Con i primi
vespri di questa domenica comincia ufficialmente il Tempo di Passione, che ci
condurrà alla Settimana Santa, che avrà il suo culmine nella Passione, Morte e
Resurrezione di Nostro Signore.
Accostiamoci a
questo grande mistero con la commemorazione e la meditazione dei dolori del
Redentore, evitando di giungere al giorno dell’immolazione del divino Agnello,
senza aver prima disposte le nostre anime alla compassione dei patimenti da Lui
sofferti in nostra vece. Per questo la Chiesa è solita velare le croci e le
immagini sacre in questo periodo.
Per introdurci degnamente in esso, pubblichiamo volentieri questo contributo del prof. Abbruzzi, che ci fa entrare in questo mistero di dolore e di amore attraverso i riti celebrati nella cittadina pugliese di Noicattaro.
Per introdurci degnamente in esso, pubblichiamo volentieri questo contributo del prof. Abbruzzi, che ci fa entrare in questo mistero di dolore e di amore attraverso i riti celebrati nella cittadina pugliese di Noicattaro.
Vasily Vereshchagin, Ecce homo, XIX sec. |
Noicattaro: per tre giorni
Gerusalemme
di Vito Abbruzzi
Non molti giorni fa sono
stato contattato telefonicamente da un amico, nojano doc (non a caso
crocifero), chiedendomi di scrivere un articolo sui suggestivi riti della
Settimana Santa di Noicattaro: dal mio punto di vista, che tanto li apprezza,
pur non essendo nojano. Anzi, è proprio a motivo di ciò che egli mi ha
interpellato, cercando di cogliere aspetti che forse sfuggono ai suoi
compaesani, cultori di quelle plurisecolari tradizioni.
Premetto che il mio
apprezzamento non è scevro da pregiudizi passati; pregiudizi che ho superato
grazie proprio ai miei amici crociferi, che mi hanno aperto la mente e il cuore
a considerare i riti nojani della passione e morte di Nostro Signore come atti
di religiosità profondamente sentiti dalla intera popolazione nojana, e non
già come momenti di mera manifestazione folclorica.
I miei pregiudizi, poi, derivavano
dal fatto che, in quanto conversanese (e conversanese doc), ero e sono
intimamente legato alle processioni del Venerdì Santo del mio paese: Conversano
(distante poco meno di quindici chilometri da Noicattaro), che, nella
centralissima chiesa della Passione, conserva e custodisce i cosiddetti
“Misteri”: statue in cartapesta di ottima fattura tardo-settecentesca, che
impressionano non poco l’osservatore attento, per il pregnante messaggio
biblico-teologico che ciascuna di esse trasmette.
Non si è, infatti, di fronte
alle solite raffigurazioni di Cristi sofferenti, vinti dal dolore e, perciò,
patetici. Al contrario, ci si trova dinanzi ad immagini che, pur parlando dell’Uomo
dei dolori che ben conosce il patire (Is 53,3), mettono in luce la maestà
divina unita alla ieratica virilità del Cristo che liberamente si è offerto
alla sua passione, del Cristo che morendo ha distrutto la morte.
Cos’è, dunque, che mi
affascina della Settimana Santa di Noicattaro, oltre ai ben noti crociferi, di
cui ho avuto modo lo scorso anno (v. qui)
e due anni fa (v. qui)
di parlare? La compostezza di una intera comunità cittadina, riflessa nel
decoro di un borgo, che per tre giorni (dal Giovedì Santo al Sabato Santo) sembra
essere Gerusalemme, la Città Santa, col suo dedalo di strade e stradine, ove si
muovono i sacri simulacri portati in processione.
Un insegnamento a tutti i
paesi limitrofi che, per opportunità varie, hanno – già da tanti anni a questa
parte – escluso dai percorsi delle processioni i centri storici: dimenticati dagli
uomini, dimenticati da Dio.
