Oggi, 15 agosto, è la Pasqua ovvero
il trionfo della Beata Vergine Maria sulla morte similmente al Figlio (cfr.
C. Siccardi, La Assunzione: trionfo della Madre di Dio,
in Corrispondenza
romana, 15.8.2018).
Questa
festa ci addita il comune destino per coloro che credono: ricevere il premio
eterno, con la partecipazione ad esso anche del proprio corpo. Al contempo ci
dà degli insegnamenti, diciamo concreti, che rinnegano la vena puramente
spiritualista del neo-modernismo: cioè i regni ultramondani non sono solo degli
stati, ma sono dei luoghi. Se dei corpi sono stati assunti presso Dio,
significa che i regni ultramondani sono luoghi fisici, non soltanto spirituali,
in cui possono starvi dei corpi, che, per quanto spiritualizzati e non più
soggetti alle leggi della fisica, hanno nondimeno una loro tangibilità e
dimensione spaziale (occupano, infatti, uno spazio!). Si è parlato di corpi
assunti presso Dio, perché mai non è l’unica assunta. Abbiamo Elia, che salì in
Cielo su un carro di fuoco, ma anche Enoch, che, dopo aver camminato con Dio, «non
fu più perché Dio l’aveva preso» (Gen 5, 24). Ed infine abbiamo la pia
credenza – cara a S. Bernardino da Siena – che anche S. Giuseppe, sposo della
Vergine, sia stato assunto in Cielo al momento dell’Ascensione del Signore. Ne
fece cenno il papa Giovanni XXIII in occasione della Canonizzazione di S.
Gregorio Barbarigo nel maggio 1960: «Con Gesù che ascende alla destra del Padre si aprono
le vie dei cieli per i figli dell’uomo, ormai riassunto alla sua primitiva
destinazione di creatura spirituale riservata ai beni eterni.
Già
S. Matteo, il primo degli Evangelisti, aveva raccontato che al morire di Gesù
sul Golgota, oltre allo scindersi del velo del tempio in due parti, al
commuoversi della terra e delle pietre, anche i sepolcri si aprirono et
multa corpora sanctorum qui dormierant surreoerunt, et exeuntes de monumentis
post resurrectionem eius venerunt in sanctam civitatem et apparuerunt
multis (Ps. 18, 7).
Come
non scorgere in questo inaspettato prodigio il primo apprestamento della
processione che dopo quaranta giorni doveva sollevarsi a volo, dall’oliveto per
la via luminosa dei cieli e precisamente per accompagnare il trionfante
Redentore Divino, nell’atto di prendere anche in forma umana il possesso del
regno eterno a cui, Agnello sacrificato per i peccati del mondo, aveva
assicurato il diritto sacro e glorioso?
Tra
i Padri e i Dottori che variamente interpretano questo passo di S. Matteo,
l’Aquinate nel suo Commentario prende posto decisamente presso
quanti asseriscono che corpora sanctorum qui dormierant surreoerunt —
egli aggiunge — tamquam intraturi cum Christo in coelum (Matth.
27, 52-53).
Spetta
quindi ai morti dell’Antico Testamento, i più vicini a Gesù — nominiamone due
dei più intimi alla sua vita, Giovanni Battista il Precursore e Giuseppe di
Nazareth, il suo nutricatore e custode — spetta a loro — così piamente noi
possiamo credere — l’onore ed il privilegio di aprire questo mirabile
accompagnamento per le vie del cielo: e dare le prime note
all’interminabile Te Deum delle generazioni umane salienti
sulle tracce di Gesù Redentore verso la gloria promessa ai fedeli, alla grazia
sua» (Giovanni XXIII, Omelia in occasione della
canonizzazione di S. Gregorio Barbarigo, 26.5.1960).
C’è
una differenza: se altre personalità sono state assunte o rapite in Cielo in
anima e corpo, Maria nondimeno è l’unica assunta in quanto Immacolata e
preservata immune dal peccato originale, perché Madre di Dio.
In suo onore, perciò, rilanciamo questo contributo, augurando ai nostri lettori una santa festa dell’Assunzione della B.V.M.
Annibale Carracci, Assunzione della Vergine Maria, 1600-02, Cappella Cersai, chiesa di S. Maria del Popolo, Roma |
di Corrado Gnerre
Alcuni sostengono che il culto mariano sia nato solo a partire dal V secolo, in seguito alla proclamazione dogmatica di Maria “Madre di Dio”. Non è così: numerose prove archeologiche e liturgiche attestano che la devozione dei cristiani per la Vergine Maria era fin da subito presente e molto sentita.
