Nella festa dei SS. Filippo e Giacomo, apostoli e martiri,
nonché di S. Giuseppe artigiano, rilancio questo Editoriale di Radicati nella fede.
Jacopo Alessandro Calvi detto Il Sordino, SS. Filippo e Giacomo minore, 1811, Bologna |
Vitale Sala, SS. Filippo e Giacomo, 1830, Vigevano |
Tommaso Rasmo (attrib.), SS. Filippo e Giacomo minore, 1854-63, Trento |
Ambito meridionale, SS. Filippo e Giacomo minore, XIX sec., Altamura |
Modesto Faustini, S. Giuseppe con la Vergine Gesù fanciullo nella bottega di Nazaret, 1886-90, Cappella spagnola, Santuario della Santa Casa, Loreto |
Giuseppe Stuflesser, S. Giuseppe lavoratore, 1940-60, Sulmona-Valva |
LA
MESSA CONTEMPLATIVA
Editoriale
di "Radicati nella fede"
Anno
XI n. 5 - Maggio 2018
La cosa più insopportabile a un
cuore cristiano è vedere attentare alla vita contemplativa, che è l'anima della
vita cristiana.
“Quanta utilità e gioia divina
rechino la solitudine e il silenzio dell'eremo a coloro che li amano, lo sanno
solamente quelli che ne hanno fatto esperienza. Qui, infatti, agli uomini forti
è consentito raccogliersi quanto desiderano e restare con se stessi, coltivare
assiduamente i germogli delle virtù e nutrirsi, felicemente, dei frutti del
paradiso. Qui si conquista quell'occhio il cui sereno sguardo ferisce d'amore
lo Sposo, e per mezzo della cui trasparenza e purezza si vede Dio. Qui si
pratica un ozio laborioso e si riposa in un'azione quieta. Qui, per la fatica
del combattimento, Dio dona ai suoi atleti la ricompensa desiderata, cioè la
pace che il mondo ignora, e la gioia nello Spirito Santo.
Che cosa è tanto giusto e tanto
utile, e che cosa così insito e conveniente alla natura umana quanto l'amare il
bene? E che cosa altro è tanto bene quanto Dio? Anzi, che cosa altro è bene se
non solo Dio? Perciò l'anima santa, che, di questo bene, in parte percepisce
l'incomparabile dignità, splendore e bellezza, accesa dalla fiamma d'amore
dice: L'anima mia ha sete del Dio forte e vivo; quando verrò e mi
presenterò davanti al volto di Dio?».
Usiamo le parole stesse di San
Bruno, fondatore dell'ordine più contemplativo che la Chiesa conosca, i
Certosini, per sintetizzare nel concreto la vita contemplativa. Di questa vita
contemplativa la chiesa di oggi ha urgentemente bisogno. È la vocazione più
elevata che possa esistere nel popolo cristiano, e il popolo cristiano ne ha
assolutamente bisogno. Se scomparisse la vita contemplativa, il mondo cristiano
perderebbe la sua anima.
Abbiamo deciso la pubblicazione
in italiano de “La vie contemplative, son rôle apostolique” per una
felice intuizione, quasi per un istinto interiore. Man mano che sono passati i
giorni, sappiamo sempre di più il perché: occorre reagire alla confusione
mortale che alberga nel popolo cristiano, avvelenato da un falso cristianesimo
naturalista, che utilizzando ancora le parole cattoliche le svuota di vero
significato. È una confusione a tutti i livelli, a tutti i livelli della
gerarchia e del popolo. È un avvelenamento che sparge morte, la morte del
cristianesimo integralmente vissuto.
L'avvelenamento del naturalismo
toglie a Dio il primato; fa parlare ancora di Dio, ma Dio non è più tutto, e il
primo. Dio è ridotto ad un interlocutore dell'uomo, che all'occorrenza l'uomo
interpella o cita, ma da Dio non parte tutto e tutto non torna più a lui: è
l'uomo che è al centro. E quando l'uomo è al centro, l'uomo si smarrisce,
perché Dio è tutto, è il suo tutto. “Deus meus et omnia, mio Dio, mio
tutto”, è l'espressione sintetica della vera religione sulle labbra di San
Francesco.
La vita contemplativa pone il
primato di Dio: essa in sé è giusta, perché pone l'uomo nella giusta posizione.
La Chiesa senza vita
contemplativa muore nel naturalismo cristiano, che usa ancora i vocaboli della
Tradizione riferendoli innanzitutto a un progetto umano. Si tratta del colpo
maestro del demonio, l'ultimo inganno per distruggere ciò che ancora resta del
cattolicesimo nel nostro tessuto sociale.