È commovente, invece, vedere, pur tra mille
difficoltà di carattere logistico, le statue sfilare per le strade dell’antica
Noja: il borgo medievale di Noicattaro, che si sviluppa attorno alla Chiesa
Madre, pregevole esempio di architettura romanico-pugliese.
È proprio in questa
chiesa che si conserva l’Amore dei Nojani: la bellissima Vergine Addolorata,
portata in processione nella notte tra il Venerdì Santo e il Sabato Santo;
notte che per i Nojani è per antonomasia “la Nottata (‘a nәttәtә)”.
Ma io, che nojano non
sono, preferisco come “nottata” quella precedente: quella tra il Giovedì Santo
e il Venerdì Santo, quando, finita l’ondata di gente venuta anche da fuori per
assistere allo “spettacolo” dei primi crociferi, la città finalmente si svuota
e le strade sono quasi del tutto deserte: solo pochi crociferi in giro e qualche
buon cristiano a vegliare, nelle chiese aperte, il “Sepolcro” (uno in
particolare è quello della centralissima chiesa dell’Immacolata: oramai un unicum,
addobbato con fiori e candele secondo i crismi).
È in quella circostanza che,
una volta giunto in Chiesa Madre, mi dirigo senza indugi verso la Vergine
Addolorata, la cui espressione, e nel volto e nelle mani, commuove. Quanto bene
si adattano ad essa i versi del poeta Metastasio: «Sento l’amaro pianto / della
dolente Madre, / che gira fra le strade / in traccia del suo Ben. / Sento l’amato
Figlio, / che dice: “Madre, addio; / più fier del dolor mio, / il tuo mi passa
il sen”».
Il dolore della Madre si
legge nei volti dei suoi devoti, che l’accompagnano nella ricerca del divin
Figlio, stringendosi attorno a Lei; ma anche a Lui, che, ormai schiodato dalla
Croce, viene idealmente portato in processione verso il luogo della sepoltura,
cullato dai portatori.
È la Naca.
Parliamo di un’opera
davvero pregevole, sotto tutti i punti di vista, da poco restaurata e riportata
all’antico splendore. Lo stile è quello neoclassico, che ricorda molto da
vicino la preziosa “Culla del Re di Roma” (il figlio di Napoleone), esposta all’interno
del palazzo imperiale di Vienna.
La Naca impressiona
parecchio, perché il Cristo raffigurato non è affatto rilassato: ha la
muscolatura tutta contratta, per gli atrocissimi dolori sopportati in croce. È
la sua una morte davvero faticata! Come direbbe mia madre nel suo espressivo
vernacolo conversanese, quando leggeva la sofferenza nel volto cadaverico di
una persona a lei cara: «La morte se l’è faticata!».
Sembra di ascoltare
l’apostolo Pietro, che ci ammonisce: «Voi sapete che non a prezzo di cose
corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota
condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come
di agnello senza difetti e senza macchia. Egli portò i nostri peccati nel suo
corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo
per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti» (1Pt 1,18-19; 2,24-25).
L’invito, dunque, a
partecipare ai riti della Settimana Santa di Noicattaro, in cui l’idea della
passione e del sacrificio della Croce predomina in tutta la sua austera
grandiosità. È il dramma della Redenzione.
«Non corrisponderebbe certo alle
intenzioni della Chiesa il cristiano che davanti allo spettacolo delle
umiliazioni e della morte di un Dio, rimanesse indifferente e freddo. Ai nostri
peccati sono da attribuirsi i rigori della giustizia divina che straziano l’umanità
benedetta dell’innocente Gesù. E la condotta del Padre verso il suo unigenito
Figliuolo deve ispirare a noi sentimenti di timore e stimolarci ad una vita
penitente conforme al Vangelo e per non crocifiggere di nuovo nelle nostre
membra il Salvatore e per evitare le estreme conseguenze della colpa» (E.
Caronti).
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