In questo giorno dell’Ottava di Natale, in cui si fa memoria della circoncisione di N.S.G.C., rilanciamo questo contributo del prof. De Mattei.
L’incoronazione di Carlo Magno: Natale della
Cristianità
di Roberto de
Mattei
Se c’è un
momento di grazia e di conversione del cuore, questo è il Santo Natale, il
giorno della Natività del Signore, il giorno da cui si contano gli anni del
mondo. L’atmosfera familiare del giorno di Natale intenerisce i cuori più duri,
ma soprattutto la bellezza della liturgia è capace di toccarli, come accadde
allo scrittore francese Paul Claudel (1868-1955) il 25 dicembre 1886. Claudel
era uno studente di diciotto anni che aveva abbandonato la pratica religiosa e
vagava per le strade di Parigi, inquieto e insoddisfatto di sé, quando, la sera
di Natale, entrò nella Cattedrale di Notre-Dame, mentre il coro stava cantando
ciò che più tardi seppe essere il Magnificat.
«Io –
racconta – ero in piedi tra la folla, vicino al secondo pilastro
rispetto all’ingresso del Coro, a destra, dalla parte della Sacrestia. In quel
momento capitò l’evento che domina tutta la mia vita. In un istante il mio
cuore fu toccato e io credetti. Credetti con una forza di adesione così grande,
con un tale innalzamento di tutto il mio essere, con una convinzione così
potente, in una certezza che non lasciava posto a nessuna specie di dubbio che,
dopo di allora, nessun ragionamento, nessuna circostanza della mia vita agitata
hanno potuto scuotere la mia fede né toccarla. Improvvisamente ebbi il
sentimento lacerante dell’innocenza, dell’eterna infanzia di Dio: una
rivelazione ineffabile! Cercando – come ho spesso fatto – di ricostruire i
momenti che seguirono quell’istante straordinario, ritrovo gli elementi
seguenti che, tuttavia, formavano un solo lampo, un’arma sola di cui si serviva
la Provvidenza divina per giungere finalmente ad aprire il cuore di un povero
figlio disperato: ‘Come sono felici le persone che credono!’ . Ma era vero? Era
proprio vero! Dio esiste, è qui. È qualcuno, un essere personale come me. Mi
ama, mi chiama. Le lacrime e i singulti erano spuntati, mentre l’emozione era
accresciuta ancor più dalla tenera melodia dell’’Adeste, fideles’ […]».
Paul Claudel
comprese quella sera, in un lampo, con invincibile evidenza, che la vita di
ognuno di noi si spalanca davanti a una inesorabile alternativa: l’amore
infinito di Dio o la dannazione eterna. Egli ricorda ancora: «È vero –
lo confesso con il Centurione romano -, che Gesù era il Figlio di Dio.
Era a me, Paul, che egli si rivolgeva e mi prometteva il suo amore. Ma, nello
stesso tempo, se non lo seguivo, mi lasciava la dannazione come unica
alternativa. Ah, non avevo bisogno che mi si spiegasse che cosa era l’Inferno:
vi avevo trascorso la mia stagione. Quelle poche ore mi erano bastate per farmi
capire che l’Inferno è dovunque non c’è Cristo. Che me ne importava del resto
del mondo, davanti a quest’Essere nuovo e prodigioso che mi si era svelato?».
La vita di
Paul Claudel divenne il tentativo di rimanere fedele alla grazia di quel Natale
del 1886, «il giorno di Natale in cui ogni gioia è nata», come egli
scriverà nella sua opera più famosa, L’Annonce faite à Marie (1912).
L’aspetto sociale del Santo Natale
Ma la festa
del Santo Natale non ha solo un significato individuale e familiare: ha anche,
e ha avuto nella storia, un significato sociale. Il grande abate di Solesmes
Dom Prosper Guéranger (1805-1875), nel suo Année liturgique, ci
ricorda tre momenti del Santo Natale legati alla storia d’Europa, alle sue più
profonde radici cristiane.
Il primo di
questi momenti è il battesimo di Clodoveo, avvenuto, secondo la tradizione, il
25 dicembre del 496.
Clodoveo era
il re dei Franchi, un popolo ancora pagano, mentre il Cristianesimo si andava
diffondendo in un’Europa in preda al caos e all’anarchia, dopo la caduta
dell’Impero romano di Occidente, avvenuta venti anni prima. Egli aveva sposato
una principessa cattolica del popolo dei Burgundi, Clotilde. Fu lei, con l’aiuto
del santo vescovo di Reims, Remigio, a portare Clodoveo alla religione
cattolica, conquistandone il cuore. Clodoveo si fece battezzare, nella notte di
Natale del 496.
Lo storico
dei Franchi Gregorio di Tours scrive che Clodoveo «si avvicinò al lavacro
come un nuovo Costantino, per essere liberato dalla lebbra antica, per
sciogliere in acqua fresca macchie luride createsi lontano nel tempo. E quando
Clodoveo fu entrato nel Battistero, il santo di Dio così disse con parole
solenni: ‘Piega quieto il tuo capo, o si cauto; adora quello che hai bruciato,
brucia quello che hai adorato’».
