sabato 3 febbraio 2018

Il compito che ci attende – Editoriale di febbraio 2018 di “Radicati nella fede”

Nella festa del Santo vescovo e martire Biagio, rilanciamo quest’editoriale di Radicati nella fede, pubblicato anche da Riscossa cristiana.

Antonio Ugolini, Martirio di S. Biagio, 1821, Verona

Verezio (?), SS. Biagio ed Antonio abate, 1841, Pavia

Domenico Tojetti, Vergine assunta con i SS. Giovanni Battista e Biagio, 1842, Macerata

Francesco Pescatori, Miracolo di S. Biagio, 1847, Parma


Brunetto Aloi, Miracolo di S. Biagio, 1849, Palmi

Antonio Guadagnini, Miracolo di S. Biagio, 1851, Bergamo

Elisabeth Modell, Miracolo di S. Biagio, 1860, Trento

Paolo Bozzini, S. Biagio tra le SS. Franca ed Apollonia, 1864, Piacenza

Egisto Sarri (attrib.), S. Biagio, 1875 circa, Fiesole

Giuseppe Rollini, Sacra Famiglia con i SS. Lucia, Biagio e Nazario, 1878, Asti

Luciano Nezzo, S. Biagio intercede per una donna col bambino presso la Vergine Maria, 1884, Verona

Giovanni Bevilacqua, Madonna col Bambino in gloria tra i SS. Fermo, Rustico e Biagio, 1899, Verona

