In questa festa
dell’Annunciazione di Maria, rilanciamo questo interessante contributo sul modo
in cui quest’evento, che ha cambiato la storia dell’umanità, è stato
rappresentato nell’arte.
L’Annunciazione nell’arte: origini e segreti dell’iconografia
L’Annunciazione a Maria è uno dei soggetti più
rappresentati nella storia dell'arte. Ma come si è arrivati all'iconografia che
tutti conosciamo - che comprende di solito tre personaggi: Vergine, angelo e
colomba - e quali sono i significati che cela questa scena?
di Raffaela Fazio Smith*
Le due annunciazioni
L’iconografia dell’Annunciazione si ispira ai testi dei vangeli canonici di Matteo e soprattutto di Luca (1,26-38), ma anche ai vangeli apocrifi, tra cui il Vangelo dello Pseudo Matteo ed il Protovangelo di Giacomo (11,1-3). Questi apocrifi furono divulgati in occidente da Vincent de Beauvais (1250 circa) in Speculum Historiae e da Giacomo da Varagine (1260 circa) nella Legenda Aurea. A tali fonti apocrife va aggiunto il Vangelo armeno dell’infanzia che ebbe una grande influenza sull’iconografia bizantina.
Secondo i vangeli apocrifi ci sarebbero state due annunciazioni, non una. Il Vangelo armeno (5,2-9), ad esempio, dice che la Vergine fu salutata dapprima da un angelo invisibile mentre usciva di casa con una brocca per andare ad attingere l’acqua alla fontana.
Temendo uno stratagemma del demonio, Maria inizia a pregare, chiedendo a Dio di liberarla dalle tentazioni del diavolo. Poi, rientrata a casa, si mette a filare la porpora per il velo del tempio. Gabriele entra allora dalla porta chiusa e le compare, questa volta, come un essere in carne ed ossa, annunciandole che darà alla luce il messia. In quel momento, il Verbo di Dio penetra in lei attraverso il suo orecchio, dando inizio al concepimento.
L’iconografia dell’Annunciazione si ispira ai testi dei vangeli canonici di Matteo e soprattutto di Luca (1,26-38), ma anche ai vangeli apocrifi, tra cui il Vangelo dello Pseudo Matteo ed il Protovangelo di Giacomo (11,1-3). Questi apocrifi furono divulgati in occidente da Vincent de Beauvais (1250 circa) in Speculum Historiae e da Giacomo da Varagine (1260 circa) nella Legenda Aurea. A tali fonti apocrife va aggiunto il Vangelo armeno dell’infanzia che ebbe una grande influenza sull’iconografia bizantina.
Secondo i vangeli apocrifi ci sarebbero state due annunciazioni, non una. Il Vangelo armeno (5,2-9), ad esempio, dice che la Vergine fu salutata dapprima da un angelo invisibile mentre usciva di casa con una brocca per andare ad attingere l’acqua alla fontana.
Temendo uno stratagemma del demonio, Maria inizia a pregare, chiedendo a Dio di liberarla dalle tentazioni del diavolo. Poi, rientrata a casa, si mette a filare la porpora per il velo del tempio. Gabriele entra allora dalla porta chiusa e le compare, questa volta, come un essere in carne ed ossa, annunciandole che darà alla luce il messia. In quel momento, il Verbo di Dio penetra in lei attraverso il suo orecchio, dando inizio al concepimento.
Mosaico dell'Annunciazione, Santa Sofia, Istanbul |
Mosaico dell'Annunciazione, Basilica di S. Marco, Venezia |
Come tutto ebbe inizio
Tra le prime rappresentazioni di Annunciazione dell’arte cristiana si trovano quelle affrescate nelle catacombe di Roma, dove l’arte funeraria era una “preghiera”, una testimonianza di speranza. Particolarmente significativo è dunque il messaggio della vittoria sulla morte, operata definitivamente da Cristo. E l’Annunciazione è proprio l’inizio di questo messaggio.
