In questa domenica di Candelora, o della
Purificazione della B.V. Maria o della Presentazione del Signore Gesù al
Tempio, che chiude il Tempo di Natale, rilanciamo questo contributo di
spiritualità.
Giuseppe Mastroleo, Presentazione di Gesù al Tempio con i SS. Ignazio di Loyola e Francesco Saverio, XVIII sec., Chiesa di San Domenico, Ruvo di Puglia |
Presentazione al Tempio, litografia colorata del XIX sec. |
Antica stampa del 1909 |
Stampa del 1934 |
S.. Simeone, incisione, XVIII sec. |
Maria
Santissima e l’offerta della Vittima
del ven. Jean-Jacques
Olier
La
Presentazione di Nostro Signore al Tempio è la cerimonia della Legge che spiega
il santo mistero della morte e risurrezione di Cristo. Vi si scorge anche la
purificazione e santificazione della Chiesa. E Maria, che tiene il posto della
Chiesa nell’opera della nostra redenzione, vi partecipa più di ogni altro.
Il sacrificio di Nostro
Signore, prefigurato da tutti i sacrifici della Legge, doveva, come questi,
essere composto di quattro parti. La prima era l’offerta fatta a Dio, o
presentazione solenne della vittima; la seconda la sua immolazione cruenta; la
terza la consunzione nel fuoco; la quarta la comunione, con la quale da una
parte Dio, sotto la figura del fuoco, e dall’altra il popolo, erano considerati
far parte dalla stessa vittima in segno di perfetta riconciliazione. Per
l’offerta che gliene era stata fatta, Dio s’appropriava talmente della vittima
da non lasciargli più nemmeno l’uso di se stessa, in modo tale che essa non
viveva più che per Lui. In segno di questa presa di possesso, il sommo
sacerdote, quando gli si presentavano certe ostie nel Tempio, poneva le sue due
mani su di esse da parte di Dio, rappresentando così il possesso perfetto con
cui Dio Padre avrebbe preso un giorno Gesù Cristo, sua vera ostia. Quando suo
Figlio venne al mondo, il Padre eterno mise in qualche modo sulla santa umanità
le sue due mani, vale a dire il suo Verbo e il suo Spirito: il suo Verbo si
appropriò della natura umana, e il suo Spirito ne prese un intero e
irrevocabile possesso.
Se, dal momento dell’Incarnazione, il Figlio di Dio s’offrì così e fece voto di
essere ostia e di servire suo Padre, ciò fu fatto nel segreto del grembo di
Maria. Veniva tuttavia per rendere a Lui tutti i doveri ai quali gli uomini
sono obbligati, i doveri esteriori e pubblici come quelli interiori e nascosti,
e per rendere così sensibile agli uomini il suo culto verso il Padre.
D’altronde il suo sacrificio, essendo fatto per la Chiesa che è visibile,
doveva essere esso stesso visibile in tutte le sue parti. Bisognava dunque che
ripetesse pubblicamente la sua offerta e in quale luogo doveva farlo, se non
nel Tempio di Gerusalemme, il solo asilo della vera religione, nel Tempio dei
Giudei, dei quali veniva a perfezionare la religione nella sua persona, per
farla giungere sino a noi ed essere Egli stesso la fine della Legge antica e il
principio della nuova.
Veniva a compiere, nella sua persona, fino all’ultima iota, tutto ciò che era
stato predetto e prefigurato. Ora, era nel Tempio che dovevano essere offerte a
Dio tutte le ostie, sue figure; bisognava dunque che fosse portato al Tempio di
Gerusalemme e che vi reiterasse solennemente la sua offerta, rendendo così a
Dio i suoi voti davanti al suo popolo, con un culto esteriore e pubblico: «Vota
mea Domino reddam, in conspectu omnis populi eius» (Adempirò i miei voti al
Signore, davanti a tutto il suo popolo: Sal 115,5). Per questo Maria, istruita
dalle profezie che l’annunciavano e che lo rappresentavano, Lei che, avendo
vissuto per circa dodici anni nel Tempio, aveva adorato mille volte in spirito
il sangue del vero Figlio di Dio in quello delle vittime che vedeva versare
ogni giorno, Maria, lo ha appena ricevuto in suo possesso, che desidera di andare
al Tempio per rinunciare a tutti i suoi diritti su di Lui e lasciarlo nelle
braccia di Dio Padre per sacrificarlo. Aveva un obbligo ben più stretto che
nessun altro di presentare per se stessa questa ostia a Dio, dato che ai meriti
di questa doveva tutte le grazie di cui si vedeva colma, e che sorpassavano
quelle che la Chiesa intera avrebbe mai ricevuto. Maria, la più innocente delle
creature, la sola esente da ogni macchia, la sola degna di accostarsi a Dio con
confidenza, essendo la mediatrice della Chiesa, doveva Ella stessa offrire nel
tempio a Dio Gesù Cristo, nostra ostia, e sacrificarlo in anticipo alla morte,
come un giorno glielo avrebbe offerto sul Calvario. D’altronde, avendo Dio
vietato che gli si presentassero vittime sacrificali rubate e volendo che
ciascuna ostia gli fosse offerta dalle mani di Colui al quale apparteneva,
toccava a Maria di presentargli questa ostia che la natura e la grazia le
avevano donato così perfettamente e singolarmente. Infine bisognava che Maria
compisse in questa occasione solenne ciò che era stato espressamente segnalato
nella Legge, riguardo tanto a Lei che a Gesù Cristo, suo Figlio. Infatti Dio vi
aveva prefigurato l’offerta pubblica che doveva fargli del suo Figlio al Tempio
ordinando che gli si presentassero in quello stesso luogo tutti i bambini
maschi primogeniti, immagini di Gesù Cristo.
«Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio – è scritto
nella Legge –, porterà al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno un
agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio di
espiazione. Se non ha mezzi da offrire un agnello, prenderà due tortore o due
colombi: uno per l’olocausto e l’altro per il sacrificio espiatorio» (Lv 12,2;
6; 8). Il doppio sacrificio da offrire, per il bambino e per la madre, l’uno in
olocausto e l’altro per il peccato, esprimeva quello che Nostro Signore doveva
offrire nella sua persona per operare la salvezza del mondo. Non era
sufficiente, in effetti, che Maria ci donasse il Salvatore, ma c’era bisogno
inoltre che fosse immolato realmente, tanto che, prima della morte cruenta che
avrebbe dovuto soffrire a trentatré anni, né Lui, benché innocente, né la
Chiesa, potevano entrare in Cielo: «Non bisognava che il Cristo sopportasse
queste sofferenze per entrare nella sua gloria?» (Lc 24,26).
Questa proibizione è prefigurata nella Legge, la quale dichiara la madre e il
figlio immondi e li esclude dall’ingresso nel Tempio, immagine del Cielo, fino
a che il sacrificio, prescritto per l’uno e per l’altro, non fosse stato
offerto. «Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio,
sarà immonda per sette giorni» (Lv 12,2). Il numero di sette, che è misterioso,
significa qui tutti i tempi che dovevano precedere l’Incarnazione. «L’ottavo
giorno il bambino sarà circonciso e la madre rimarrà ancora trentatré giorni in
questo stato immondo, durante i quali non toccherà nulla di santo e non entrerà
nel santuario». Ciò significa che Nostro Signore rimarrà trentatré anni nella
vergogna della nostra carne e della generazione di Adamo e che durante questo
tempo non entrerà affatto nel santuario del Cielo, nel seno del Padre dove era
stato generato e che avrebbe dovuto essere, in quanto Figlio, il luogo della
sua dimora. Ciò figurava che anche la Chiesa sarebbe stata alla pari esclusa
dal Cielo fin tanto che Gesù Cristo non fosse stato messo in croce. Se dunque
Maria, benché innocente, rimase esclusa per trentatré giorni dall’ingresso nel
Tempio e fu ritenuta immonda, è perché, dovendo presentarvi il sacrificio della
Chiesa, era la figura reale della stessa Chiesa, ancora immonda e sporca, fino
a che alla fine dei trentatré anni Gesù non fosse stato immolato sul Calvario,
e allo stesso modo fosse consumato in Dio suo Padre attraverso la Risurrezione.
La morte e la Risurrezione del Salvatore, questi due sacrifici, o piuttosto
queste due parti dello stesso sacrificio, erano prefigurate da quello che
doveva offrire la madre di un figlio maschio. «Quando i giorni della sua
purificazione per un figlio o per una figlia saranno compiuti – aggiunge Dio
nella stessa Legge –, porterà al sacerdote all’ingresso della tenda del
convegno un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in
sacrificio di espiazione. Il sacerdote li offrirà davanti al Signore e farà il
rito espiatorio per lei» (Lv 12,6-7). [...]. Così Maria, riconoscendo in questo
personaggio il rappresentante di Dio Padre, gli ridona da parte della Chiesa
questa divina ostia e, dato che Gesù è la carne della sua carne, le ossa delle
sue ossa, il sangue del suo sangue, sembra dire a Dio, in qualità di Madre:
“Padre eterno, non l’ho che appena ricevuto che già ve lo porto e vi cedo tutti
i diritti di nascita che mi avete donato su di Lui. Se vi presentate a me e mi
apparite sotto gli occhi come sacerdote, è per immolarlo a vostra gloria. Lo
lascio nelle vostre braccia per essere sacrificato. Non era ancora nato che già
si era sacrificato alla morte, non è mai stato in possesso di se stesso. Già si
è offerto a voi nel mio seno e ha rimesso in voi tutti i diritti che aveva su
se stesso. Ma dato che a me lo avete donato, vuole anche che io ve lo presenti
e che rinunci a tutti i diritti su di Lui. Mi privo dunque del mio tesoro nelle
vostre mani e vi offro da parte della Chiesa ciò che ho di più caro al mondo, e
di più grande in cielo e sulla terra, affinché, con questo voto solenne e con
questa offerta pubblica di culto, io sia totalmente vostra”. [...].
