Abbiamo ricevuto un interessante contributo del nostro amico Franco Parresio, il quale ha modo di interrogarsi sull’intervento della CEI riguardo alla riammissione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche dello scorso 26 aprile. Si è trattato, però, di un breve sussulto di orgoglio, perché non più di un paio di giorni dopo, la stessa CEI ha chiesto, con un parere, all’autorità governativa se potesse svolgere «i riti dell’ultima commendatio e della valedictio al defunto» relativamente ai funerali. Giustamente l’autorità governativa ha subito precisato, nel suo parere, che tali riti sono rimessi all’autorità ecclesiastica, esulando dalla competenza di un’autorità laica. Precisazione superflua. Ma forse non c’era neppure bisogno di richiedere un parere su questi aspetti, giacché la CEI ben doveva sapere che lo svolgimento di questi riti competeva all’autorità della Chiesa (v. sul punto, L. Scrosati, Termometro e incenso: Cei sottomessa anche sulla liturgia, in LNBQ, 1.5.2020).
Buona lettura.
Messe VO e NO in diretta streaming: a chi
la corona senza virus?
di Franco
Parresio
E sì!, Chi
l’avrebbe mai detto!?
I Vescovi italiani hanno – con sorpresa di tutti – protestato
formalmente contro l’ultimo DPCM, che «esclude arbitrariamente la possibilità
di celebrare la Messa con il popolo» (v. qui).
La CEI ha rivendicato in questo modo la «pienezza della propria
autonomia» e «l’esercizio della libertà di culto», ricordando «a tutti che
l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza,
nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la
vita sacramentale».
Ma ch’è successo?!
Fino al giorno prima piena sintonia col braccio secolare, al punto da
mettere alla gogna quell’anziano sacerdote, colpevole di aver celebrato Messa
con pochi fedeli; e ora!?
Dopo aver quasi canonizzato Martin Lutero, riabilitandolo e mettendolo
alla stregua dei Dottori della Chiesa, adesso ci si ricorda che la nostra è
«una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita
sacramentale»!?
È un po’ tardi! Ma… meglio tardi che mai!
Il fondato sospetto, però, è un altro: che le pecore non facciano più
ritorno all’ovile!
Un problema da non sottovalutare non soltanto in termini economici,
viste le richieste di aiuto postate sui social, come quella del Santuario Beata Vergine Addolorata di Campocavallo (v. qui),
ma anche e soprattutto psicologici. Mi riferisco a quei sacerdoti che stanno
rivelando nelle loro messe in diretta streaming tutta la propria meschinità,
con siparietti patetici e squallidi. E questo perché, come ha giustamente detto
lo psichiatra Raffaele Morelli: «Non sappiamo stare con noi stessi, in questi
giorni lo stiamo imparando. Non bisogna buttarsi a capofitto nell’incontro con
gli altri, smetterla di correre e fare mille cose» (v. qui).
Questo
significa che i Vescovi non possono e non devono sottovalutare soltanto la
pericolosità del coronavirus, ma temere seriamente – ora più che mai – gli
effetti negativi generati dalla entusiastica neoteologia liturgica,
esasperatamente antropocentrica e poco o nulla cristocentrica, e dalla
autolesionistica propaganda della fin troppo decantata (sino alla nausea)
bergogliana “Chiesa in uscita”. E considerare che, se da una parte c’è
una Chiesa in uscita… di scena (nonché di senno), dall’altra c’è
una sempre più crescente Chiesa in entrata: quella che si
identifica, sebbene non interamente, con il Vetus Ordo, le cui
funzioni religiose – specie quelle di quest’ultimo Triduo Pasquale trasmesse in
diretta streaming sui vari canali social come youtube e facebook –
sono state all’insegna della solennità, dell’ordine e del decoro: esattamente
come raccomanda l’Abate Caronti; ma anche l’Abate Schuster, sottolineando il
fatto che l’azione liturgica è “a gloria di Dio e ad edificazione dei
presenti”: «Spesso, infatti, nelle chiese delle abbazie benedettine assistono
dei protestanti, degli ebrei, delle persone senza alcuna religione.
L’esperienza dimostra che un coro ben eseguito, delle funzioni celebrate con
ordine, con maestà, con devota pompa possono fare su quelle anime una profonda
impressione».
Imparino i
modernisti e fautori della teologia della chiesa in uscita … e
smettano di tacitare chi non la pensa come loro infamandoli come tradizionalisti.
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