L’8 dicembre 1870, con il decreto Quemadmodum Deus, il prefetto della Sacra Congregazione dei Riti, cardinal Patrizi, a nome del beato papa Pio IX, proclamava S. Giuseppe patrono della Chiesa: «[…] Ora, poiché in questi tempi tristissimi la stessa Chiesa, da ogni parte attaccata da nemici, è talmente oppressa dai mali più gravi, che uomini empi hanno pensato che infine le porte dell’inferno abbiano prevalso contro di lei, i Venerabili Eccellentissimi Vescovi dell’universo Orbe Cattolico hanno inoltrato al Sommo Pontefice le loro suppliche e quelle dei fedeli affidati alla loro cura chiedendo che si degnasse di costituire San Giuseppe Patrono della Chiesa Cattolica. Avendo poi essi rinnovato nel Sacro Ecumenico Concilio Vaticano [I] più insistentemente le loro domande e i loro desideri, il Santissimo Signor Nostro Pio Papa IX, costernato per la recentissima e luttuosa condizione di cose, per affidare Sé stesso e i fedeli tutti al potentissimo patrocinio del Santo Patriarca Giuseppe, volle soddisfare i voti degli Eccellentissimi Vescovi e solennemente lo dichiarò Patrono della Chiesa Cattolica [...]. Egli stesso inoltre ha disposto che tale dichiarazione, per mezzo del presente Decreto della Sacra Congregazione dei Riti, fosse pubblicata in questo giorno sacro all’Immacolata Vergine Madre di Dio e Sposa del castissimo Giuseppe» (v. qui il testo. V. anche qui).
Quest’anno 2020, quindi, ricorre il 150° anniversario di quella proclamazione.
Dopo Pio IX, a mostrare particolare attaccamento al Santo Patriarca fu il papa Leone XIII. Egli, eletto papa il 20 febbraio 1878, un mese dopo, come ebbe a dire ai cardinali, in una allocuzione del 28 marzo 1878, affermò di aver messo il suo pontificato sotto la protezione di San Giuseppe. Poi, in calce alla lettera enciclica Quamquam pluries del 15 agosto 1889 pose la preghiera «A te, o beato Giuseppe», che sarebbe diventata popolarissima tra i cattolici.
Dopo Leone XIII fu la volta di S. Pio X, al quale spettò approvare le litanie del Padre putativo di Gesù. Per la verità, le prime litanie in onore di San Giuseppe che conosciamo sono riportate nel testo Sommario delle eccellenze del glorioso San Giuseppe, del 1597, del carmelitano P. Girolamo Graziano della Madre di Dio. Ma fu solo con decreto di approvazione della Congregazione dei Riti, del 18 marzo 1909, che il papa San Pio X approvò e fissò le litanie di San Giuseppe. Commenta il padre Gaithier: “Grazie a questo decreto, Maria e Giuseppe erano i due soli santi che godevano di litanie autorizzate per il culto pubblico”. Pio XI, con decreto del 21 marzo 1935, applicò alla loro recita cinque anni di indulgenza ogni volta ed un’indulgenza plenaria se la recita delle Litanie, dei versicoli e dell’orazione è ripetuta ogni giorno per un mese intero. Per il testo delle litanie, cfr. Radiospada, 19.3.2020.
Benedetto XV, ricorrendo il 50° anniversario della proclamazione del Santo a Patrono della Chiesa Universale, con il Motu proprio Bonum Sane del 25 luglio 1920, esortava l’Episcopato dell’orbe cattolico a promuovere il culto nei confronti di S. Giuseppe.
In onore di S. Giuseppe, quindi, rilanciamo questo contributo:
San Giuseppe prototipo della Consacrazione a Maria
di P.
Serafino M. Lanzetta
Il mese di marzo è
dedicato alla grande figura di san Giuseppe. In questa riflessione vorrei
mettere in rilievo il mistero dell’unione di san Giuseppe con la Beata Vergine
Maria. In ciò vi è la sorgente di tutte le grazie di cui è ricco il mistero
giuseppino, oltre che al modo in cui il Santo di Nazareth viene introdotto dal
Nuovo Testamento ed è conosciuto nella Chiesa. Se guardiamo attentamente alla
sua vita, tutto accade per mezzo di Maria. Giuseppe comincia ad essere
conosciuto come lo sposo di Maria (vedi Mt 1, 16) e proprio in ragione di
questa relazione sponsale – da essere approfondita nella sua profondità
spirituale – è introdotto nel mistero di Cristo divenendo suo padre putativo.
Tutto per Maria.