La più antica immagine di Annunciazione che ci è pervenuta è affrescata sulla volta di un cubicolo della catacomba di Priscilla ed è databile alla prima metà del III secolo. Maria indossa tunica e pallio secondo la moda romana; essa ascolta, seduta su uno scranno, un uomo che le sta davanti, sulla destra, vestito con una tunica dalle ampie maniche, e che alza la mano in segno loquendi.
Il modulo compositivo della catacomba di Priscilla si rifà ad uno schema iconografico esistente, che rappresentava il messaggero al cospetto di un personaggio di rango elevato. Il rimanere seduti, infatti, simboleggiava la dignità di colui che riceveva il visitatore. Il fatto che il messaggero divino sia raffigurato senza ali corrisponde alla prima iconografia cristiana, che voleva distinguere gli angeli cristiani dalle “vittorie alate” pagane.
Dietro la tenda
A partire dal IV e V secolo, l’Annunciazione è iscritta dunque in un contesto più vasto di quello del periodo delle catacombe. Essa viene inserita in cicli di scene epifaniche relative alla prima manifestazione agli uomini di Cristo.
Il senso epifanico dell’Annunciazione è spesso sottolineato dalla presenza di una tenda, come motivo non solo decorativo ma anche iconografico, di rivelazione: la tenda dei santuari delle religioni misteriche, infatti, nascondeva l’immagine sacra fino al momento della teofania e, quando si apriva, segnava l’inizio della rivelazione.
Il tema epifanico della tenda compare verso la fine del IV secolo nell’iconografia dei martiri: il primo esempio è quello del ritratto del Santo davanti alla Confessio della basilica dei Ss. Giovanni e Paolo a Roma.
Ave Regina
Tale particolare lo ritroveremo ripetutamente nel corso dei secoli. Maria acquista una nobiltà ed una regalità di ispirazione chiaramente imperiale. La regalità di Maria è dovuta naturalmente alla regalità del Cristo, raffigurato sempre più come Cristo glorioso, che giudicherà l’umanità alla fine dei tempi. Il sedile della Vergine, che spesso poggia i piedi su un suppedaneo, è ricoperto da un cuscino imperiale oppure diventa addirittura un trono.
Non raro nel periodo tardo antico è il tema dell’edicola sormontata da un frontone che fa da sfondo alla cattedra su cui siede la Vergine e che richiama immediatamente l’idea di Maria come “dimora vivente” dell’Altissimo. In tal modo, la Vergine viene a simboleggiare anche la Chiesa.
In queste immagini, si riscontrano spesso frontalità e ieraticità che accentuano il carattere divino dei personaggi. La sfera emotiva è del tutto assente: non vi è la minima traduzione dei sentimenti nelle espressioni. I gesti hanno comunque una forte valenza simbolica, come, ad esempio, la posizione della mano di Maria portata al mento, in segno di riflessione.
Di solito, nello schema compositivo dell’Annunciazione, l’arcangelo Gabriele è solo, di fronte alla Vergine, con in mano un bastone o uno scettro, simbolo della verga del comando affidata dall’imperatore celeste al suo ambasciatore speciale. Ma non mancano eccezioni. A volte la scena presenta più di un angelo. Ad esempio, nel mosaico dell’Arco Trionfale di Santa Maria Maggiore a Roma, quattro personaggi circondano Maria. Ma sarà dopo il Concilio di Trento (1545-1563) che si assisterà ad una moltiplicazione vera e propria di angeli, con l’inserimento di scorte di puttini.
Vola colomba
Nel V secolo, nel già citato mosaico di Santa Maria Maggiore, compare per la prima volta in un'Annunciazione la figura della colomba in volo, come simbolo dello Spirito Santo. Nella Bibbia, la manifestazione dello Spirito sotto forma di colomba si ritrova solo nel racconto del Battesimo di Cristo e in nessun altro brano.
