domenica 26 marzo 2023
Ostensione e venerazione nella prima Domenica di Passione del Velo della Veronica in Vaticano
sabato 25 marzo 2023
L’Annunciazione nell’arte: origini e segreti dell’iconografia
L’iconografia dell’Annunciazione si ispira ai testi dei vangeli canonici di Matteo e soprattutto di Luca (1,26-38), ma anche ai vangeli apocrifi, tra cui il Vangelo dello Pseudo Matteo ed il Protovangelo di Giacomo (11,1-3). Questi apocrifi furono divulgati in occidente da Vincent de Beauvais (1250 circa) in Speculum Historiae e da Giacomo da Varagine (1260 circa) nella Legenda Aurea. A tali fonti apocrife va aggiunto il Vangelo armeno dell’infanzia che ebbe una grande influenza sull’iconografia bizantina.
Secondo i vangeli apocrifi ci sarebbero state due annunciazioni, non una. Il Vangelo armeno (5,2-9), ad esempio, dice che la Vergine fu salutata dapprima da un angelo invisibile mentre usciva di casa con una brocca per andare ad attingere l’acqua alla fontana.
Temendo uno stratagemma del demonio, Maria inizia a pregare, chiedendo a Dio di liberarla dalle tentazioni del diavolo. Poi, rientrata a casa, si mette a filare la porpora per il velo del tempio. Gabriele entra allora dalla porta chiusa e le compare, questa volta, come un essere in carne ed ossa, annunciandole che darà alla luce il messia. In quel momento, il Verbo di Dio penetra in lei attraverso il suo orecchio, dando inizio al concepimento.
Mosaico dell'Annunciazione, Santa Sofia, Istanbul |
Mosaico dell'Annunciazione, Basilica di S. Marco, Venezia |
Come tutto ebbe inizio
Tra le prime rappresentazioni di Annunciazione dell’arte cristiana si trovano quelle affrescate nelle catacombe di Roma, dove l’arte funeraria era una “preghiera”, una testimonianza di speranza. Particolarmente significativo è dunque il messaggio della vittoria sulla morte, operata definitivamente da Cristo. E l’Annunciazione è proprio l’inizio di questo messaggio.
La più antica immagine di Annunciazione che ci è pervenuta è affrescata sulla volta di un cubicolo della catacomba di Priscilla ed è databile alla prima metà del III secolo. Maria indossa tunica e pallio secondo la moda romana; essa ascolta, seduta su uno scranno, un uomo che le sta davanti, sulla destra, vestito con una tunica dalle ampie maniche, e che alza la mano in segno loquendi.
Il modulo compositivo della catacomba di Priscilla si rifà ad uno schema iconografico esistente, che rappresentava il messaggero al cospetto di un personaggio di rango elevato. Il rimanere seduti, infatti, simboleggiava la dignità di colui che riceveva il visitatore. Il fatto che il messaggero divino sia raffigurato senza ali corrisponde alla prima iconografia cristiana, che voleva distinguere gli angeli cristiani dalle “vittorie alate” pagane.
Dietro la tenda
A partire dal IV e V secolo, l’Annunciazione è iscritta dunque in un contesto più vasto di quello del periodo delle catacombe. Essa viene inserita in cicli di scene epifaniche relative alla prima manifestazione agli uomini di Cristo.
Il senso epifanico dell’Annunciazione è spesso sottolineato dalla presenza di una tenda, come motivo non solo decorativo ma anche iconografico, di rivelazione: la tenda dei santuari delle religioni misteriche, infatti, nascondeva l’immagine sacra fino al momento della teofania e, quando si apriva, segnava l’inizio della rivelazione.
Il tema epifanico della tenda compare verso la fine del IV secolo nell’iconografia dei martiri: il primo esempio è quello del ritratto del Santo davanti alla Confessio della basilica dei Ss. Giovanni e Paolo a Roma.
Ave Regina
Tale particolare lo ritroveremo ripetutamente nel corso dei secoli. Maria acquista una nobiltà ed una regalità di ispirazione chiaramente imperiale. La regalità di Maria è dovuta naturalmente alla regalità del Cristo, raffigurato sempre più come Cristo glorioso, che giudicherà l’umanità alla fine dei tempi. Il sedile della Vergine, che spesso poggia i piedi su un suppedaneo, è ricoperto da un cuscino imperiale oppure diventa addirittura un trono.