A
conferma di ciò basterebbe ricordare che il Concilio di Efeso si celebrò in un
edificio dedicato alla Vergine, il che fa capire chiaramente che il culto
mariano già esisteva.
La
più antica preghiera rivolta a Maria di cui si ha traccia, Sub tuum
praesidium («Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non
disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni
pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta»), è stata trovata ad Alessandria
d’Egitto in un papiro egiziano, copto, acquistato nel 1917 dalla John Rylands
Library di Manchester e pubblicato la prima volta nel 1938. Secondo gli
studiosi, risalirebbe agli inizi del III secolo. Di sicuro risale ad un tempo
molto anteriore al Concilio di Efeso (431) che – come abbiamo già detto –
attribuirà a Maria il titolo di “Madre di Dio”.
In un’antica colonna nella Basilica dell’Annunciazione a Nazareth, colonna
probabilmente del II secolo o al massimo del III, è leggibile un’iscrizione in
lingua greca, fatta da una pellegrina: «...sotto il luogo sacro di Maria».
La pellegrina ha anche lasciato inciso il proprio nome e quello dei suoi cari,
per affidarli alla Madonna. Ma, cosa interessante, nell’iscrizione la donna
precisa di aver eseguito i riti e le preghiere prescritte.
Ancora
a Nazareth, contemporaneamente alla scoperta di questa iscrizione, ne è stata
trovata un’altra (sempre del II secolo, massimo del III), che testimonia con
certezza il culto che i primi cristiani prestavano a Maria. In questa
iscrizione, scoperta dall’archeologo padre Bellarmino Bagatti (1905-1990), si
legge facilmente il saluto angelico: «Ave Maria».
Nelle
catacombe di Priscilla, a Roma, si trova una rappresentazione che risale al III
secolo. In essa si vede la figura di un vescovo che, imponendo ad una vergine
un sacro velo, le indica come modello Maria Santissima, la quale è dipinta con
il Bambino Gesù in braccio.
Sempre
nelle catacombe della via Salaria si può osservare un epitaffio posto davanti
al loculo di un defunto di nome Vericundus. Il nome è tracciato su
due tegole unite tra loro, che chiudono il loculo. Fra queste due tegole, sulla
calce che le unisce, spicca, dipinta molto probabilmente dalla stessa mano che
tracciò il nome del defunto, una “M”, che, secondo la nota studiosa Margherita
Guarducci, significa Maria. Insomma, si voleva porre sotto la protezione della
Vergine l’anima del defunto. Ebbene, questo epitaffio risale al II secolo.
A
Roma, sotto l’altare della confessione nella Basilica di San Pietro, nel
cosiddetto “muro G2”, che conteneva le ossa dell’apostolo Pietro identificate
dalla studiosa Margherita Guarducci, sono state trovate incise diverse scritte,
databili all’inizio del IV secolo, dunque prima del Concilio di Efeso (431).
Tra questi graffiti, molti dei quali furono scritti per impetrare la felicità
del Paradiso ai defunti, si trova spesso un’acclamazione di vittoria di Cristo,
di sua Madre e ovviamente dell’apostolo Pietro. Vi è anche un graffito in cui
il nome di Maria appare per intero e non abbreviato, come si usava fare
nell’antichità.
Sempre
per capire quanto la devozione alla Vergine abbia preceduto il Concilio di
Efeso (431), va ricordato come prima di questo Concilio siano state istituite
varie feste in onore di Maria Santissima, a Betlemme, a Gerusalemme e anche a
Nazareth. È certo che una solennità mariana esisteva a Costantinopoli prima del
Concilio di Efeso. Ci sono, infatti, tutti gli elementi per considerare
autentico un discorso del 429 di san Proclo, patriarca di Costantinopoli, nel
quale si fa cenno ad una solennità liturgica in onore della Madonna.
Ci sono, inoltre, bellissime preghiere rivolte alla Vergine e composte da
sant’Atanasio, san Giovanni Crisostomo, sant’Ambrogio, sant’Agostino. Santi che
sono vissuti prima del Concilio di Efeso.
E
poi, come dimenticare la raffigurazione della Madre di Gesù nel cimitero di
Priscilla, sulla via Salaria Nuova, a Roma? In questa raffigurazione la Vergine
stringe al petto Gesù. L’opera si fa risalire al II secolo, dunque ben prima
del Concilio di Efeso.
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