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François Louis Hardy de Juinne, dit Dejuinne, Battesimo di Clodoveo da parte di S. Remigio, 1837, castello di Versailles e Trianon, Versailles |
Il battesimo
di Clodoveo fu quello di un popolo che, con lui, entrava nella storia: i
Franchi. E secondo dom Guéranger il supremo Signore degli eventi volle che il
regno dei Franchi nascesse il giorno di Natale per incidere più profondamente
l’importanza di un giorno così santo nella memoria dei popoli cristiani
dell’Europa. Clodoveo, il fiero barbaro, divenuto mite come l’agnello, fu
immerso da san Remigio nel fonte battesimale della salvezza, dal quale uscì
purificato per inaugurare la prima monarchia cattolica fra le monarchie nuove,
quel regno di Francia, il più bello – è stato detto – dopo quello dei cieli.
La conversione dell’Inghilterra
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S. Agostino di Canterbury predica dinanzi al re Etelberto |
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Battesimo di Etelberto, re del Kent, da parte di S. Agostino di Canterbury |
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Madox Brown, Battesimo di Edwin (Edvino), re di Northumbria da parte di S. Paolino di Canterbury, 1879, Manchester Town Hall, Manchester |
Passarono
cento anni dalla conversione di Clodoveo. Salì sul trono pontificio un grande
Papa, san Gregorio Magno. Nel 596, secondo quanto si ricorda, Papa Gregorio
restò commosso nel vedere un gruppo di giovani biondi e belli come angeli, sul
mercato degli schiavi di Roma. Chiese chi fossero. Gli fu risposto: Angli.
«Non
Angli, ma Angeli», replicò il Papa, che a partire da quel momento decise di
affidare ai monaci benedettini l’evangelizzazione dell’Inghilterra. Un gruppo
di quaranta monaci, guidato da Agostino, poi detto di Canterbury, partì per
l’isola degli Angli per propagare il Vangelo.
Agostino,
dopo aver convertito al vero Dio il re Eteiredo, si diresse verso la città, già
romana, di York, vi fece risuonare la Parola di vita, e un intero popolo si unì
al proprio re per chiedere il Battesimo. Così allora accadeva: il battesimo del
Re era quello di un popolo intero, legato al suo sovrano da vincoli di
indissolubile fedeltà. Fu fissato il giorno di Natale per la rigenerazione di
quei nuovi discepoli di Cristo; e il fiume che scorreva sotto le mura della
città venne scelto per servire da fonte battesimale a un’armata di diecimila di
catecumeni, non contando le donne e i bambini. Il rigore della stagione non
arrestò i nuovi e ferventi discepoli del Bambino di Betlemme che scesero nelle acque
per purificare le loro anime. «Dalle acque gelide – scrive dom
Guéranger – uscì piena di gaudio e risplendente d’innocenza tutta
un’armata di neofiti; e nel giorno stesso della sua nascita, Cristo contò una
nazione di più sotto il suo impero». Sant’Agostino di Canterbury fu
l’evangelizzatore della Britannia. Dall’Inghilterra e dall’Irlanda partirono
poi, al seguito un altro grande missionario, san Bonifacio, i monaci che
evangelizzarono la Germania.
L’incoronazione di Carlo Magno
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Friedrich Kaulbach, Incoronazione di Carlo Magno, 1903, Maximilianeum, Monaco |
Un altro
illustre evento doveva ancora abbellire l’anniversario del Natale. Nella
solennità di Natale dell’800, con l’incoronazione di Carlo Magno, a Roma,
nacque il Sacro Romano Impero al quale era riservata la missione di propagare
il regno di Cristo nelle regioni barbare del Nord, e di mantenere l’unità
europea, sotto la direzione del Romano Pontefice.
Correva l’anno 800. Era il giorno di Natale. A Roma, nella Basilica di San
Pietro, entrò un uomo maestoso, quasi sessantenne, la cui statura quasi da gigante
esprimeva la forza indomabile del guerriero, mentre i bianchi capelli e la
barba rivelavano una dolcezza straordinaria. Non era un uomo qualsiasi, si
vedeva immediatamente. Quest’uomo era Carlo Magno, re dei Franchi, il popolo di
Clodoveo, chiamato a Roma dal Papa perché mettesse la sua spada al servizio
della Croce, contro i Longobardi.
Il re dei
Franchi nell’anno Ottocento dopo Cristo ha già sottomesso gli aquitani e i
longobardi; ha attraversato i Pirenei per domare in Spagna il potere minaccioso
degli arabi; ha represso l’insurrezione dei sassoni e dei bavari; e sta in
piena lotta con gli avari. Egli non è solo un guerriero. Sotto il suo influsso,
le arti e le scienze fioriscono in tutta Europa. Amato moltissimo dai suoi
sudditi, venerato dai suoi guerrieri, estende nelle terre che conquista la
benefica influenza della Religione cattolica.
