sabato 27 agosto 2022

I doveri di un Cardinale

 

Fotografie del Concistoro pubblico del 19 dicembre 1935 di Pio XI

mercoledì 17 agosto 2022

Pittori religiosi tra realtà e spiritualità

Conversazione tra il pittore barese  prof Giorgio Esposito  e il prof Vito Abbruzzi

A cura di Deodata Cofano

Pio XII "l’arte religiosa non deve essere né molto realistica, né troppo simbolica".

È appena trascorsa la Festa dell’Assunzione di Maria Vergine in Cielo, per molti il 15 agosto è solo ferragosto,  mentre per la Chiesa è una delle feste mariane più importanti che grandi artisti del passato hanno rappresentato.

Riportiamo due esempi celebri: l'Assunta di Tiziano Vecellio  conservata nella basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, e L'Assunzione della Vergine di Peter Paul Rubens che si trova nella cattedrale di Anversa. 



Giorgio Esposito: Per pervenire al suo stile grandioso, Rubens unì il disegno di Michelangelo e il colore del Tiziano che lui ammirava molto, tanto che ne copiò molte opere (probabilmente una ventina).

 In quei tempi per pervenire al cosiddetto "nuovo"  si procedeva molto umilmente facendo tesoro dell'operato dei predecessori, copiando le loro opere e nel contempo studiandole. Contrariamente a quello che succede oggi, laddove l'artista deve essere originale a tutti i costi non deve guardare al passato, ma essere proiettato in avanti senza volgersi minimamente indietro o soffermarsi a studiare gli antichi maestri.

Questo ha provocato due grossi inconvenienti: l'interruzione della tradizione pittorica e l'esaltazione della personalità degli artisti moderni che, spesso senza rendersene conto, cadono nel narcisismo, in un'alta stima di sé  e non di rado anche nella superbia.

Ricordiamo che Rubens ebbe molti allievi, credo che il preferito fosse il giovane ma grande Van Dick, che fece tesoro della lezione del  maestro, anche se le sue opere risultano meno solari e più melanconiche.

Vito Abbruzzi: Rubens e Van Dick sono famosi per i loro crocifissi giansenisti (1), avevano aderito alle idee di Giansenio o, più semplicemente, avevano eseguito quei dipinti dietro indicazione dei committenti? l fatto di essere figlio di un calvinista spiega molte cose di Rubens, dal momento che il giansenismo altro non è che il calvinismo di matrice cattolica.

Rubens                                                   Van Dick

 

Giorgio Esposito: Posso dire che Rubens era figlio di un calvinista, costretto a fuggire a  Roma a causa delle persecuzioni religiose del duca d'Alba, Fernando Alvarez De Toledo. Alla morte del padre, avvenuta quando il nostro pittore aveva solo 10 anni, la madre tornò ad Anversa dove il figlio ricevette una formazione cattolica umanista. Da allora Rubens rimase sempre profondamente devoto alla Chiesa Cattolica. Comunque più che l'aspetto religioso, ciò che mi ha interessato  molto di Rubens è stata la sua incredibile e insuperata tecnica  pittorica, in cui unì il procedimento degli antichi fiamminghi con il metodo di Giotto descritto da Cennino Cennini nel suo noto trattato 

 Molti quadri di Rubens furono dipinti dai suoi ottimi allievi, fra cui è bene ricordare il virtuoso Jacob Jordaens. 

Il maestro eseguiva spesso solo dei piccoli bozzetti e qualche disegno, che poi gli alunni ingrandivano su tele enormi e su cui Rubens, alla fine, correggeva qualche errore e armonizzava meglio il tutto.

 

Jacob Jordaens  I quattro evangelisti

Vito Abbruzzi: questo dipinto di Jacob Jordaens è  molto caravaggesco. Ricorda l'incredulità di San Tommaso.

Giorgio EspositoA dir il vero  Rubens, e probabilmente anche i suoi allievi, non apprezzavano molto la pittura di Caravaggio a differenza della pittura di Tiziano. Infatti in una lettera indirizzata a un amico scrisse che quella del Caravaggio era una pittura " troppo lenta" e, copiandone " La deposizione", apportò non poche modifiche stravolgendone l'intera composizione. 

Credo che Caravaggio non avesse un talento sul tipo dei grandi pittori della tradizione. Di lui  non esiste alcun disegno, dato che i suoi quadri sono copiati direttamente dal vero. Faceva posare qualche personaggio opportuno  e poi, forse anche tramite la camera oscura o camera ottica (una specie di proiettore antico), ricalcava  il disegno sulla tela. Dopo di che cominciava subito a dipingere per non stancare il modello, ma i suoi quadri difettano un po' nella   composizione, proprio perché  non usava fare anticipatamente  dei disegni preliminari dell'opera. 

Purtroppo era costretto a fare questo, non certo per mancanza di talento, ma perché  non aveva una tranquillità economica, dato che non aveva un mecenate, per cui non aveva l'opportunità di approfondire lo studio del disegno e specialmente della  geometria come fecero i suoi predecessori.(2)

Copiare dal vero come faceva Caravaggio risulta comunque più facile che inventare dal nulla come facevano Raffaello, Correggio, Tiepolo, ecc. Il risultato poi è anche molto realistico e questo non è sempre la cosa migliore specialmente per quel che riguarda la pittura sacra che deve mantenere un certo distacco dalla realtà a favore di una visione più spirituale. Molto opportunamente il Papa Pio XII affermava che l'arte sacra non deve essere né troppo realistica, né troppo simbolica. 

Addirittura il pittore e critico d'arte Roger De Piles nel 1600 (allora i critici d'arte erano molto seri) compila una specie di pagella con i voti in cui fa un confronto fra i grandi pittori e, nelle voci" disegno" e " "composizione", Caravaggio risulta fra gli ultimi rispetto agli altri grandi pittori del passato. 