Chi se ne avvede appieno? Chi
urla al pericolo? Continuiamo a sentire un silenzio assordante e complice
dell'opera di Satana.
E Satana è il menzognero: anche
lui dice che Dio è tutto, ma poi ti dice che Dio passa nel fratello, nel
povero, nella comunità, nel pellegrino... ma non perché tu lo riconosca e lo
servi in essi, bensì perché tu lo relativizzi: ti fa dire “Dio è tutto, ma
siccome è dappertutto e in tutti, continuo a vivere la mia vita umana così
com'è, con un po' di benevolenza in più...” e così compie la desacralizzazione
della vita cristiana.
Il primato di Dio è un primato: è
vero che passa anche attraverso i fratelli, attraverso il povero e l'afflitto,
attraverso chi il Signore ti mette accanto, ma è Dio appunto che si rende
presente! E lui è tutto!
Ebbene, per questo primato di
Dio, da sempre la Chiesa ha riconosciuto che alcuni sono chiamati da lui a
stargli difronte primariamente, e questo stargli difronte diventa il compito
della vita. La Chiesa da sempre ha riconosciuto i contemplativi, eremiti o in
comunità, li ha riconosciuti e difesi dal mondo con una legislazione precisa.
Ha difeso gli “inutili” secondo il mondo, perché così necessari al mondo
stesso. Sono gli uomini e le donne chiamati a fare costantemente memoria di
Cristo, di Dio; e riconoscere che questa memoria è il contenuto di sé: “Mi
fu detto: tutto deve essere accolto senza parole e trattenuto nel silenzio.
Allora mi accorsi che forse tutta la mia esistenza sarebbe trascorsa nel
rendermi conto di ciò che mi era accaduto. E il tuo ricordo mi riempie di
silenzio” (Laurentius, monaco eremita).
La Chiesa di sempre li ha difesi,
oggi invece tende a confondere per loro le carte e li mette in pericolo; li
espone ad un pericolo ingiusto e mortale, con la scusa che Dio passa attraverso
i fratelli.
Ma questo Contemplativo sarà
sempre il definitivo, perché nella vita eterna, quando Dio sarà tutto in tutti,
il contenuto della vita tutta dell'uomo sarà l'unione con Dio, carità infinita:
“I poveri li avrete sempre con voi, ma non sempre avete me” (Gv 12,8).
Il contemplativo è perciò
profetico: dice a tutti i cristiani, che vivono ancora nel mondo e dentro le
occupazioni della vita, che alla fine resterà la contemplazione che è il
vertice dell'attività, perché è Dio che opera. Cosa faremo nella vita eterna se
non godere dell'unione perfetta con Dio? E come può un popolo senza
contemplativi capire ancora la vita eterna?
Il popolo cristiano aveva nel
passato, nel rito della messa, il profetico e definitivo del contemplativo: la
messa della tradizione ti blocca difronte a Dio e alla sua azione, ti chiede un
grado di contemplazione; la messa della tradizione ti chiede la contemplazione
ponendoti il primato di Dio: il silenzio, le genuflessioni, il protendersi
verso la sua venuta, lo spirito di adorazione... tutto e richiamo alla
contemplazione.
Era così per tutto il popolo...
poi hanno iniziato a dire che Dio passava attraverso i fratelli... e hanno
infarcito la messa di parole e dialoghi, acclamazioni e gesti dentro un vortice
sempre più banalizzante e disumanizzante, perché l'umano è fatto per la
contemplazione, è fatto per Dio.
E il primato di Dio è scomparso
dalla vita del popolo. E i fedeli non hanno più visto Dio nella Messa.
Ora, dopo la distruzione delle
parrocchie, è il turno degli ultimi conventi rimasti, quelli contemplativi,
perché gli altri conventi già non ci sono più. E tutto questo perché Dio passa
per i fratelli.
Il cristianesimo c'è dove c'è la
messa contemplativa.
Anche il monachesimo si salverà
solo con la messa contemplativa, la messa della tradizione.
Ecco perché ci è parso importante
parlare degli “inutili” in questo bollettino. Gli inutili per il mondo, i
contemplativi quelli veri salveranno il cristianesimo ponendo di nuovo il
primato di Dio.
Ma attenti, gli inutili saranno
salvati dalla messa cattolica, la messa di sempre, la messa della
contemplazione. Saranno salvati da essa, o non saranno più.
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