Concentriamoci per un
momento sul Vangelo di Matteo (1, 18-19) dove Giuseppe di Nazareth viene
presentato prima di tutto quale sposo di Maria e quindi come “uomo giusto”: «Così fu generato
Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che
andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla
pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto». Con ciò
comprendiamo che Maria e Giuseppe erano già sposati quando la Vergine si trovò
incinta miracolosamente del suo Figlio Gesù. Dicendo «promessa sposa»,
il Vangelo mette in evidenza il costume ebraico di celebrare le nozze in due
momenti: l’unione legale, quale vero matrimonio con tutti gli effetti civili e
religiosi e la coabitazione che poteva avvenire anche un anno dopo la promessa
di matrimonio. Anche il Vangelo di Luca riferisce che Giuseppe era già unito a
Maria da un patto matrimoniale. Infatti l’angelo fu mandato «a una vergine,
promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe»
(1, 27). Da questa unione sponsale benedetta con Maria prende forma anche la
relazione di san Giuseppe con Gesù. Il Santo falegname entra in contatto
personale con Gesù mediante la Madonna quando è lui a dare il nome “Gesù” al
figlio di Maria (cf. Mt 1, 21). Anche al momento dell’adorazione dei pastori,
che arrivarono in fretta per vedere il segno di Dio, Giuseppe si trova tra
Maria e Gesù: «Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino,
adagiato nella mangiatoia» ci dice il Vangelo (Lc 2, 16); come per
dire che il cammino cristiano che conduce a scoprire pienamente chi è quel
Bambino è da Maria a Gesù. Attraverso lo sposalizio con Maria,
Giuseppe stringe Gesù e lo tiene tra le sue braccia. Egli pertanto è l’icona
più perfetta della consacrazione a Maria, dell’adagio classico a Gesù per Maria.
Riflettiamo più a fondo
sullo sposalizio unico e verginale di san Giuseppe con la Madonna, vera chiave
per capire la figura del Falegname di Nazareth come primo tipo o
modello esemplare della consacrazione mariana. Questo matrimonio santo fu senza
dubbio straordinario. Nel considerare questo mistero dobbiamo trascendere il
suo significato naturale e puntare subito alla profondità dell’aspetto
spirituale. Tutto infatti depone a favore di un’unione speciale e interamente
spirituale. Nel racconto di san Matteo (1, 18-19) appena citato, circa il fatto
che Giuseppe fosse già sposato con Maria pur non coabitando ancora, possiamo
scoprire qualcosa in più in virtù di una lettura anagogica del testo. E cioè,
mentre Giuseppe era già unito in matrimonio a Maria – inizialmente e legalmente
– non era però ancora pienamente unito a lei; ciò potremmo leggerlo nel senso
di non essere ancora consacrato a lei, dal momento che
la coabitazione sarebbe stata, di comune accordo, verginale e casta. Le ragioni
di ciò le vedremo tra breve. Il matrimonio giuseppino dovrebbe essere
considerato sotto un’altra luce in riferimento a due momenti superiori: l’unione
maritale iniziale e la sua consumazione, da essere letta come consacrazione a
Maria: una piena donazione di se stesso alla Vergine. La consumazione del
matrimonio allora acquisterebbe un significato spirituale nuovo, preannunciando
ciò che Gesù sceglierà nel suo matrimonio mistico con la Chiesa sulla Croce.
Come per Gesù Crocifisso il dono di sé alla Sposa è “consumato” nel suo amore «fino alla fine»
(Gv 13,1), amore totale fino alla morte, così sarà per san Giuseppe. Il suo
totale amore a Maria sarà consumato nel sacrificio di se stesso fino alla morte
per essere uno con Maria e ciò al fine di partecipare alla Redenzione di
Cristo. Questa consacrazione a Maria accade dopo la rivelazione dell’Angelo,
quando Giuseppe ha la piena conoscenza di chi è Maria e chi è quel Figlio che
Lei portava in grembo. Ora Giuseppe è pronto per prendere Maria nella sua vita
e per mezzo di Lei di prendersi cura di Gesù. Possiamo contemplare tutto ciò
alla luce del racconto del Vangelo di Matteo (1, 20-24), in cui leggiamo: «Mentre però
stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del
Signore e gli disse: ”Giuseppe, figlio di Davide, non temere
di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei
viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai
Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Tutto questo è
avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del
profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio a lui sarà dato
il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. Quando si destò dal sonno,
Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la
sua sposa».
