Tradizionalmente, durante la Grande Quaresima, i
cristiani dell’Oriente cristiano viene cantato il Grande Canone di S. Andrea di
Creta, all’inizio ed alla fine del periodo quaresimale.
Rilanciamo anche noi questo contributo al riguardo.
Il Grande Canone di S. Andrea di Creta
Il Grande Canone di S. Andrea di Creta (in greco ὁ μέγας Κάνων Ἁγίου Ανδρέου Κρήτης; in slavo Великий Канон святого Aндрея Критского) è un lungo poema
quaresimale (250 tropari contro i 30 di un canone normale), un inno al
pentimento e alla contrizione di cuore, composto tra VII e VIII secolo dal
santo vescovo cretese, un insieme di riflessioni, ricordi, citazioni di tutto l’Antico
Testamento, mozioni di cuore, suppliche a Dio affinché abbia misericordia di
noi peccatori, come ben s’intuisce dallo stico con cui il coro intercala ogni
tropario: Ἐλέησόν με ὁ Θεός, ἐλέησόν με! (slavo: Помилуй мя Боже, помилуй мя), ossia “Abbiate misericordia
di me, o Dio, abbiate misericordia di Dio”.
Questo canone, entrato nel cuore di tutti i
cristiani bizantini, si canta durante la Grande Quaresima in due momenti: all’inizio,
dal lunedì al giovedì della ‘settimana pura’ (ossia, guardando alle rispettive
date del rito romano, dal lunedì di Quinquagesima al giovedì dopo le Ceneri),
diviso in quattro parti, durante il lungo e suggestivo officio della Grande
Compieta (Μέγα Ἀπόδειπνο); alla fine, il giovedì della quinta settimana, durante la
veglia notturna (nelle parrocchie si anticipa al mercoledì sera), quando lo si
canta integralmente, le cui odi sono intercalate per altro da altri tropari di
composizione ecclesiastica successiva, e arricchite da tropari in memoria di S.
Andrea di Creta e di S. Maria Egiziaca, santa asceta egiziana del IV-V secolo,
esempio fulgido di pentimento e conversione, cui è dedicata la quinta settimana
di Quaresima nella tradizione orientale. In questo modo, dunque, questo lungo e
probante ufficio segna l’inizio e il termine della Quaresima per un cristiano
bizantino. Un vescovo di Smirne lo definì come “uno squillo di tromba che cerca
di portare l’uomo alla consapevolezza del suo peccato e condurlo al pentimento
e alla conversione a Dio”. Prosegue poi: “Il Grande Canone è un inno di
profondo scontro e di scioccante pentimento. L’uomo sente il peso del peccato,
comprende che la sua amara vita è lontana dal Dio vivente; si comprende la
dimensione tragica di alienazione della natura umana nella caduta e la distanza
da Dio. Cade a pezzi. Sprofonda, si riduce in cenere. Ma si sta preparando la
salvezza, perché apre a sé la via del pentimento. La via che porta all’esistenza
umana di Dio, la fonte della vita vera e la pienezza dell’ineffabile carità e
della gioia indicibile”.
L’intensità drammatica del poeta è veramente
notevole: vengono presentate decine di esempi dalla Scrittura, alcuni dei quali
magari citati in un solo versetto del Pentateuco, per cui a noi moderni
potrebbero ad un primo sguardo risultare ignoti, esempi positivi e negativi, di
virtù e di peccato, nell’arcaica storia della Salvezza. Il Canone presenta le
classiche caratteristiche, dunque, della liturgia quaresimale e orientale e
occidentale, ossia un continuo riferimento alle vicende d’Israele, alle quali
dobbiamo guardare come un antico modello del popolo eletto, il quale ora non
sono più i Giudei, ma siamo noi battezzati in Cristo, i quali, nondimeno, come
il ‘popolo di dura cervice’, non manchiamo di offendere e allontanarci dal
nostro Creatore, al quale dobbiamo ritornare con cuore umiliato e pentito, se
vorremo salvarci. Il poema, nel complesso, è caratterizzato da un ricco lirismo
e da elementi poetici notevoli: le descrizioni scattanti, con immagini che
colpiscono, gli esempi, il simbolismo efficace e vivo, la lingua combinata con
il canto triste e solenne, conferisce un fascino unico a questo componimento,
veramente una fonte di grazia che colpisce nel cuore chi lo legge o lo ascolta.
L’uso di domande retoriche e l’introduzione di dialoghi, spesso usati dal
poeta, conferiscono al Canone un grande dramma. I ritratti biblici sono
abbozzati con grazia, presentando al contempo la vicenda e le considerazioni
morali, in una sintesi chiara ed immediata. Ma dobbiamo ricordarci che l’autore
parla anzitutto a se stesso, descrivendo con tinte fosche il suo pensiero, ammettendo
i suoi gravi peccati e mancanze, presentando la sua situazione personale come
la condizione generale dell’essere umano. Ed effettivamente, il Canone calza
all’anima di chiunque, essendo impossibile all’uomo non peccare, dopo la
macchia originale. S. Andrea fu in vita sua un eretico: egli cionondimeno si
pentì, e dedicò la sua vita al ministero ecclesiastico. Egli sa dunque quale
fosse il suo sentimento Ma qualunque uomo ha le sue mancanze, le sue colpe
davanti all’Altissimo, e qualunque uomo non può fare a meno che riconoscersi nelle
scure parole di questo Canone.