* * *
Per partecipare allo spirito e alla grazia del santo mistero della
Presentazione di Nostro Signore, dobbiamo rinnovare la consacrazione solenne
che fece di noi stessi a Dio. Questa fu figurata dalle due colombe, immagini
espressive non solo di Gesù, ma anche di tutti i cristiani che Dio voleva
condurre alla perfezione, facendoli passare per i due stati che esse esprimono.
Quella che veniva solamente immolata e di cui si spargeva il sangue, riguarda
la nostra vita esteriore, che deve essere purificata dallo spirito di
penitenza; l’altra, che veniva anche consumata nel fuoco, indica la nostra vita
interiore, che deve essere trasformata in Dio con la carità.
Questa consacrazione di tutte le sue membra che Nostro Signore fece allora in generale, la Chiesa l’ha rinnovata per ciascuno di noi in particolare, nel momento in cui ci ha inserito nel numero dei suoi figli con il santo Battesimo. [...].
Lo Spirito Santo, venendo a risiedere in voi col Battesimo, vi ha donato una nuova vita, che è la vita propria dei cristiani. Questa vita ha due parti: la morte al peccato e la vita in Dio. La prima è il fondamento della seconda, come san Paolo non cessa di ripetere: «O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?» (Rm 6,3). Ovvero col Battesimo siamo stati rivestiti dei sentimenti interiori e delle disposizioni che Gesù aveva morendo, e che offrì per noi a Dio Padre. Ignorate forse che la grazia della sua morte, che ci deve far morire al peccato, ha coperto la nostra anima con il Battesimo così come l’acqua ha coperto il nostro corpo, «perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4)? Cioè questa vita della quale abbiamo ricevuto parimenti la grazia attraverso questo Sacramento: lo Spirito Santo, infatti, se lo facciamo signore del nostro cuore, donandoci inclinazioni simili a quelle di Gesù Cristo risuscitato, fa sì, come conclude san Paolo, che siamo «morti al peccato e viventi in Dio, in Nostro Signore Gesù Cristo» (Rm 6,11).
Questa morte, per la quale bisogna entrare nella vita cristiana, non è altro che la rovina delle inclinazioni malvagie, che sono il rimanente della nostra prima nascita. In effetti, l’inclinazione disordinata dei sensi verso le creature resta sempre in noi dopo il Battesimo, ed è il martirio che ogni vero cristiano deve soffrire in spirito di penitenza: essere inclinato dai sensi verso le creature e non rimanervi mai attaccato. Siccome queste inclinazioni viziose ci portano a desiderare gli onori, le ricchezze e i piaceri, con il Battesimo lo spirito di Gesù Cristo ci attira all’umiltà, alla povertà, alla ricerca della mortificazione. Ed è la pratica di queste virtù ciò in cui consiste precisamente l’immolazione di noi stessi, che deve renderci simili a Gesù Cristo, e fare di noi e di Lui una sola vittima d’espiazione.
Considerate come nel mistero stesso della Purificazione, Gesù e Maria ci donino esempi mirabili di questi tre tipi di annientamento necessari a tutti i veri cristiani. Vi possiamo vedere l’annientamento verso l’onore. Il Figlio così come la Madre non vogliono essere nulla nella stima e nei cuori degli uomini: s’assoggettano alle leggi comuni dei peccatori e, benché contengano e portino nei loro cuori la santificazione del Tempio e quella di tutti gli uomini, sono guardati come criminali. Vi si può poi vedere l’annientamento alle grandezze e alle ricchezze del mondo, poiché Gesù e Maria, i più grandi e potenti della terra, ai quali tutto appartiene, appaiono nel Tempio come se fossero i più poveri, spogliati di tutte le comodità. È con l’offerta di due colombe che Maria riscatta suo Figlio: questa era l’offerta dei miserabili e dei più poveri tra i Giudei. Infine sono annientati in tutto loro stessi, non volendo aver niente ed essere nulla se non per immolarlo a Dio con un sacrificio totale; tale disposizione apparirà soprattutto sul Calvario, quando Gesù e Maria compiranno esteriormente ciò che figurava la colomba il cui sangue era stato sparso.
