Oggi la Chiesa cattolica latina celebra la festa dell’Epifania del Signore. Nell’Antifona dei secondi vespri di questa giornata, è condensato il senso di questa festa: «Tre prodigi celebriamo in questo giorno santo: oggi la stella ha guidato i magi al presepio, oggi l'acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluia» (v. Il significato e il termine Epifania, in Chiesa e postconcilio, 6.1.2019).
Celebriamo dunque questo triplice mistero e principalmente l’adorazione dei Magi al divino Infante, ricordando con S. Isacco di Ninive o il Siro, che «Il sole ha restituito l’adorazione: mediante i suoi Magi lo ha onorato, mediante i suoi adoratori lo ha adorato» (Inno della Natività. Cfr. Santa Epifania a tutti i nostri lettori, in Riscossa cristiana, 5.1.2019).
Per meditare su questa festa, rilanciamo il seguente contributo. Auguri di Santa Epifania ai nostri lettori.
Vennero
dall’Oriente
di Paolo Risso
Presso gli orientali era nota l’attesa di un Messia
da parte del popolo di Israele, forse perché gli ebrei della prima diaspora,
dispersi per la deportazione da parte di assiri e babilonesi, avevano fatto
conoscere le loro Scritture. Il compimento di questa attesa desta gioia e
sottomissione nei Magi, i quali rappresentano coloro che lasciano le tenebre
per giungere all’ammirabile Luce di Cristo.
«Nato Gesù a Betlemme di
giudea, al tempo del re Erode, alcuni Magi vennero dall’Oriente a Gerusalemme e
domandavano: “Dov’è il re dei giudei che è nato?”» (Mt 2,1-2ss). Così racconta
l’evangelista Matteo, scrivendo con assoluta fondatezza storica e biblica.
L’adorazione dei Magi a Gesù non è leggenda, non è un “genere letterario”, come
si usa dire oggi, non è soltanto “una lettura teologica” della venuta di Gesù.
È fatto storico, che con ogni probabilità, direi con certezza, Matteo ha
raccolto da Maria Santissima per i suoi due primi capitoli, come Luca farà
altrettanto per i suoi primi due capitoli, l’insieme dei “Vangeli
dell’infanzia”, dove c’è tutto sul piccolo Gesù, presagio del “grande” Gesù.
Storia non leggenda
«Vennero dall’Oriente».
L’Oriente per gli ebrei è la Mesopotamia e, più ancora, la lontana Persia, il
cui re Ciro, alcuni secoli prima, aveva permesso agli ebrei deportati a
Babilonia, di tornare nella loro terra, la piccola Palestina, crocevia delle
genti.
Gli ebrei esuli a Babilonia, avevano diffuso, tra i “gentili” (i pagani),
l’idea del loro Dio, purissimo Spirito, uno e unico Creatore e Legislatore
dell’umanità, e insieme l’attesa di un suo Inviato, che essi attendevano. Prova
ne sia la testimonianza di Tobia, un esule di Israele, molto pio e identitario,
che in un suo cantico di lode afferma di far conoscere la gloria del vero Dio
in un popolo straniero (cf. Tb 13,2-18). Altro segno è il salmo 136, in cui
l’autore narra come nell’esilio a Babilonia, fosse loro chiesto di cantare i
cantici di Sion e l’impossibilità di soddisfare la richiesta, poiché le cetre
erano state appese, in segno di lutto, alle fronde dei salici!
Presso gli orientali della Mesopotamia e della Persia dunque, era nota l’attesa
di un Messia, di un Inviato, di un Re, mai prima visto, da parte di Israele.
Attesa nota, perché gli ebrei della prima diaspora, dispersi per la
deportazione da parte di assiri e babilonesi, avevano fatto conoscere le loro
Scritture, soprattutto tra i dotti, gli studiosi delle “stelle”, del cielo e
della terra. Attesa nota, in ogni paese pagano, perché doveva esser pure stata
conservata quella “rivelazione primigenia”, che risale a Dio al principio
dell’umanità: «Porrò inimicizia tra te [il serpente, il diavolo, la potenza del
male], la Donna, tra te e la sua discendenza. Ella ti schiaccerà il capo» (Gen
3,15). Relazione primigenia tradottasi nell’attesa di un Personaggio venuto dal
Cielo, da Dio stesso.
«Alcuni Magi vennero
dall’Oriente». A Gerusalemme dicono di aver visto il sorgere di una stella, la
sua stella, annuncio della venuta di questo Re inedito, Re unico, tutto
singolare. Allora sapevano che la sua venuta sarebbe stata preceduta da una
stella, che i cieli stessi l’avrebbero fatto sapere, come dice il libro dei
Numeri, 24,17. Sicuramente conoscevano qualcosa dell’Atteso da Israele, popolo
così piccolo, ma segnato da una letteratura divina, le loro Scritture, con i
Patriarchi, i Giudici, i Re, i Profeti, i Sapienti, tutti volti e anelanti a
incontrarlo.
Facciamo una lettura fondamentalista della Parola di Dio? Ebbene che sia,
sappiamo che quanto stiamo scrivendo, è la lettura che ne fa fondata cultura
biblica e soprattutto il Magistero della Chiesa. E pertanto ne abbiamo l’anima
in pace.
Cercatori di verità e vita
Alla domanda dei Magi, giunti
a Gerusalemme: «Dov’è il re dei Giudei che è nato?», tutta la città sacra del
Tempio di Dio, rimase sgomenta, primo tra tutti il re Erode, una reuccio
vassallo di Roma, che temeva sempre di perdere il suo potere sul reame, fino al
punto di fare assassinare i suoi figli, timoroso che attentassero al suo trono.