Non raro nel periodo tardo antico è il tema dell’edicola sormontata da un frontone che fa da sfondo alla cattedra su cui siede la Vergine e che richiama immediatamente l’idea di Maria come “dimora vivente” dell’Altissimo. In tal modo, la Vergine viene a simboleggiare anche la Chiesa.
In queste immagini, si riscontrano spesso frontalità e ieraticità che accentuano il carattere divino dei personaggi. La sfera emotiva è del tutto assente: non vi è la minima traduzione dei sentimenti nelle espressioni. I gesti hanno comunque una forte valenza simbolica, come, ad esempio, la posizione della mano di Maria portata al mento, in segno di riflessione.
Di solito, nello schema compositivo dell’Annunciazione, l’arcangelo Gabriele è solo, di fronte alla Vergine, con in mano un bastone o uno scettro, simbolo della verga del comando affidata dall’imperatore celeste al suo ambasciatore speciale. Ma non mancano eccezioni. A volte la scena presenta più di un angelo. Ad esempio, nel mosaico dell’Arco Trionfale di Santa Maria Maggiore a Roma, quattro personaggi circondano Maria. Ma sarà dopo il Concilio di Trento (1545-1563) che si assisterà ad una moltiplicazione vera e propria di angeli, con l’inserimento di scorte di puttini.
Nel V secolo, nel già citato mosaico di Santa Maria Maggiore, compare per la prima volta in un'Annunciazione la figura della colomba in volo, come simbolo dello Spirito Santo. Nella Bibbia, la manifestazione dello Spirito sotto forma di colomba si ritrova solo nel racconto del Battesimo di Cristo e in nessun altro brano.
Tuttavia, nel 325 il Concilio di Nicea dichiara la colomba del battesimo valido simbolo dello Spirito Santo. Da allora, la colomba verrà rappresentata innanzitutto nell'Annunciazione a Maria, poi nelle scene della Pentecoste e infine nelle immagini della creazione e della Trinità.
Va detto, comunque, che la rappresentazione di Santa Maria Maggiore rimarrà per molto tempo un "unicum", forse a causa dell'avversione al culto ancora vivo di Venere, che aveva come attributo proprio la colomba. Occorrerà aspettare quattrocento anni prima che questo simbolo iconografico possa affermarsi e, a partire dall'XI-XII secolo, diventare parte integrante dell'Annunciazione.
Cosa succede all'inizio del medioevo
Nel VI secolo, si assiste ad un’inversione nelle posizioni reciproche di Maria e dell’angelo. Maria inizia a comparire sulla destra della scena. La figura principale si sposta nel senso della scrittura greca e latina, di modo che lo sguardo si arresta sull’immagine della Vergine. Essa, inoltre, comincia ad essere rappresentata in piedi, nell’atto di parlare.
Oltre a quella dell’oratore, essa può mostrare il palmo rivolto verso l’esterno, ad indicare il riserbo iniziale, oppure può mostrare il dorso quando è ripiegata sul petto, simbolo del consenso avvenuto (molto significativo è il gesto dell’orante, con le palme delle mani rivolte verso l’esterno all’altezza del petto, in segno di fiduciosa accoglienza.
Fonte: Folia Magazine, 25.5.2016
L'antica basilica dell'Annunciazione a Nazareth
Il luogo dell'Annunciazione oggi è sormontato da una basilica, costruita nel decennio 1959-69, dall'architetto Giovanni Muzio, che demolì, nel 1954, l'antica e splendida basilica sino ad allora esistente, che era stata costruita nel XVIII sec. sui resti della basilica di epoca crociata, che, a sua volta, sorgeva sui resti di quella bizantina del V sec.
Sebbene la nuova struttura sia sorta per mettere in luce gli scavi archeologici condotti dal frate francescano Camillo Bellarmino Bagatti, tuttavia, lo scrigno che li dovrebbe contenere appare freddo, scarno, minimalista, ed oggettivamente brutto, quasi un capannone industriale in cemento, rispetto a quella che era la struttura della chiesa precedente.
Qui, vogliamo darne un saggio attraverso alcune foto d'epoca.