Bottega italiana, S. Biagio guarisce un bambino, XIX sec., Lucca

Ambito marchigiano, S. Biagio guarisce un bambino, XIX sec., Jesi

Scuola ferrarese, S. Biagio, XIX sec., Ferrara


IL COMPITO CHE CI ATTENDE


Editoriale di "Radicati nella fede"
Anno XI n. 2 - Febbraio 2018

La protestantizzazione del Cattolicesimo è veramente il disastro più grande che poteva capitare, è opera del maligno che vuole annullare l'azione di Cristo nella vita degli uomini.
Se è tristissimo vedere come da più parti, troppe parti, non si perda occasione per inneggiare a Lutero anche in casa cattolica; se è penoso dover constatare che, con una superbia pari solo all'ignoranza, troppi pastori con le loro diocesi si affrettano a riabilitare Lutero, quasi che per quattro secoli nessuno avesse colto il nocciolo della questione; se è vergognoso vedere come, con un colpo di spugna, si possa cancellare il lavoro dei santi della riforma cattolica, che hanno smascherato gli inganni dell'eresia di Martin Lutero e dei suoi seguaci, è ancora più triste vedere come questo modo falso di vivere il cristianesimo si diffonda popolarmente, pressoché universalmente.
La protestantizzazione prende tante facce e coinvolge tanti aspetti, ma uno di quelli più rilevanti è la riduzione di tutto il Cristianesimo ad una fede astratta.
È la pratica realizzazione del Sola Fide di Martin Lutero.
Qual è la questione?
La questione è che la fede è diventata tutto! come se fosse la cosa più difficile e quindi l'unico dono da dare a Dio. Circola un'idea di fede come completamente staccata dalla ragione: una specie di “salto nel buio” che l'uomo compie spinto da una ispirazione interiore; una sorta di sentimento spiritualizzato.
Insomma, la fede viene travisata e giudicata un atto così straordinario, che quando un uomo rischia nell'atto di fede finisce per pensare di aver praticamente compiuto già il proprio “sacrificio” innanzi a Dio.
È come se si finisse col dire: “io credo, e quindi il Signore deve già essere contento di me”.
Sola Fide, solo la fede salva... si è così trasformato il cattolicesimo, anche popolare. Il mondo cristiano è per lo più fatto oggi di vaghi credenti, che si ritengono giusti perché fanno lo sforzo di non negare l'esistenza di Dio... e tutto resta qui. Un cattolicesimo così tristemente ridotto non produce più niente, anzi si piega alla completa adesione al mondo e al suo modo di vivere. È sotto gli occhi di tutti che questa protestantizzazione della Chiesa è stato il miglior veicolo per la completa laicizzazione della società.
Invece la fede è ragionevole, segue la ragione; credere in Gesù Cristo e nella Rivelazione è il modo più normale di ragionare: da indizi chiari risali alla conoscenza certa di Dio Trinità. I discepoli hanno fatto così, hanno visto l'eccezionalità della personalità di Cristo, lo hanno sentito parlare come nessun'altro; hanno visto i miracoli, che sono i segni della divinità di Gesù, hanno visto e toccato il suo corpo risorto e... hanno pagato con il sangue la loro testimonianza. È ragionevole allora fidarsi della loro testimonianza e quindi credere fermamente in Gesù Cristo.
In questo senso la fede non è proprio un “salto nel buio”, ma è semplicemente un tipo di conoscenza. È conoscenza indiretta, tramite testimone; è un cosa normale per l'uomo, normalissima. La maggioranza delle cose che conosciamo, le sappiamo perché qualcuno ce le ha testimoniate, non perché le abbiamo viste direttamente.
È per questo che la fede è obbligante, perché corrisponde ad un modo normale di ragionare. Ti fidi perchè hai le ragioni per fidarti: tutto questo non può essere l'eccezionalità, è la normalità.
La normalità è credere in Cristo, l'anormalità è non credergli, questo non solo dal punto di vista religioso, ma semplicemente umano.
Il Credo che cantiamo ogni Domenica a Messa non è fatto per dire a Dio che crediamo in lui, sarebbe troppo poco. È fatto invece per ribadire i contenuti della Rivelazione che crediamo, per ricordare tutte le principali verità di fede che Dio ci ha detto; e noi le crediamo fermamente perchè è ragionevole credere nell'autorità di Cristo che le ha rivelate, visto che ha dato segni innumerevoli e inequivocabili della sua divinità.
Per questo il problema non è credere, ma vivere di fede... cioè fare fino in fondo la volontà di Dio.
La vera questione è decidere di seguire ciò che Cristo ha detto e la Chiesa, nella sua Tradizione, ci indica: cioè vivere una vita totalmente diversa da quella che il mondo di oggi ci propone. Così hanno fatto i primi cristiani, che non andavano al circo dove ci si divertiva della violenza; così han fatto i martiri, così gli eremiti che per non peccare andavano in solitudine.
La lettera a Diogneto così descrive questa scelta decisa per la volontà di Dio:
«I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio. A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani» (Lettera a Diogneto, V,1-VI,1).
È questa la volontà di Dio, vivere secondo la fede. Invece il Protestantesimo ha fatto credere che l'opera è credere e solo per questo Dio dovrebbe ringraziarci. Il Protestantesimo è semplicemente un cristianesimo che non cambia il mondo, ma che è cambiato dal mondo.
Anche per noi, che vogliamo vivere secondo la grande Tradizione Cattolica, si pone la stessa urgente scelta: vivere secondo la fede o accontentarsi di credere?
È il bivio drammatico: da una parte c'è il cristianesimo che cambia il mondo e salva le anime, dall'altra parte un Protestantesimo che distrugge la presenza cristiana nel mondo.
E se vogliamo tradurre in modo più esplicito per noi, questo bivio drammatico diventa: fare la tradizione in tutto, a partire dalla messa, lasciando che essa coinvolga tutti gli aspetti della vita? oppure accontentarsi di disquisire solamente per una chiesa più tradizionale?
La fede senza le opere è morta, quindi non solo credere ma vivere di fede. E più nel piccolo vuol dire per noi fare una vita veramente tradizionale, e non solo pensarla per la chiesa e per il mondo.
Quanto lavoro ci attende in questo anno! Quanto lavoro per vincere il nostro imborghesimento, che è sempre il frutto di una terribile protestantizzazione.

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