Questa
domenica, detta Laetare, fa da pendant a quella di Avvento, Gaudate.
A Roma, la
messa stazionale oggi è presso la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme.
Questa basilica, una delle sette basiliche romane di pellegrinaggio, fu
edificata attorno ad una parte del Palazzo Imperiale di Sant’Elena, il Palazzo
di Sessorium, trasformata in una cappella intorno all’anno 320. S.
Elena aveva sparso un gran quantità di terra portata dal Golgotha, a
Gerusalemme, sul suolo di
fondazione del santuario, dove aveva deposto diverse insigni reliquie della
Passione, che sono ancora lì venerate.
Alcuni decenni più tardi, la cappella fu trasformata in una vera e propria
basilica, chiamata Heleniana o Sessoriana. Quando
fu recuperata la vera croce, sottratta dai persiani, l’imperatore Eraclio fece
dividerla in tre pezzi: Gerusalemme mantenne quella principale, ma l’imperatore
inviò le altre due parti a Costantinopoli e Roma, che, naturalmente, la
ricevette nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme (questa parte insigne
del legno della vera croce fu traslata, nel 1629, per ordine di Papa Urbano VIII,
nella Basilica di San Pietro, dove essa è conservata presso la statua
monumentale di Sant’Elena).
La Basilica
di Santa Croce in Gerusalemme a Roma rappresenta simbolicamente la città santa
di Gerusalemme. È per questo motivo che i testi della Messa di questo giorno vi
alludono:
- Laetare,
Gerusalemme, Rallegrati Gerusalemme (Introito)
- Sina
enim mons est in Arabia, qui conjunctus est ei, quæ nunc est Jerusalem –
Il monte Sinai si trova in Arabia; essa corrisponde alla Gerusalemme attuale
(San Paolo nell’Epistola di questo giorno, ai Galati);
- Lætátus
sum in his, quæ dicta sunt mihi: in domum Dómini íbimus - Quale gioia
quando mi dissero: Andiamo alla casa del Signore (graduale);
- Qui
confídunt in Dómino, sicut mons Sion: non commovébitur in ætérnum, qui hábitat
in Jerúsalem - Chi confida nel Signore sarà come il monte Sion: non
sarà mai scosso colui che abita in Gerusalemme (tratto).
- Jerúsalem,
quæ ædificátur ut cívitas, cujus participátio ejus in idípsum -
Gerusalemme, che è costruita come una città salda e compatta dove tutte le
tribù ne fanno un popolo solo (ant. comunione).
Come la
liturgia bizantina celebra quest’oggi, con gioia, la venerazione della Croce
nella III Domenica di Quaresima [La III Domenica della Quaresima bizantina
corrisponde esattamente alla IV Domenica di Quaresima romana, essendo
differente il modo di contare: in Oriente si conta per prima Domenica di
Quaresima quella che giunge al termine della prima settimana di digiuno
completo, allorché a Roma questa è contata come II domenica di Quaresima], il
rito romano, meditando nel mezzo della Quaresima davanti alle reliquie della
Croce e Passione, non vi associa sentimenti di tristezza, ma piuttosto quelli
di gioia: la Croce, un tempo simbolo della morte più vile riservata ai criminali,
è diventata, mediante il sacrificio di Cristo, il glorioso albero della vita,
che ci riconcilia con il Padre e riapre le porte della cielo.
Rispondendo
anche all’appello dell’introito di oggi - Lætare Jerusalem –
il rito romano sospende in questo giorno i rigori della Quaresima: gli
ornamenti della Messa non sono più viola, ma rosa, si infiorano gli altari, il
diacono e il suddiacono lasciano le casule plicate per prendere la dalmatica e
la tunica che sono vesti di gioia, l’organo – muto dal Mercoledì delle Ceneri –
fa risuonare questi accenti gloriosi e gioiosi.
È possibile
che l’infioramento delle croci a Bisanzio in questa domenica abbia influenzato
l’uso dei fiori nella liturgia occidentale di questa stessa domenica. A Roma,
il Papa era solito benedire la rosa d’oro in questo giorno (v. qui), che
poi offriva ad una principessa cattolica o ad un santuario. Questa usanza è
attestata almeno dall’XI secolo. Ecco il testo della benedizione usata in
questa occasione:
(V.) Adjutórium nóstrum in nómine Dómini.