Dalla stessa struttura architettonica si riconosceva la sua indole francescana:
martedì 14 marzo 2023
Un ricordo del Servo di Dio Papa Pio VII nell'anniversario della sua elezione a pontefice massimo
Il 14 marzo 1800 fu esaltato al sommo pontificato il cardinale Barnaba Niccolò Maria Luigi (in religione Gregorio) Chiaramonti, che assunse il nome di Pio VII, in onore del suo immediato predecessore, morto esule nell'agosto precedente in terra di Francia. Il conclave si era riunito a Venezia, nel monastero di San Giorgio, il 30 novembre 1799. Ma per quasi tre mesi, non si riuscì a raggiungere alcun accordo. Alla fine, fu grazie, tra gli altri, al segretario del conclave, mons. Ercole Consalvi (futuro cardinale e segretario di Stato), se si raggiunse una convergenza di voti sulla persona dell'allora cardinale arcivescovo di Imola, appunto il card. Chiaramonti. In breve egli riuscì ad ottenere l'unanimità ed, appunto, il 14 marzo del 1800, vide la sua elezione. Sono passati 223 anni da quel giorno. Eppure ancora oggi il ricordo di quel santo pontefice è vivo in molti autentici cattolici.
Quanto manca al popolo cattolico un pastore santo ed accorto come lo fu il servo di Dio papa Pio VII!!!!
Toeodor Matteini, Ritratto di Pio VII, 1801, chiesa di San Giorgio Maggiore, Venezia |
mercoledì 8 marzo 2023
La Chiesa dopo Benedetto XVI fra realtà e utopie - resoconto del dibattito del 3.3.2023
Alcuni
giorni fa si annunciava un incontro-dibattito, in Molfetta (BA), tra mons.
Nicola Bux ed il giornalista dott. Aldo Maria Valli (v. qui),
svoltosi lo scorso 3 marzo.
In questo breve scritto del prof. Barile vi è un resoconto della serata. A seguire, il video dell’intero dibattito.
Prof. Nicola Barile "La Chiesa dopo Benedetto XVI fra realtà e utopie". Resoconto di un avvincente dibattito con Aldo Maria Valli e Don Nicola Bux
"La Chiesa dopo Benedetto XVI fra
realtà ed utopia" è stato il tema
dell’interessante incontro organizzato il 3 marzo 2023 dall’ Università
Popolare Molfettese. La serata ha visto un folto pubblico assieparsi nella
pur ampia sala “Don Tonino Bello” della parrocchia S. Pio X a Molfetta in
provincia di Bari, ha visto protagonisti don Nicola Bux e Aldo Maria
Valli, già vaticanista RAI, moderati da Nicola Barile. Non si è trattato di un
simposio sul pensiero di papa Benedetto, quanto di una riflessione, a partire
dal contributo del suo pensiero, sul bivio in cui si trova la Chiesa attuale,
come ricordato dal moderatore: da una parte il realismo, quello metafisico di
S. Tommaso d’Aquino, dall’altra la deformazione dell’idea di utopia coniata da
S. Tommaso Moro, per giustificare l’imposizione di idee e concetti del mondo
contemporaneo.
Sia don Nicola, sia il dott. Valli hanno conosciuto
Benedetto XVI e ne hanno ricordato entrambi il carattere mite e la profondità
del pensiero; la loro interpretazione, tuttavia, diverge circa la
valutazione del suo magistero, prima come teologo, poi come papa. Se per
Valli Benedetto ha ereditato le tensioni che discendono, secondo lui, dal
Concilio Vaticano II, non risolvendole, secondo Bux, invece, Benedetto ha
manifestato creatività e originalità, ma sempre sforzandosi di mantenersi nel
solco della tradizione cattolica; da qui la sua lettura non traumatica del
Concilio, secondo quel principio della vita della Chiesa noto come “ermeneutica
della continuità”. Se si pensa, ad esempio, alla trilogia su Gesù di
Nazareth, non sarebbero pertanto il Concilio e le sue interpretazioni il
problema della Chiesa attuale, quanto la riduzione della figura di Gesù a
maestro di moralità, sostenitore di valori in linea con il mondo contemporaneo,
ma inevitabilmente in contrasto con la realtà: si pensi, ad esempio, al mito
del pacifismo, smentito dal ricorso, ancora oggi, dell’uomo alla
guerra.
Entrambi i relatori, tuttavia, hanno concordato in
conclusione i rischi dell’attuale fase sinodale, che appiattisce la Chiesa alla
sua dimensione burocratica, facendone dimenticare la natura sacramentale. Un
dibattito reso breve dai tempi contingentati della serata ha comunque
consentito alla partecipata assemblea di evidenziare i dubbi che, evidentemente,
questo attuale corso della Chiesa non riesce a fugare.
Fonte: Il pensiero cattolico, 7.3.2023
Fotografie di Vito Palmiotti |