Nella commemorazione dei Santi Antenati di Gesù, un posto di rilievo hanno Adamo ed Eva, i nostri progenitori. Rilanciamo questo contributo.
La tradizione orientale, non avendo il periodo di Avvento, dedica nondimeno due domeniche alla preparazione del Natale. Nella prima di queste, corrispondente alla III domenica dell'Avvento romano (la ben nota domenica Gaudete), cioè la penultima domenica prima del Natale di Nostro Signore, la tradizione bizantina celebra la domenica dei Santi Progenitori, in onore di tutti gli antenati secondo la carne del Nostro Salvatore, da Adamo fino a Giovanni Battista. Essa cade tra l’11 ed il 17 dicembre (cfr. P. Romano Scalfi, Memoria dei santi progenitori, in Cultura cattolica.it; Domenica dei santi Progenitori, in Traditio Marciana, 15.12.2018).
Rilanciamo questo contributo sui Santi Adamo ed Eva.
Santi Adamo ed Eva
Il
24 dicembre ricorre la memoria liturgica dei santi antenati di Gesù, tra i
quali la Chiesa venera Adamo ed Eva. Dopo il libero compimento del peccato
originale e la cacciata dall’Eden, i nostri progenitori vissero una vita di
preghiera e penitenza - come i Padri della Chiesa hanno insegnato e in accordo
alle tracce contenute nell’Antico Testamento - morendo riconciliati con Dio
Il
24 dicembre ricorre la memoria liturgica dei santi antenati di Gesù, tra i
quali la Chiesa venera Adamo ed Eva. Dopo il libero compimento del peccato
originale e la cacciata dall’Eden, i nostri progenitori vissero una vita di
preghiera e penitenza - come i Padri della Chiesa hanno insegnato e in accordo
alle tracce contenute nell’Antico Testamento - morendo riconciliati con Dio e
in attesa della salvezza promessa per i giusti che si sarebbe compiuta con il
nuovo Adamo, Cristo, incarnatosi grazie al fiat della nuova
Eva, Maria, inizio di una nuova creazione che supera in gloria l’originaria
perché redenta dai meriti di Nostro Signore, obbediente fino alla Croce. In
questo senso la liturgia pasquale recita: O felice colpa, che ha
meritato un tale e così grande Redentore.
Adamo
ed Eva vissero e morirono perciò nella speranza della redenzione, che era stata misteriosamente predetta da Dio
proprio dopo la loro disobbedienza, nel mentre di quel primordiale dramma in
cui pensarono di non poter recuperare l’amicizia con Lui (ho udito il tuo
passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto),
che invece non li abbandonò, annunciando nelle parole rivolte al serpente
tentatore ciò che la Tradizione ha chiamato «protovangelo» della salvezza, poiché,
spiega il Catechismo, «è il primo annunzio del Messia Redentore, di una lotta
tra il serpente e la Donna e della vittoria finale di un discendente di Lei».
Si tratta del celebre versetto della Genesi: Io porrò inimicizia tra te
e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e
tu le insidierai il calcagno (Gn 3,15). È l’inizio del
combattimento spirituale che da allora accompagnerà la vita terrena di ogni
uomo, chiamato a combattere, con l’aiuto della grazia di Dio, per restare unito
al bene.
L’esperienza
di Adamo ed Eva - creati in uno stato di
santità e giustizia originali, partecipi della vita divina, in perfetta armonia
tra loro e con tutta la creazione, dove non esistevano né morte né sofferenze -
mostra già all’inizio della storia dell’uomo l’infinita misericordia di Dio,
che cerca fino all’ultimo di attrarre a Sé la sua creatura, amata al di sopra
di tutto il creato: ne ha compassione nonostante il tradimento della Sua
amicizia (il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li
vestì) e arriva a donarle le grazie necessarie per la santificazione. I
progenitori, dopo aver abusato della loro libertà, cadendo nell’inganno di
Satana di poter diventare «come Dio» ma «senza Dio e anteponendosi a Dio, non
secondo Dio» (san Massimo il Confessore), sperimentarono tutto l’orrore del
peccato; e nel loro stato di pellegrini sulla terra ebbero il merito di
riconoscere la loro colpa e di vivere per espiarla, stavolta assecondando la
grazia.
Si
ha un segno di questo riconoscimento di Dio nelle
parole che Eva pronuncia dopo aver partorito Caino: Ho acquistato un
uomo dal Signore (Gn 4,1). Sono parole di lode all’Onnipotente.
I progenitori comprendono cioè di essere stati resi partecipi, in «una sola
carne», della Sua opera di creazione più alta. Pochi versetti più avanti l’autore
sacro, spesso scarno, riferisce un ringraziamento in tutto simile per la
nascita del terzo figlio, chiamato Set: Perché - disse - Dio mi ha
concesso un’altra discendenza al posto di Abele, poiché Caino l’ha ucciso.
Le discordie tra gli uomini, che sono sempre liberi ma feriti nella loro natura
in conseguenza del peccato originale, li precipitano in un abisso senza fine,
eppure Dio continua a non abbandonarli propiziando una nuova discendenza. Set
diventa padre di Enos e il capitolo 4 della Genesi si chiude con una notizia
significativa: Allora si cominciò a invocare il nome del Signore.
Un Signore che perdona chi ha contrizione per i propri peccati e lo riconosce
come Padre e fine ultimo.
La
santità raggiunta, o si potrebbe dire recuperata, da Adamo ed Eva ci ricorda che, finché si è nello stato della
prova (il nostro stato qui sulla terra, prima del Giudizio), Dio non fa mancare
il suo aiuto all’uomo disposto ad accoglierlo. Ricorda anche tutte le
conseguenze concrete del peccato originale, che il mondo oggi preferisce
ignorare e deridere mentre crede ciecamente a una pseudo-teoria secondo cui
l’uomo, l’unica creatura dotata di intelletto e chiamata a conoscere e amare
Dio, avrebbe un antenato in comune con la scimmia [per un approfondimento sul
tema, vedi Evoluzionismo. Dubbi e
obiezioni, di Marco Respinti; Perché io credo in
Colui che ha fatto il mondo, del fisico Antonino Zichichi].
Non
è questo il luogo per esporre la dottrina sul peccato originale, basti ricordare che la Chiesa insegna con chiarezza
che «il racconto della caduta (Gn 3) utilizza un linguaggio di immagini,
ma espone un avvenimento primordiale, un fatto che è accaduto all’inizio
della storia dell’uomo» (CCC 390). È alla luce di quel fatto che si riempie
di senso il mistero di Cristo incarnato e morto in croce, secondo quell’intima
connessione che san Paolo sintetizzò così: «Dove abbondò il peccato,
sovrabbondò la grazia». I progenitori caduti, e ravvedutisi, a questa grazia
hanno saputo credere.
Per
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