Tuttavia, nel 325 il Concilio di Nicea dichiara la colomba del battesimo valido simbolo dello Spirito Santo. Da allora, la colomba verrà rappresentata innanzitutto nell'Annunciazione a Maria, poi nelle scene della Pentecoste e infine nelle immagini della creazione e della Trinità.
Va detto, comunque, che la rappresentazione di Santa Maria Maggiore rimarrà per molto tempo un "unicum", forse a causa dell'avversione al culto ancora vivo di Venere, che aveva come attributo proprio la colomba. Occorrerà aspettare quattrocento anni prima che questo simbolo iconografico possa affermarsi e, a partire dall'XI-XII secolo, diventare parte integrante dell'Annunciazione.
Nel V secolo, nel già citato mosaico di Santa Maria Maggiore, compare per la prima volta in un'Annunciazione la figura della colomba in volo, come simbolo dello Spirito Santo. Nella Bibbia, la manifestazione dello Spirito sotto forma di colomba si ritrova solo nel racconto del Battesimo di Cristo e in nessun altro brano.
Tuttavia, nel 325 il Concilio di Nicea dichiara la colomba del battesimo valido simbolo dello Spirito Santo. Da allora, la colomba verrà rappresentata innanzitutto nell'Annunciazione a Maria, poi nelle scene della Pentecoste e infine nelle immagini della creazione e della Trinità.
Va detto, comunque, che la rappresentazione di Santa Maria Maggiore rimarrà per molto tempo un "unicum", forse a causa dell'avversione al culto ancora vivo di Venere, che aveva come attributo proprio la colomba. Occorrerà aspettare quattrocento anni prima che questo simbolo iconografico possa affermarsi e, a partire dall'XI-XII secolo, diventare parte integrante dell'Annunciazione.
Cosa succede all'inizio del medioevo
Nel VI secolo, si assiste ad un’inversione nelle posizioni reciproche di Maria e dell’angelo. Maria inizia a comparire sulla destra della scena. La figura principale si sposta nel senso della scrittura greca e latina, di modo che lo sguardo si arresta sull’immagine della Vergine. Essa, inoltre, comincia ad essere rappresentata in piedi, nell’atto di parlare.
Tale iconografia risente della sensibilità dell’ambiente aulico
bizantino-ellenistico, che tende a sottolineare non solo la nobiltà, ma anche
la saggezza della Vergine,
che, riconoscendo immediatamente la natura del messaggero, si alza in segno di
rispetto e, ascoltato l’annuncio, è in grado di rispondere al suo
interlocutore. La mano della Vergine può assumere varie posizioni.
Oltre a quella dell’oratore, essa può mostrare il palmo rivolto verso l’esterno, ad indicare il riserbo iniziale, oppure può mostrare il dorso quando è ripiegata sul petto, simbolo del consenso avvenuto (molto significativo è il gesto dell’orante, con le palme delle mani rivolte verso l’esterno all’altezza del petto, in segno di fiduciosa accoglienza.
Oltre a quella dell’oratore, essa può mostrare il palmo rivolto verso l’esterno, ad indicare il riserbo iniziale, oppure può mostrare il dorso quando è ripiegata sul petto, simbolo del consenso avvenuto (molto significativo è il gesto dell’orante, con le palme delle mani rivolte verso l’esterno all’altezza del petto, in segno di fiduciosa accoglienza.
Iconograficamente, l’immagine dell’orante riprende quella della “pietas” romana che rappresentava
plasticamente il sentimento di devozione e rispetto non solo nei confronti
degli dei, ma anche nei confronti della famiglia e della patria). In area
bizantina, l’iconografia d’ispirazione aulica si affianca al filone più
popolare, che continua a rappresentare Maria nell’atto di filare la porpora per
il tempio, da seduta.
Fonte: Folia Magazine, 25.5.2016
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