Pubblichiamo volentieri una nuova intervista del nostro amico Vito Palmiotti a don Nicola Bux, dopo quelli già pubblicati in precedenza.
L’Esortazione
Apostolica post-sinodale Querida Amazonia
ha suscitato reazioni inattese secondo i diversi modi di leggerla e recepirla. Forse,
proprio quello era lo scopo che intendeva raggiungere il suo autore.
Infatti, da una
parte ha provocato una grande delusione, nonché un vero e proprio disgusto, negli
ambienti amazzonici, che si aspettavano – in logica continuità con tutto processo
sinodale e con il documento finale – un’apertura netta e frontale sui due temi
che sono stati il leiv motif sin
dall’inizio: il conferimento del sacramento dell’ordine ai viri probati (con il conseguente indebolimento nonché annientamento
del celibato sacerdotale) ed il diaconato permanente delle donne, come primo
passo verso il sacerdozio femminile. La frustrazione causata in questo ambito
specificamente locale si è allargata a livello internazionale a tutti i
contesti progressisti, colpendo a sorpresa una buona parte della Chiesa,
soprattutto in Germania.
Negli stessi ambienti, si
verifica, tuttavia, un’altra reazione, più conciliante e mascherata di finta
serenità davanti alla evidente retromarcia dell’ultimo momento. Si tratta di
una lettura dell’Esortazione Apostolica post-sinodale secondo un criterio, non
ben precisato, di complementarietà e di armoniosa sintonia tra i due Documenti,
quello post-sinodale e quello finale del Sinodo, i quali dovrebbero essere letti
insieme, in maniera sinottica direi. Nella stessa linea si colloca chi vuole
leggere il tutto come un processo aperto a nuovi sviluppi.
Nel versante opposto, il
Documento post-sinodale ha suscitato reazioni ottimistiche da parte di settori
tradizionalisti e conservatori, che, senza uno sguardo d’insieme, credono di
aver vinto finalmente la battaglia dell’ortodossia. Così, molti pensano
ingenuamente che il Papa sarebbe ritornato a difendere la sana dottrina
esercitando il suo ruolo di confermare i suoi fratelli nella fede.
In verità, sembra che egli abbia voluto
dimostrare di non essere tanto eterodosso come si pensa in questi ambienti. Se
dopo sette anni di pontificato, non si è compreso questo, significa che non si
è colta ancora la sottostante sua visione della Chiesa, prevalentemente sociopolitica.
Infine, anche nella cerchia di coloro che sono in linea con la buona tradizione
e la dottrina ecclesiale, l’Esortazione Apostolica post-sinodale è vista realisticamente
solo come un testo magisteriale che fa silenzio sui punti più controversi,
lasciando nell’imprecisa nuvola dell’incertezza ciò che meritava una chiara
presa di posizione.
Così facendo, a un primo
sguardo tutto sembrerebbe apparentemente in ordine, mentre in realtà è seminato
il germe del caos che prima o poi produrrà i suoi frutti. Se è valida la
metafora, si potrebbe dire che l’incendio della foresta amazzonica è stato
parzialmente spento, ma sotto le ceneri rimangono ancora delle braci accese.