Augusto, quando lo seppe, dichiarò che preferiva essere un «porco», che figlio
di Erode – sottinteso – perché in Israele non si uccidevano né tanto meno si mangiava
la carne di maiale!
Erode, dunque, sgomento,
Gerusalemme sgomenta, non per la venuta dell’Atteso delle genti, che pure
avrebbe dato lustro al loro popolo, ma sgomenti di stupore, di paura, di
collera. «Erode, riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, si
informava da loro sul luogo dove doveva nascere il Messia. Gli risposero: “A
Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta”». E gli citano
Michea 5,1.
Notate: si radunano Erode, i
sommi sacerdoti (quelli in carica e gli “emeriti”) e gli scribi del popolo. Gli
stessi che si raduneranno dopo circa trent’anni, per processare Gesù! Quando
Erode ha la risposta, dice ai Magi: «Andate a Betlemme, informatevi
accuratamente del bambino e quando l’avrete trovato, fatemi sapere, perché
anch’io venga ad adorarlo». Ma la sua “cura” era perfidia e scelleratezza,
inizio di una congiura contro Gesù, che si illuderà di aver fine mandando Gesù
alla croce, ma che continua ancora oggi, dove Gesù è rifiutato, perseguitato e
crocifisso, su tutti i calvari della terra.
Pur conoscendo le Scritture, i vaticini dei profeti, riguardo al Re-Messia,
nessuno di quei “signori” di Gerusalemme – neppure i sacerdoti – si mosse per
andarlo a cercare a Betlemme. Anzi, dicono i Padri della Chiesa, che pure essi
congiurarono con Erode nella strage di bambini dai due anni in giù, per
eliminarlo.
Per restare unico re, Erode (e i suoi complici) sogna di spegnere la Luce nel
sangue. I testimoni “obbligati” della Luce, i sacerdoti e i principi della
nazione, non alzeranno la voce, contro l’iniquità. Il popolo sviato da quelli
che avrebbero dovuto guidarlo alla verità, continuerà a ostinarsi
nell’incuranza e nell’errore, nel rifiuto del suo Re-Messia. Infelice popolo,
qualsiasi popolo, che abbandona il suo Dio. Sarà lui stesso abbandonato.
Sono brevi righe quelle di Matteo, capitolo 2, ma contengono una tragedia.
Ma io vado, noi andiamo a
Betlemme, al seguito dei Magi e della stella riapparsa. Da quando sono entrati
in Giudea, la folla si arresta ad ammirare la loro lunga carovana, i loro
costumi pittoreschi, la stella che brilla alla testa del corteo. Ma nessuno
comprende il segno di Dio e tutti se ne tornano dimentichi, incuranti, ai loro
affari. Solo i Magi vincono l’indifferenza, l’ostilità e camminano, cercatori di
verità e vita, al seguito della stella prodigiosa.
Giunti alla casa dove c’è il
piccolo Gesù, non si distraggono neppure un istante, provano una grandissima
gioia a vedere il Bambino Gesù con Maria sua Madre, che presenta il Figlio di
Dio e suo alla loro adorazione. Sottolinea Matteo evangelista: «Essi, i Magi,
prostratisi lo adorarono». Lo hanno riconosciuto non solo Re di Israele, ma Re
del mondo, anzi Dio, degno Lui solo di adorazione con la faccia a terra.
Altrettanto, si può pensare, fanno i loro servi.
È piccolo, Gesù, ma è il loro Re. È il nostro Re. È Lui, Gesù, il Sovrano, il
Signore. “È lui che tiene in mano il Regno, la potenza e l’impero”. Sì, il
nostro piccolo Re, ma è il Re cui nessuno potrà mai resistere, al quale è
destinata la vittoria sul mondo e nell’eternità. I Magi offrono oro, incenso e
mirra, e con loro tutti i secoli cristiani salutano e adorano il Capo, la
Guida, la Vita nuova dell’umanità rigenerata da Lui.
Il Dio-bambino sorride e benedice i primi nati della sua Chiesa. Non solo l’Israele
più umile, quello dei pastori della collina di Betlemme, ma “la gentilità” (i
pagani) che comincia ad adorarlo nei suoi membri più illustri, quali erano i
Magi, sapienti, forse sacerdoti e re pure loro, comunque guide, notabili dei
loro popoli. Riconosciamolo, oggi si rivela il Salvatore – Epifania significa
manifestazione –, oggi si innalza sui nostri orizzonti – sugli orizzonti
dei secoli e della storia – la Luce piena, totale, indefettibile, sovrana del
piccolo Re, che è il Re dei re.
Felici noi che camminiamo
nella sua luce. Felice il nostro tempo se tornerà a Gesù, diversamente è il
tempo più infelice e più cupo della storia. Felici noi che crediamo in Gesù,
come il Figlio di Dio fatto uomo. Pastori, Magi, i credenti in Gesù a duemila e
due decenni dalla sua venuta, abbiamo superato la “gnosi” di una sapienza
soltanto umana, per arrenderci a Gesù, oltre il Quale non è possibile andare,
come spiega l’apostolo evangelista san Giovanni (cf. 1 Gv 4,2-3; 2 Gv 4-9), pena
l’essere fuori dal progetto di Dio, anzi, diventare anti-cristi. A noi, in
compagnia di Gesù e di sua Madre, come per i santi Magi, l’assoluta certezza,
il completo possesso, la sicurezza della verità assoluta ed eterna.