Nella festa di san Gregorio I
Magno, Pontefice, Confessore e Dottore della Chiesa, rilanciamo quest’editoriale
di Radicati nella fede, pubblicato anche da Riscossa
cristiana, nonché su Chiesa
e postconcilio. Sul tema, cfr. anche Due grandi sul Latino nella
Liturgia, ivi,
12.3.2018.
Giovanni Antonio Agostini, S. Gregorio Magno, 1603, Udine |
Ambito dell'Italia Centrale, S. Gregorio Magno, XVIII sec., Gubbio |
Ambito veneto, S. Gregorio Magno, XVIII sec., Verona |
Francesco Zugno, S. Gregorio Magno in trono tra i SS. Francesco d'Assisi e Saturnino di Tolosa, 1750, Padova |
Matteo Pannaria, SS. Gregorio Magno ed Agostino d'Ippona, 1758, Civitavecchia |
Giuseppe Errante, S. Michele arcangelo tra i SS. Gregorio Magno e Rocco, 1775-1780 circa, Civitavecchia |
Ambito veronese, S. Gregorio Magno, XIX sec., Verona |
Ambito emiliano, S. Gregorio Magno, XIX sec., Piacenza |
Luigi Morgari, S. Gregorio Magno, 1896-97, Piacenza |
IL LATINO E LA
CRISTIANITÀ
Editoriale di “Radicati
nella fede”
Anno XI n. 3 -
Marzo 2018
Quando iniziò la nostra storia
eravamo conosciuti come “quelli della messa in latino” e ancora oggi chi vuole
esprimersi sbrigativamente dice così.
A noi questa espressione non è
mai piaciuta, perché affrettatamente riduttiva di tutta una visione non solo
della liturgia, ma di tutta la vita cristiana, concepita secondo la grande
Tradizione della Chiesa.
Siamo stati sempre coscienti,
inoltre, delle difficoltà provocate ai fedeli dall’uso del latino, difficoltà
di ordine pratico e psicologico, essendo questi abituati da troppi anni all’uso
dell’italiano nella messa; e non ci è mai piaciuto mettere in difficoltà, siamo
pastori e non abbiamo mai giocato.
Allora perché ostinarsi con il
latino?
Innanzitutto, l’abbiamo sempre
detto, perché siamo per la salvaguardia del rito bimillenario della Santa Messa
della Chiesa di Roma; la nuova messa non ne è la traduzione in lingua
comprensibile, ma una spaventosa “scheletrizzazione”, operata per avvicinarci
pericolosamente al modo protestante di concepire la preghiera, specialmente
nella forma anglicana. Risultato: il popolo cattolico è praticamente omologato
ai fratelli separati, ha cambiato fede.
Per questo reagiamo contro questa
distruzione della fede cattolica con l’unica possibilità che la Chiesa ci offre
nella sua legislazione, restare alla Messa “di prima”, di prima del disastro.
Detto questo è vero che
insistiamo con il latino, usandolo anche nella proclamazione dell’Epistola e
del Vangelo, anche se avremmo facoltà di leggerle solo in italiano. Le ragioni
sono diverse, non ultima è che il latino è stato la lingua della Cristianità,
cioè della realizzazione della società cristiana in occidente; ed è sicuramente
questo il motivo principale per cui è stato praticamente abolito, se si esclude
qualche suo folkloristico uso a Roma e altrove.
Il progetto dei rivoluzionari,
che si sono impossessati del Concilio e della sua attuazione violenta nel post-Concilio,
era quello di segnare un nuovo inizio della Chiesa, un “anno zero”, in cui
finalmente il Cristianesimo si sarebbe liberato da tutte le ambiguità del
passato, prima tra tutte la commistione col potere. E qual era, secondo i
novelli apostoli del cristianesimo puro, l’inizio del male? L’epoca
Costantiniana, la conversione dell’Impero Romano al Cristianesimo. E che cosa c’è
che ricorda più di tutto, dal punto di vista pratico esterno, l’unione tra
Impero e fede cattolica? Non c’è dubbio, l’uso del latino.
È nell’uso del latino che anche
un semplice fedele intuisce che la Chiesa cattolica sia l’erede dell’Impero
Romano. L’uso del latino intuitivamente richiama che la società divenuta
cristiana è nient’altro che la realizzazione pratica, pur sempre perfettibile,
del Vangelo di Cristo. È nell’uso del latino che senti come la
cristianizzazione della società operatasi nel Medioevo costituisca il vertice
dell’opera cattolica di trasformazione del mondo per la salvezza delle anime...
... ma loro non volevano più
tutto questo. I rivoluzionari avevano deciso che la Chiesa dovesse sbarazzarsi
del passato che, a loro meschino giudizio, aveva falsificato l’opera di Cristo.
Per questo, per loro, il Concilio
e il post-Concilio divennero la più sconvolgente e brutale operazione per
abolire duemila anni di Cristianesimo, e ritornare a un mitico “Gesù puro”, al
Gesù senza la sua Cristianità: fu la velenosa illusione di tutte le eresie,
anche di quella di Lutero, che in fondo sono semplicemente degli spiritualismi
satanici.
Un Cristo senza la sua
Cristianità, ridotto a predicatore morale; un Cristo senza la sua Chiesa e la
sua storia, la storia della cristianizzazione del mondo, la storia della
società cristiana, degli stati e delle nazioni cristiane, che hanno prodotto
una civiltà che ha aiutato la salvezza delle anime.
Un Cristo senza il corpo! Senza
il suo corpo!
No, loro non volevano più tutto
questo, pensando che le persone sarebbero state in piedi da sole, dentro un
mondo libero di tradire Cristo e la verità.
Hanno rifiutato il lavoro
paziente di secoli, che aveva nel latino il suo segno esterno più evidente... e
hanno dovuto cambiare la Messa!
La scusa era la comprensione dei
fedeli... e loro sapevano di mentire.
Altro che comprensione dei
fedeli! Mai i cristiani sono stati ignoranti come oggi. Andate nelle scuole,
girate per le strade, parlate con la gente, la nostra gente: non sa nemmeno più
che Dio è Trinità.
Ma di tutto questo parleremo un’altra
volta; intanto chiediamo fedeltà nella salvaguardia della Messa di sempre, la
Messa latina, chiedendoci una rinnovato vigore nel divenirne missionari,
ciascuno secondo la propria vocazione: invitiamo, facciamola conoscere e amare,
per fare amare la storia di tutta la Cristianità.
O sancte Joseph, protector
noster, ora pro nobis.
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