Lo stesso “teologo” di Francesco,
mons. Viktor Manuel Fernandez, vescovo di La Plata, ha visto
giusto, dichiarando a Religión digital: «Sin embargo, tampoco
hay que afirmar, como han dicho algunos medios, que Francisco ha cerrado las
puertas o ha excluido la posibilidad de ordenar algunos hombres casados. De
hecho, en la introducción Francisco limita los alcances de su propio documento:
“No desarrollaré aquí todas las cuestiones abundantemente expuestas en el
Documento conclusivo” (2). Se refiere al documento con el cual concluyó el
Sínodo de los Obispos celebrado en Roma. Está claro que si el Papa no
desarrolla algún punto no es porque queda excluido, sino porque adrede no quiso
repetir al Sínodo». Ed aggiunge: «Por primera vez una exhortación apostólica no
quiere ser una interpretación del Documento conclusivo de un Sínodo ni una
restricción de sus contenidos, ni un texto oficial que deja atrás lo que el
Sínodo concluyó. Sólo es un marco complementario de ese documento y dice
explícitamente: “no pretendo reemplazarlo ni repetirlo” (2). Tan claro es que
no quiere reemplazarlo, que lo que hace es “presentar oficialmente” (3) ese
documento y pedir que todos los obispos y agentes pastorales de la Amazonia “se
empeñen en su aplicación” (4)». Lo stesso “teologo” di Francesco, dunque,
non nasconde che si è creata, con l’Esortazione, una sorta di religione
cattolico-amazzonica, una religione nuova, fondata sull’unione quasi sincretica
o contigua, tra la fede cattolica ed i riti e le superstizioni delle
popolazioni amazzoniche. Infatti dichiara: «Al
mismo tiempo, muestra una enorme apertura a los ritos y expresiones indígenas,
pidiendo que no se las acuse tan rápidamente de paganismo o de “idolatría” (79)
y deja lugar a un posible “rito amazónico” (nota 120). En el Sínodo se dijo
precisamente, en las discusiones que llevaron a un cierto consenso, que ese era
el marco adecuado para pensar en la posibilidad de los “viri probati”». Come dire: prima
modifichiamo il contesto, creando il giusto terreno, e poi pensiamo ai “viri
probati” ed a tutte le altre innovazioni.
Ricordo anche le parole spese in sede di presentazione
dell’Esortazione dal card. Michael Czerny, il quale ha dichiarato che la questione dell’ordinazione
diaconale delle donne e del celibato ecclesiastico non sono risolte
dall’esortazione. Ed in modo non dissimile si è pronunciato pure il card.
Hummes, relatore generale del sinodo panamazzonico, il quale ha ricordato che esisterebbe
un piano per sviluppare e completare la questione del celibato. Secondo alcuni osservatori,
l’Esortazione rappresenterebbe una sorta di “cavallo di Troia” per
l’ordinazione delle donne e per l’abolizione del celibato sacerdotale.
Tralasciamo le questioni del rito amazzonico e dell’accettazione
delle tradizioni idolatriche delle popolazioni amazzoniche (nel video di
presentazione dell’esortazione di Vatican News).
Se vogliamo, quella che hai
descritto è una sorta di terza via (come mi pare ha ammesso qualche giorno fa,
in occasione della pubblicazione dell’Esortazione, il biografo di Francesco,
Austen Ivereigh su un articolo di The Tablet) o di porta
semiaperta. Papa Bergoglio non ha chiuso la porta alle istanze dei
progressisti, ma al contempo non le ha neppure spalancate. Ha lasciato l’uscio
aperto quel tanto che basti, affinché lui, o un suo successore, in futuro,
possa provvedere all’apertura completa. È forse, quindi, una vittoria di Pirro.
E probabilmente neppure una vittoria. D’altronde, occorre chiarire che valore
potrà assumere il Documento finale dei vescovi al sinodo amazzonico: sarà
questo la chiave per interpretare l’Esortazione?
Se, come ha affermato il card.
Baldisseri quel documento non rientrerebbe nel magistero, ma avrebbe mero
valore morale, resterebbe da capire se esso possa nondimeno assumere valore di
chiave interpretativa dell’Esortazione, talché codesta debba interpretarsi alla
luce di quel documento, che Francesco ha invitato a leggere ed a tener presente
interamente.
In conclusione, Querida
Amazonia ha sollevato un insieme di sentimenti contrastanti nei quali
s’intrecciano l’amarezza di chi è rimasto deluso, l’illusione di chi spera in
una futura apertura, l’ingenuo sguardo di chi crede in un fittizio ritorno alla
vera dottrina, ma l’unico punto fermo che rimane sono le ambiguità su temi che
ancora oggi esigono una risposta chiara. Last but not least, il
linguaggio non chiaro, un “pastoralese”, per dir così, fatto di insinuazioni e
non di affermazioni, come ha osservato in modo efficace il prof. Stefano
Fontana, che non fa capire a cosa il fedele cattolico deve assentire.
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