdono delle colpe storiche della Chiesa. Questi mea culpa furono il colpo di grazia a ciò che restava di una coscienza integralmente cattolica. È come se il gesto del Papa avesse dato via libera a tutte le falsità vomitate sulla storia della Chiesa Romana, falsità che il laicismo, figlio della protestantizzazione, ha propinato per decenni nelle scuole italiane e non solo. Nessuno guarda davvero dentro la storia della chiesa, dentro la storia della cristianità: se ci andassero scoprirebbero, certamente assieme al peccato degli uomini, la meravigliosa continuità storica della presenza di Cristo nel mondo, che ha prodotto cultura, intelligenza, santità e opere, opere soprattutto di carità vera.
Se si nega questa storia di grazia, che si dipana lungo i secoli, se ne si nega il valore come vorrebbe Lutero, si perde il Corpo di Cristo, si perde Cristo stesso.
Sta qui tutta la debolezza del Cattolicesimo che, per essere accettato nei salotti della modernità stancamente laica, deve rifiutare con un giudizio negativo il proprio passato.
È come tagliare il ramo su cui siamo posati: ci attende la caduta e la morte.
Una Chiesa che non difende la sua storia, conosciuta e amata, è una chiesa che vive una sconfinata solitudine difronte al potere del mondo: è sola, perché ha rifiutato quel corpo storico che l’ha generata.
Una chiesa che non difende la sua storia, è una chiesa che deve spiritualizzare il Corpo Mistico e la Comunione dei santi: diventano, queste, parole vuote, non indicanti mai una qualche realizzazione storica, ma solo un puro afflato poeticamente spirituale.
Ma una chiesa così è perfettamente incidente nella realtà, non cambia il mondo in cui il Signore l’ha posta; e se non lo cambia è inutile.
E una chiesa inutile non incontrerà più nessuno, perché quelli che si imbattono nella sua esigua presenza, non sono provocati ad un cambiamento.
L’attaccamento alla Messa Tradizionale, alla Messa della Cristianità, vuole essere anche un commosso canto d’amore alla gloriosa storia della Chiesa, alla storia effettiva della Cristianità, che ha attraversato il fiume di questi 2000 e più anni.
Non possiamo accettare la nuova messa, che invece è il frutto del rifiuto di questa storia, nel nome del ritorno ad un mitico cristianesimo primitivo, proprio come Lutero.
Ma chi si stacca dalla propria storia esce dalla Chiesa, e storia non ne fa.

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