(R.) Qui fecit cælum et
terram.
(V.) Dóminus vobíscum.
(R.) Et cum spíritu tuo.
Orémus.
Deus qui es
lætítia et gáudium omnium fidélium, majestátem tuam supplíciter exorámus ut
hanc Rosam odore visuque gratíssimam, quam hodiérna die in signum spiritúalis
lætítiæ in mánibus gestámus, bene+dícere et sancti+ficáre tua pietáte dignéris,
ut plebs tibi dicáta ex jugo Babilónicæ captivitátis edúcta, per Unigéniti
Filii tui grátiam cæléstis Jerúsalem gáudium sincéris córdibus repræséntet.
Et quia ad
honórem nóminis tui Ecclésia tua hoc signo hodie exúltat et gáudet, tu ei,
Dómine, verum et perféctum gáudium et grátiam tuam largiáris, ut per fructum
boni óperis in odórem illíus floris tránseat qui de radíce Jesse prodúctus,
flos campi, lílium convállium mystice prædicátur. Qui tecum vivit et regnat in
unitate Spíritus Sancti Deus per omnia saécula saeculórum.
(R.) Amen.
Postea imponit incensum in thuribulo. Deinde Rosam ungit balsamo imponitque
ei muscum: aspergit aqua benedicta et adolet incenso.
O
Dio, la cui parola e potenza hanno creato tutto,
la
cui volontà governa tutte le cose,
Tu
che sei la gioia e l’allegrezza dei tutti i fedeli,
Supplichiamo
la Tua Maestà di voler benedire e santificare questa Rosa, così gradevole nell’aspetto
e nella sua fragranza, che teniamo oggi nelle nostre mani, in segno di gioia spirituale:
affinché
il popolo che Ti è consacrato, essendo strappato al giogo della cattività di
Babilonia mediante la grazia del Tuo unico Figlio che è la gloria e l’allegrezza
di Israele, rappresenti con cuore sincero le gioie di quella Gerusalemme celeste.
E
come la Tua Chiesa, alla vista di questo simbolo, oggi esulta e gioisce per la
gloria del Tuo Nome, Tu, o Signore, dalle una perfetta e vera contentezza,
gradisci
la devozione,
rimetti
il peccato,
aumenta
la fede,
guarisci
con il tuo perdono,
proteggi
con la tua misericordia;
distruggi
gli ostacoli,
accorda
tutti i beni,
affinché
questa stessa Chiesa Ti offra il frutto delle opere buone e, marciando al
profumo di questo Fiore, prodotto dalla radice di Jesse, misticamente chiamato fiore
del campo e giglio delle valli, meriti di gustare la gioia senza fine nella
gloria del cielo, in compagnia di tutti i santi, con questo Fiore divino, che
vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo in tutti i secoli dei
secoli.
Amen.
Il
vangelo cantato oggi è la storia della moltiplicazione dei cinque pani e dei
due pesci. Questo vangelo fa parte del ciclo di preparazione al battesimo dei catecumeni, che riceveranno il Sacramento durante la veglia pasquale, e prefigura l’Eucaristia,
dove Cristo, nel ringraziamento al Padre, si dona in un cibo, che non termina
mai:
Perché
è maggior miracolo governare tutto il mondo che saziare cinquemila uomini con
cinque pani. Eppure quello nessuno l’ammira: e questo gli uomini lo ammirano,
non perché sia più grande, ma perché avviene raramente. Perché chi anche adesso
nutre l’intero universo, se non colui che da pochi grani fa uscire le messi?
(Cristo) dunque agì da Dio. Per questa stessa potenza onde trasforma in ricche
messi pochi chicchi di grano, egli moltiplicò nelle sue mani i cinque pani:
perché ogni potere si trovava nelle mani di Cristo. E quei cinque pani erano
come dei semi, che non furono, è vero, affidati alla terra, ma furono
moltiplicati da colui che ha fatto la terra (Omelia di Sant’Agostino, vescovo, VIII
lezione, III Notturno di questa domenica).
Fonte: nostra traduzione dal blog Schola Sainte Cécile, 10 mars 2018. Cfr. Tradidi quod et accepi, 11.3.2018.
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