Qui dovremmo
concentrarci soprattutto sull’ultima frase di questa pericope, che nell’originale
greco recita così: «kaiparélabentèngunaîkaautou» («prese con sé la sua
sposa»). Il verbo para-lambano, “prendere”, ha generalmente due significati:
1) prendere con sé, unire a sé o 2) ricevere ciò che è trasmesso. Questo verbo
è lo stesso che troviamo nel Vangelo di Giovanni (19, 27) per descrivere l’atto
del prendere/ricevere Maria nella propria vita da parte del discepolo
prediletto: «E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (l’originale
dice: «élaben o mathetèsautèneistaídia», “la prese tra le sue
cose più care”). Quindi, possiamo facilmente concludere che anche Giuseppe,
prima di ogni altro, da quell’ora, l’ora in cui fu istruito dall’Angelo per
mezzo dello Spirito Santo circa il mistero di Maria e del Bambino nel suo
grembo (echeggianti le parole di Nostro Signore sulla Croce al discepolo
prediletto in riferimento alla sua Madre), prese Maria con sé. Da quel momento
dell’unione piena e perfetta con Maria, Giuseppe consegnò se stesso interamente
a Lei, così che attraverso di Lei potesse entrare nel mistero di Cristo e
partecipare attivamente all’opera della Redenzione.
Bisogna chiarire un
ultimo punto al fine di presentare un quadro completo del matrimonio di San
Giuseppe con Maria quale consacrazione a Lei. Il fatto che il matrimonio fu
verginale è di grande importanza. Questo prova che la consegna completa che
Giuseppe fece di se stesso a Maria durante la seconda fase delle nozze deve
essere intesa piuttosto come consumazione spirituale di quella unione. Il
Vangelo, sottolineando il modo in cui Giuseppe accoglie Maria nella sua vita,
dice anche che «senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo
chiamò Gesù» (Mt 1, 25). Questa è certamente la traduzione corretta
del testo originale che però presenta la particella “fino a” (éos). Con
una traduzione più letterale, si dovrebbe rendere il testo così: Giuseppe «non la conobbe
fino a quando ella partorì il suo figlio ed egli lo chiamò Gesù».
La preposizione “fino a”, comunque, non sta a significare che dopo la nascita
di Gesù, Maria e Giuseppe ebbero una normale relazione maritale. Infatti, ci
sono diversi esempi biblici in cui “fino a” non implica mai un cambiamento
successivo. Possiamo richiamare tra i tanti, ad esempio, le parole del Salmo
messianico (109 [110],1): «Oracolo del Signore al mio signore: siedi alla mia
destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi».
Ovviamente Cristo non regna alla destra del Padre solo fino a quando i suoi nemici
saranno sconfitti. Anche quando Gesù promise ai suoi Apostoli di rimanere con
loro «fino
alla fine del mondo» (Mt 28, 20), non volle lasciar intendere che
sarebbe stato con loro solo fino alla Parusia. Al contrario, con la
preposizione temporale “fino a”, l’Evangelista desidera dire che Giuseppe e
Maria, diversamente da una coppia giudaica ordinaria, non consumarono il loro
matrimonio durante la prima notte di nozze. Questo perché Maria aveva fatto
voto di verginità, come chiaramente appare dalla sua risposta all’Angelo: «Non conosco uomo»
(Lc 1, 34). Ciò non era sconosciuto alla tradizione giudaica, ma fu un voto di
astinenza secondo il libro dei Numeri (cap. 30) che Giuseppe aveva accettato e
quindi avallato.
Proviamo ora a trarre
qualche conclusione da tutto ciò. Immagiamo ciò che poté significare a livello
pratico per san Giuseppe ricevere Maria nella sua vita, cosicché ognuno possa
avere nel grande Patriarca un modello di consacrazione a Maria. Fu anzitutto
per san Giuseppe condividere tutta la sua vita: pensieri, volontà, beni, con
Maria per poter piacere a Gesù e per fare la volontà di Dio; fu ancora essere
verginalmente obbediente a Maria per poter essere conformato all’obbedienza di
Gesù al Padre; fu amare Maria con tutto il suo cuore casto così da rimanere
sempre vigilante nel suo ministero di custode di Cristo e di servo della
Redenzione; fu infine rimanere devotamente alla presenza di Maria così da
essere sempre alla presenza di Gesù. Conoscere chi è Maria fu per Giuseppe
conoscere chi è Dio, dove Egli abita.
La consacrazione a
Maria, che san Giuseppe fece prima di tutti e in modo più perfetto, dovrebbe
allora mirare ad ottenere in primis quella casta
disposizione giuseppina del cuore. Nella misura in cui amiamo la Madonna con un
cuore puro, con il cuore puro di san Giuseppe, in risposta, Lei ci accoglie
sotto il suo manto di purità e ci rende suoi sposi d’amore, così da essere al
sicuro da tutte le insidie di impurità e di empietà presenti nel mondo. Che san
Giuseppe sia ancora più conosciuto quale Patriarca di amore a Gesù
attraverso Maria e nel suo ruolo di sposo mistico della Santa
Vergine.
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