Di seguito riporto una sintesi commentata del
contenuto delle singole odi del Canone, scritta da Sua Beatitudine Manuel Nin,
attuale Eparca della Chiesa Greco-Cattolica Bizantina, quando ancora era
assistente spirituale dei greci cattolici a Roma:
Nella prima ode la vicenda di Adamo ed Eva e di
Caino e Abele è intrecciata alle parabole del Figliol prodigo e del Buon
Samaritano: “Avendo emulato nella trasgressione Adamo, il primo uomo creato, mi
sono riconosciuto spogliato di Dio, del regno e del gaudio eterno, a causa del
mio peccato. Ahimé, anima infelice! Perché ti sei fatta simile alla prima Eva?
Hai toccato l’albero e hai gustato sconsideratamente il cibo dell’inganno.
Cadendo con l’intenzione nella stessa sete di sangue di Caino, sono divenuto l’assassino
della mia povera anima. Consumata la ricchezza dell’anima con le dissolutezze,
sono privo di pie virtù, e affamato grido: O padre di pietà, vienimi incontro
tu con la tua compassione. Sono io colui che era incappato nei ladroni, che
sono i miei pensieri, mi hanno riempito di piaghe: vieni dunque tu stesso a
curarmi, o Cristo”.
Ancora le figure di Adamo ed Eva sono accostate
nella seconda ode a quelle del pubblicano e della prostituta: “Ho oscurato la
bellezza dell’anima con le voluttà passionali, e ho ridotto totalmente in
polvere il mio intelletto. Ho lacerato la mia prima veste, quella che ha
tessuta per me il creatore. Ho indossato una tunica lacerata, quella che mi ha
tessuto il serpente col suo consiglio, e sono pieno di vergogna. Anch’io ti
presento, o pietoso, le lacrime della meretrice: siimi propizio, o salvatore,
nella tua amorosa compassione. Anche le mie lacrime accogli, o salvatore, come
unguento. Come il pubblicano a te grido: Siimi propizio!”.
Vengono poi presentate nelle odi successive la fede
di Abramo, la scala di Giacobbe, la figura di Giobbe, la croce come luogo dove
Cristo rinnova la natura decaduta dell’uomo, l’esperienza del deserto e delle
infedeltà del popolo e dei re d’Israele, e Cristo che guarisce e salva: “Crocifisso
per tutti, hai offerto il tuo corpo e il tuo sangue, o Verbo: il corpo per
riplasmarmi, il sangue per lavarmi; e hai emesso lo spirito, per portarmi, o
Cristo, al tuo genitore. Hai operato la salvezza in mezzo alla terra. Per tuo
volere sei stato inchiodato sull’albero della croce e l’Eden che era stato
chiuso, si è aperto”.
L’ottava ode canta i grandi penitenti dell’Antico e
del Nuovo Testamento: “Hai sentito parlare, o anima, dei niniviti, della loro
penitenza in sacco e cenere davanti a Dio: tu non li hai imitati, ma sei stata
più stolta di tutti coloro che hanno peccato prima e dopo la Legge. Come il
ladrone, grido a te: Ricordati! Come Pietro, piango amaramente; perdonami,
salvatore, a te io grido come il pubblicano; piango come la meretrice: accogli
il mio gemito”.
Infine, nell’ode nona è presentato tutto il mistero
salvifico di Cristo che guarisce, chiama l’umanità per seguirlo e salva: “Ti
porto gli esempi del Nuovo Testamento, o anima, per indurti a compunzione:
Cristo si è fatto uomo per chiamare a penitenza ladroni e prostitute. Cristo si
è fatto bambino secondo la carne per conversare con me, e ha compiuto
volontariamente tutto ciò che è della natura, eccetto il peccato”.
Il grande canone di Andrea di Creta racconta la
storia della salvezza operata da Dio verso ognuno di noi. In un testo che ci
mette davanti i diversi aspetti con cui la Chiesa lungo la quaresima ci
confronta, cioè la misericordia di Dio e per mezzo di essa il nostro cammino di
ritorno a Dio, avendo Cristo stesso come pastore e come guida, che finalmente
il giorno di Pasqua prende di nuovo per mano Adamo ed Eva per farli uscire dagli
inferi e riportarli nel paradiso.
Per chi fosse interessato, fornisco il pdf del testo greco (forma integrale). Chi volesse cercare le suddivisioni per singoli giorni del canone, le trova in slavo ecclesiastico QUI. Per la traduzione, invece, invito a fare riferimento a questo sito. Faccio presente che tra le tre versioni potrebbero esserci delle minime variazioni testuali (per esempio, nel testo slavo vi sono alcuni tropari che non compaiono nel testo greco perché considerati spurii).
Allego anche due video di celebrazioni del Grande
Canone, una in slavo (officiata dal Patriarca di tutte le Russie Kirill) e una
in greco (ma senza immagini). Si tenga conto che nelle ferie del tempo
quaresimale gli slavi utilizzano i paramenti neri in segno di macerazione della
carne, mentre i greci usano il viola per indicare la penitenza come i latini.
Fonte: Traditio
marciana, 12.2.2018
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