Per celebrare la
festa (liturgica) dell’Annunciazione, che quest’anno cade odiernamente (essendo
stato lo scorso 25 marzo Domenica delle Palme), rilanciamo questo contributo di
Vito Abbruzzi, ricordando quel che diceva il Servo di Dio don Dolindo Ruotolo: «Bisognerebbe
intensificare le preghiere e la devozione a Maria SS.ma, ma dolorosamente la
devozione a Maria SS. è decaduta in tante anime, che credono, così, di
avvicinare alla Chiesa i separati, quando, col loro atteggiamento, si
avvicinano agli errori dei dissidenti e non se ne accorgono ... È una immensa
pena per la povera anima mia. Si stampano su riviste cattoliche e da Sacerdoti,
errori, veri errori contro la Madonna e le cose più sante delle tradizioni
della Chiesa. Si parla di aggiornamento ai tempi, ma c’è in realtà un
aggiornamento al mondo ed allo spirito satanico. Non cooperate alla demolizione
di quello che fa del vostro Ordine uno dei più belli della Chiesa. Rimanete
puntello della Chiesa in questi tempi così pericolosi. Occorrono le parole che
disse Pio XII ai Gesuiti: “O rimanete quali siete, nello spirito del
fondatore, o è meglio che non siate più”. Parole di grande attualità per
tutti gli Ordini religiosi» [Pensieri di Don Dolindo Ruotolo (1882-1970),
tratti da Fui chiamato
Dolindo che significa dolore, p. 266].
Santino XVIII sec. |
Santino 1906 |
“Ave alle donne come te, Maria”
di Vito Abbruzzi
Tra i canti religiosi più popolari sicuramente quelli dedicati alla Madonna
occupano il primo posto; soprattutto l’Ave Maria: la preghiera mariana
per eccellenza, cantata in tutte le lingue del mondo. Il repertorio musicale
riguardante l’Ave Maria è davvero vasto, con melodie una più bella dell’altra,
firmate da compositori che hanno fatto e sono la storia della Musica, tanto
sacra quanto profana. Si pensi a due nomi tra tutti: Schubert e Gounod, le cui Ave
Maria sono ancora oggi le più interpretare dalle grandi voci del panorama
canoro, non solo classico ma anche leggero.
Molte Ave Maria hanno rispettato il testo originale latino
(quello della preghiera, per intenderci); ma tante altre, invece, cantate in lingua
volgare, hanno testi in parte o in tutto rivisitati rispetto alla preghiera che
ben conosciamo. Non nascondo che non pochi di essi sono pieni di melensaggini,
sotto tutti i punti di vista, soprattutto teologico, ché finiscono collo sminuire
la figura di Maria e il mistero dell’Incarnazione. Non voglio portare qui
esempi negativi citando canzonette da chiesa più o meno note: tempo sprecato
dal momento che vale l’errato principio: “non è bello ciò che è bello, è bello
ciò che piace”. Voglio, invece, dedicare il mio tempo parlando di un’Ave
Maria che, per quanto laica (così l’ha definita Antonella Ruggiero
cantandola durante un concerto dove io ero presente), è profondamente religiosa,
pur non essendo canzone da chiesa: l’Ave Maria di Fabrizio De Andrè. Si
tratta di una canzone il cui brano musicale è armonicamente così ben costruito da
poter a pieno diritto appartenere al genere classico. Lo dimostrano i vari
arrangiamenti curati dai migliori concertisti di musica classica, tra cui mi
piace menzionare il Maestro Andrea Bacchetti: pianista eccezionale, che da anni
accompagna la straordinaria voce di Antonella Ruggiero, la quale proprio all’Ave
Maria di De Andrè ha dato un’intensità e uno struggimento davvero unici,
superando nell’interpretazione canora lo stesso cantautore genovese (qui).
Cosa ha di diverso e di così speciale l’Ave Maria di Fabrizio De
Andrè? Mi riferisco chiaramente al testo, oltre che alla musica, già sublime di
per sé. Ha l’aver sottolineato l’essere pienamente “donna” di Maria a motivo
del suo essere a tutti gli effetti “madre”; a prescindere dal figlio: “povero o
ricco, umile o Messia”; e senza preoccuparsi affatto – a differenza di tanti che
sono credenti-increduli – dell’aver concepito e partorito verginalmente Gesù.
Il sospetto, infatti, per Maria, come per Giuseppe, “suo castissimo sposo” (come
diciamo nella preghiera indulgenziata Dio sia benedetto, al termine dell’adorazione
eucaristica) è, specialmente oggi in una società fortemente edonistica, di
essere considerata donna a metà, per il fatto di non aver conosciuto
uomo (cfr. Lc 1,34). Ho a suo tempo trattato la questione “San Giuseppe: ‘mezzo
uomo’ o ‘uomo giusto’?” (v. qui),
dimostrando che egli fu, “per le sue particolari doti virili, un vero uomo, un
uomo di carattere”. Non da meno è Maria: la Donna per antonomasia; la Donna con
la quale tutte le altre donne dovranno misurarsi. «Ave alle donne come te,
Maria», esclama De Andrè, «femmine un giorno e poi madri per sempre, nella
stagione che stagioni non sente».
Si fa subito a dire “maschio”, “femmina”; non così “uomo”,
“donna”: bisogna essere davvero all’altezza di un Giuseppe e di una
Maria: «coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc
8,21); coloro che, come direbbe mio padre, si mettono la famiglia sulle spalle…
senza se e senza ma.
Evviva Maria!
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