Ed ora,
Carlo Magno, l’erede di Clodoveo, entra nella Basilica di San Pietro, in una
notte di Natale, fredda per i rigori dell’inverno, ma calda per l’atmosfera di entusiasmo
che regna nella Basilica. Il re dei Franchi si inginocchia, abbassa il capo,
adorando Dio fatto uomo e implorando misericordia per i suoi peccati. Si batte
il petto e ricorre all’intercessione della Vergine Maria, senza accorgersi che
qualcuno gli si avvicina in silenzio rispettoso. Non è un semplice sacerdote o
vescovo, è un Papa, un Papa santo. Le cronache raccontano che «nel momento
in cui il re si levava dall’orazione, durante la Messa, dinanzi all’altare
della confessione di San Pietro Apostolo, il Papa Leone III gli giunse vicino e
pose sulla sua fronte scoperta una corona. Una corona nuova, non di Re ma di
Imperatore».
Il Papa, san
Leone III poneva la corona imperiale sul capo di Carlo Magno; e la terra
attonita rivedeva un Cesare, un Augusto, non più successore dei Cesari e degli
Augusti della Roma pagana, ma investito di quei titoli gloriosi dal Vicario di
Colui che viene definito della Scrittura, il Re dei re, il Signore dei signori.
Il popolo romano lo acclamò con queste parole: «a Carlo Augusto, coronato da
Dio grande e pacifico imperatore dei Romani, vita e vittoria», mentre i
franchi, battendo le lance sulle spade, levavano il grido «Natale, Natale»,
un grido che, dai tempi di Clodoveo, ricordava l’entrata del loro popolo nella
storia.
Due giorni
prima dell’incoronazione un monaco di San Saba e un monaco del Monte degli
Olivi a Gerusalemme avevano offerto al re dei Franchi, da parte del Patriarca,
«le chiavi del Santo Sepolcro e del Calvario e quelle della città e del
monte Sion con una bandiera». Era un omaggio simbolico, una nuova aureola
di santità cinta alla fronte del re che aveva steso la sua protezione oltre i
mari, che doveva proteggere i cristiani di Palestina, di Siria, di Egitto, di
Tunisia.
In quel
Natale, nella Cattedrale del Vicario di Cristo, nacque l’Impero Cattolico
d’Occidente, pilastro della Civiltà cristiana medioevale – come 800 anni prima,
nello stesso giorno, era nato in una mangiatoia il Bambino Gesù.
Fondando la
Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana, Gesù Cristo aveva posto in essa, in seme,
tutte le potenzialità per generare una grande civiltà. Con l’espansione della
Chiesa, con la conversione dei popoli lungo otto secoli, il seme si sviluppò,
divenne una possibilità concreta, sbocciò, infine, nell’anno 800, nell’impero
di Carlo Magno, benedetto e ratificato dalle mani di un santo successore di
Pietro. Si aprì un’epoca in cui, come insegna Leone XIII nella enciclica Immortale
Dei, «il sacerdozio e l’impero erano legati tra di loro da una felice
concordia e dallo scambio amichevole di servigi» e «organizzata in tal
modo, la società civile diede frutti superiori ad ogni aspettativa».
Un altro
Papa, Giovanni Paolo II, nel 1200esimo anniversario dell’incoronazione di Carlo
Magno, ha ricordato che «la grande figura storica dell’imperatore Carlo
Magno rievoca le radici cristiane dell’Europa, riportando quanti la studiano ad
un’epoca che, nonostante i limiti umani sempre presenti, fu caratterizzata da
un’imponente fioritura culturale in quasi tutti i campi dell’esperienza. Alla
ricerca della sua identità, l’Europa non può prescindere da un energico sforzo
di recupero del patrimonio culturale lasciato da Carlo Magno e conservato lungo
più di un millennio».
Carlo Magno
fu grande non solo per le sue guerre vittoriose da un estremo all’altro
d’Europa, ma soprattutto per la sua opera di restaurazione giuridica, culturale
ed artistica, ispirata ai principi del Vangelo. In un’epoca di decadenza e di
disordine, egli può essere considerato come il fondatore dell’Europa cristiana.
Con il primo imperatore cristiano l’Occidente per la prima volta acquista
coscienza di sé e si presenta sulla scena della storia consapevole della
propria unità cristiana e romana.
L’incoronazione
di Carlo Magno è inoltre un atto pubblico e simbolico di importanza universale,
destinato a esprimere, per più di un millennio, la concezione della sovranità
cristiana. La fonte dell’autorità è il rappresentante di Dio in terra, perché –
in terra – non esiste autorità che non provenga da Dio. In questo senso
l’incoronazione di Carlo Magno può essere considerata come il Natale della
Cristianità.
Quella che
fu un tempo la Cristianità oggi agonizza, sotto gli attacchi dei nemici esterni
e interni e noi attendiamo con trepidazione un nuovo giorno di Natale, un
giorno di nascita e di risurrezione per le nostre anime e per la società
intera: il giorno benedetto, annunciato a Fatima, del trionfo della Chiesa e
della restaurazione della Civiltà cristiana.