Rilanciamo,
sebbene un po’ in ritardo rispetto al mese di competenza, quest’editoriale di
Radicati nella fede. Abbiamo preferito rilanciarlo in questo mese, perché più indicato,
essendo settembre il mese dell’Esaltazione della Croce di N.S.G.C. e della
Vergine dolorosa. Infatti, non accettando il Teantropo Crocifisso quale Messia,
coloro che l’editoriale denomina “eterni aspettanti” sono in attesa – vana - di un loro messia.
GLI ETERNI ASPETTANTI
Editoriale di "Radicati nella fede"
Anno XI n. 8 - Agosto 2018
Per quale
ragione siamo in fondo convinti che non si possa rifare almeno un pezzo di
Cristianità? Qual è il motivo di fondo che ci impedisce anche solo il
desiderare sul serio che la società torni ad essere cristiana, nelle sue
espressioni e nelle sue istituzioni?
Qual è il
segreto macigno che ci impedisce, anche quando un briciolo di questo desiderio
si manifesta ancora in noi; qual è il segreto macigno che blocca il nostro
reale operare, perché il nostro mondo torni ad essere cattolico?
I motivi secondari
sono tanti, ci sono di mezzo, certamente, il nostro peccato e tutte le nostre
meschinità, ma tutto questo viene dopo la pietra d’inciampo, che è ormai un
vero macigno:
il più delle
volte noi viviamo come se tutto non fosse compiuto. Viviamo in fondo come gli
Ebrei che attendono ancora e questo costituisce il nostro tradimento.
Gli Ebrei
furono definiti “gli eterni aspettanti”, perché non accolsero il Messia
volendone un altro; ma come dovremo essere definiti noi, se vivremo senza la
convinzione che tutto è compiuto?
“Consummatum
est” disse Cristo sulla Croce, tutto è compiuto. Gesù Cristo
Signore Nostro ci ha già redenti, ha ottenuto per noi tutte le grazie che ci
sono necessarie; ci ha dato tutti gli strumenti, nei Sacramenti, perché la nostra
trasformazione in lui avvenga; ci ha consegnato tutte le verità necessarie per
la nostra salvezza, perché si compia la nostra santificazione. La Rivelazione è
conclusa con la morte di S. Giovanni; il tesoro di grazia è al completo per
noi, tutto è compiuto, tutto ci è dato.
Invece noi,
per non operare, per non “trafficare” la grazia dataci, attendiamo ancora…
alcuni passano tutta la vita così, ed è terribile!
Attendono
ancora che qualcosa capiti, come se Cristo non fosse venuto.
Alcuni, molti,
attendono ancora come se Cristo non avesse tutto compiuto.
Alcuni,
troppi, attendono ancora come se non avessero tutti gli strumenti necessari per
la grande operazione: la santificazione della propria vita e la trasformazione
del mondo in Cristianesimo, in Cristianità.
Esattamente
come gli Ebrei, attendono ancora e questa attesa è tradimento.
“Sei tu
colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?” (Mt 11,3) chiese dal
carcere San Giovanni Battista. E saputo che la salvezza era presente (“Andate
e riferite a Giovanni... i ciechi vedono, gli storpi camminano, ... ai poveri è
annunciata la buona novella”, Mt 11,4-5), consegnò la vita nel supremo
martirio e i suoi discepoli seguirono il Messia e fecero il Cristianesimo.
Non dobbiamo
attendere un altro e Cristo ha già tutto compiuto, se aspettassimo ancora
compiremmo il supremo tradimento.
I santi di
tutti i tempi sanno questo e, nell’ora del loro presente, compiono l’opera di
Dio.
Hanno fatto
la Cristianità, cioè la trasformazione della società umana in cristiana, coloro
che non attendevano altro perché sapevano che tutto è compiuto. Uomini e donne
indecisi sulla definitività della Rivelazione non avrebbero combinato nulla.
Uomini e donne impegnati a reinterpretare la Rivelazione per scoprirne novità
rivoluzionarie, non avrebbero costruito niente.
Certo, il
cristiano è colui che attende: attende però il ritorno definitivo di Cristo,
non il compimento della sua Rivelazione e della sua opera, c’è una bella
differenza!
Il cristiano
è costituito dall’attesa del ritorno definitivo di Cristo, quando verrà a
giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine.
Attende, il
cristiano, la ricapitolazione di tutta la realtà in Cristo quando lui porterà a
compimento, purificando, la cristianizzazione della realtà.
Per questo
il cristiano, che ha ormai tutte le grazie per quest’opera, inizia questo
lavoro di trasformazione della realtà; la inizia nel tempo, in questo tempo che
gli è dato; inizia questo lavoro, che Cristo porterà definitivamente a
compimento con il suo ritorno, in questo costituisce il Giudizio.
E noi
rischiamo di attendere ancora per non compiere il nostro lavoro!
Anche noi,
carissimi, che orgogliosamente amiamo definirci tradizionali, anche noi
rischiamo di attendere ancora. Certo, sappiamo bene che la Rivelazione è
conclusa, poi però aspettiamo sempre che qualcosa capiti nella Chiesa per poter
iniziare un lavoro su di noi e sul mondo… e non capiterà nulla di nuovo, se non
la nostra santificazione o il nostro tradimento.
Anche noi
rischiamo di essere “eterni aspettanti” come gli Ebrei; come i cristiani che
attendono qualche nuova interpretazione della legge di Dio, qualche novità che
renda più allettante la fede; qualche novità nei Comandamenti, nei Sacramenti e
nella Messa che li renda più efficaci.
Ma questi
aspettanti non fanno la storia, perché la storia è di Dio e tutto è già
compiuto.
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