Oggi  purtroppo si cerca di stupire l'osservatore abbondando nel realismo e con l'aiuto della macchina fotografica si studia poco, e  spesso non si copia neanche dal vero, dato che la fotografia fornisce già l'immagine precisa di ciò che si intende dipingere.

 


(1) si definiscono giansenisti i crocifissi di stampo protestante, in cui le braccia non sono aperte completamente sulla croce, ad indicare la dimensione cosmica della morte di Cristo, ma più ravvicinate, talvolta quasi parallele al corpo, creando tra loro uno spazio molto ristretto. Per il calvinismo ciò indica che la predestinazione, la salvezza, quindi, è per alcuni, non è per tutti. 

(2) Caravaggio è stato annoverato tra i grandi artisti solo di recente, e non è un caso. Viviamo quest’epoca buia, incattivìta e disordinata, in cui si rifiuta l'armonia, l'ordine, la bellezza, la profondità e l'accuratezza, preferendo la disarmonia, la sregolatezza, la velocità e quindi la superficialità, cancellando la storia e la Cultura. In quest'epoca quindi,  Caravaggio, pittore delle ombre e dell’oscurità, irrequieto e dalla vita disordinata, è un artista che esprime il mondo inquieto della modernità.


Deodata Cofano


La Cappella Papale dell’Assunta

 Rilanciamo questo contributo del dott. Giuliano Zoroddu:

La Cappella Papale dell’Assunta



di Giuliano Zoroddu


La festa dell’Assunzione di Maria Santissima fu fin da antico solennissima in Roma. L’introdusse Sergio I (687-701) e Leone IV (847-855) la dotò di ottava. Il Pontefice celebrava la messa in Santa Maria Maggiore, dopo aver preso parte alla fastosissima processione della notte precedente.

I rituali avevano inizio la mattina del 14 agosto, quando il Papa si recava nell’oratorio di san Lorenzo nel Patriarchio, ove fatte sette genuflessioni all’immagine acheropita del Salvatore, ne baciava i piedi e scopriva il volto al canto del Te Deum.

Portata dai Cardinali Diaconi e scortata da dodici ostiari coi ceri accesi, seguiti dal suddiacono regionario colla croce stazionale, dal clero palatino, dal primicerio con la schola cantorum, dal Praefectus Urbi con dodici romani (sei con la barba e sei sbarbati) in rappresentanza del Senato, e dal popolo tutto, l’icona attraversava la Via Sacra fino alla chiesa di Santa Maria Nuova, sotto il cui portico in atto di adorazione i piedi del Salvatore venivano lavati con aromi, e di qui a Sant’Adriano, dove riceveva un’ulteriore lavanda.

Tappa finale era la Basilica Liberiana per la celebrazione della messa stazionale da parte del Pontefice.

Queste cerimonie, sentitissime dal popolo romano, subirono nel corso del Medioevo, vari arricchimenti da un lato, ma non mancarono gli abusi, soprattutto a motivo delle turbolenze che scossero Roma segnatamente durante la permanenza della Santa Sede ad Avignone. Così san Pio V pensò bene di abolire la processione.

Rimase solamente la solenne messa in Santa Maria Maggiore, poi sanzionata da Sisto V nella sua costituzioni sulle riorganizzazione delle stazioni.

La celebrazione della messa spettava al Cardinale Arciprete.

Il Sommo Pontefice vi assisteva al trono in manto bianco, contornato dal Sacro Collegio.

La predica fino al 1828 era tenuta dal Procurato dell’Ordine di Santa Maria della Mercede, come stabilito da Clemente XI nel 1718. Leone XII però trasferì questo onore ad un convittore del Collegio dei Nobili (istituito dai Padri Gesuiti sotto il suo pontificato), il quale teneva il sermone in berretta e cappa con fodera di seta cremisi.

Alla fine della messa, che non prevedeva particolarità, il Pontefice e i Cardinali versavano rispettivamente cinquanta e uno scudo d’oro alla Confraternita del Gonfalone per il riscatto degli schiavi.

Questa Cappella Papale, per volontà di Benedetto XIV, era seguita dalla benedizione del popolo dalla loggia della Basilica, che era stata fatta costruire dal medesimo Pontefice nel 1741.

I diari dei cerimonieri ci tramandano alcune date: Giulio II tenne Cappella Papale alla Liberiana il 15 agosto 1509; così pure Paolo III nel 1538 e Gregorio XIII nel 1572 e nel 1573. Benedetto XIII nel 1724 celebrò messa egli stesso nella Cappella Borghesiana. Clemente XII, nel 1732, ordinò che vi si cantasse il Te Deum a motivo della presa di Orano in Algeria operata da Filippo V di Spagna. Leone XII stabilì che la cerimonia dovesse svolgersi nuovamente all’altare papale.

L’ultimo Pontefice a tenere la Cappella Papale dell’Assunzione in Santa Maria Maggiore fu Pio IX nel 1869.

L’ingresso delle truppe italiane in Roma il 20 settembre dell’anno seguente, segnarono la fine del secolare rito, il cui svolgimento si spostò nella Cappella Palatina.


Riferimenti bibliografici: G. MORONI, Le cappelle pontificie, cardinalizie e prelatizie, Venezia, 1841; A. I. SCHUSTER, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano. Vol. VIII. I Santi nel Mistero della Redenzione (Le Feste dei Santi dall’Ottava dei Principi degli Apostoli alla Dedicazione di S. Michele), Torino-Roma, 1932.


Immagine: Proclamazione del dogma dell’Assunzione in Piazza San Pietro il 1° novembre 1950 

[fonte: caeremonialeromanum.com].


Fonte: Radiospada, 14.8.2021