Ecco le virtù che dovete sforzarvi di praticare nella vostra condizione, se non volete rendere inutile l’offerta che Gesù Cristo ha fatto di voi nella sua Presentazione e rendere così infruttuosa la grazia del vostro Battesimo.
Tratto da: Vita interiore della Vergine Maria
Fonte: Il Settimanale di Padre Pio, 28.1.2018, fasc. n. 4
Questa consacrazione di tutte le sue membra che Nostro Signore fece allora in generale, la Chiesa l’ha rinnovata per ciascuno di noi in particolare, nel momento in cui ci ha inserito nel numero dei suoi figli con il santo Battesimo. [...].
Lo Spirito Santo, venendo a risiedere in voi col Battesimo, vi ha donato una nuova vita, che è la vita propria dei cristiani. Questa vita ha due parti: la morte al peccato e la vita in Dio. La prima è il fondamento della seconda, come san Paolo non cessa di ripetere: «O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?» (Rm 6,3). Ovvero col Battesimo siamo stati rivestiti dei sentimenti interiori e delle disposizioni che Gesù aveva morendo, e che offrì per noi a Dio Padre. Ignorate forse che la grazia della sua morte, che ci deve far morire al peccato, ha coperto la nostra anima con il Battesimo così come l’acqua ha coperto il nostro corpo, «perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4)? Cioè questa vita della quale abbiamo ricevuto parimenti la grazia attraverso questo Sacramento: lo Spirito Santo, infatti, se lo facciamo signore del nostro cuore, donandoci inclinazioni simili a quelle di Gesù Cristo risuscitato, fa sì, come conclude san Paolo, che siamo «morti al peccato e viventi in Dio, in Nostro Signore Gesù Cristo» (Rm 6,11).
Questa morte, per la quale bisogna entrare nella vita cristiana, non è altro che la rovina delle inclinazioni malvagie, che sono il rimanente della nostra prima nascita. In effetti, l’inclinazione disordinata dei sensi verso le creature resta sempre in noi dopo il Battesimo, ed è il martirio che ogni vero cristiano deve soffrire in spirito di penitenza: essere inclinato dai sensi verso le creature e non rimanervi mai attaccato. Siccome queste inclinazioni viziose ci portano a desiderare gli onori, le ricchezze e i piaceri, con il Battesimo lo spirito di Gesù Cristo ci attira all’umiltà, alla povertà, alla ricerca della mortificazione. Ed è la pratica di queste virtù ciò in cui consiste precisamente l’immolazione di noi stessi, che deve renderci simili a Gesù Cristo, e fare di noi e di Lui una sola vittima d’espiazione.
Considerate come nel mistero stesso della Purificazione, Gesù e Maria ci donino esempi mirabili di questi tre tipi di annientamento necessari a tutti i veri cristiani. Vi possiamo vedere l’annientamento verso l’onore. Il Figlio così come la Madre non vogliono essere nulla nella stima e nei cuori degli uomini: s’assoggettano alle leggi comuni dei peccatori e, benché contengano e portino nei loro cuori la santificazione del Tempio e quella di tutti gli uomini, sono guardati come criminali. Vi si può poi vedere l’annientamento alle grandezze e alle ricchezze del mondo, poiché Gesù e Maria, i più grandi e potenti della terra, ai quali tutto appartiene, appaiono nel Tempio come se fossero i più poveri, spogliati di tutte le comodità. È con l’offerta di due colombe che Maria riscatta suo Figlio: questa era l’offerta dei miserabili e dei più poveri tra i Giudei. Infine sono annientati in tutto loro stessi, non volendo aver niente ed essere nulla se non per immolarlo a Dio con un sacrificio totale; tale disposizione apparirà soprattutto sul Calvario, quando Gesù e Maria compiranno esteriormente ciò che figurava la colomba il cui sangue era stato sparso.
Ecco le virtù che dovete sforzarvi di praticare nella vostra condizione, se non volete rendere inutile l’offerta che Gesù Cristo ha fatto di voi nella sua Presentazione e rendere così infruttuosa la grazia del vostro Battesimo.
Tratto da: Vita interiore della Vergine Maria
Fonte: Il Settimanale di Padre Pio, 28.1.2018, fasc. n. 4
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