Rare fotografie del corpo del papa Pio XII, rivestito dell'abito corale, con mozzetta e camauro, avvolto in più strati di cellophane, dopo l’immersione del cadavere in un misterioso miscuglio di erbe aromatiche, secondo le prescrizioni del medico personale del Papa (che era un semplice oculista), Riccardo Galeazzi Lisi, che, a suo dire, aveva inventato un innovativo metodo di imbalsamazione. L’averlo avvolto nel cellophane, tuttavia, innalzò la temperatura corporea a livelli tali che la salma, nel tragitto tra Castel Gandolfo a Roma, esplose sulla Via Appia, all’altezza della Basilica di San Giovanni in Laterano. Fu necessaria una tappa non prevista, durante la quale il cadavere del Sommo Pontefice fu sottoposto ad una nuova procedura d’imbalsamazione. Il danno però era ormai fatto: durante i tre giorni di esposizione nella Basilica Vaticana, accadde il peggio: il volto del grande padre della cattolicità cominciò a smembrarsi e gli cadde addirittura il setto nasale. Tremendo fu lo spettacolo a cui assistettero migliaia di pellegrini in fila per rendergli omaggio e diverse guardie nobili svennero a causa dei miasmi esalati dalla salma. Nella notte tra l’11 e il 12 ottobre fu necessario chiudere la Basilica di San Pietro per apportare ulteriori interventi alla salma, apponendo una maschera di cera sul volto del venerato pontefice. Galeazzi Lisi, che aveva già diffuso vendendole a caro prezzo le immagini del papa morente scattate di nascosto con una piccola macchina fotografica tenuta nascosta in tasca, fu licenziato in tronco dal collegio cardinalizio e successivamente radiato dall’ordine nazionale dei medici (tratto da Francesco Capozza, Pio XII, quando il Papa fu imbalsamato ma si decompose in pubblico, in Libero, 11.10.2022) |
Salma del papa, rivestita degli abiti liturgici papali, esposta a Castelgandolfo |
La salma del papa in San Pietro |
65° anniversario
del beato transito del Papa Pio XII, morto dopo una lunga agonia il 9 ottobre
1958, alle ore 3,52, nella Villa Papale di Castelgandolfo, all'età di 82 anni (le ultime ore del Sommo Pontefice sono descritte in Le ultime ore di Pio XII, in Radiospada, 9.10.2022).
Regnò per
quasi vent'anni, essendo il suo pontificato iniziato nei momenti più difficili del
XX secolo. Due anni prima della morte vergò il suo brevissimo testamento, in
cui lasciava scritto «[…] i non pochi Atti e discorsi, da me per necessità di
officio emanati o pronunziati, bastano a far conoscere, a chi per avventura lo
desiderasse, il mio pensiero intorno alle varie questioni religiose e morali» (Il
testamento del Santo Padre Pio XII, ivi, 9.10.2020).
La sua morte
è stata compianta in tutto il mondo.
Tra i
messaggi di cordoglio c'erano quelli del presidente americano Eisenhower e di
molti leader ebrei come il ministro degli Esteri israeliano Golda Meir e il
rabbino italiano Elio Toaff. Il direttore d'orchestra ebreo-americano Leonard
Bernstein chiese un minuto di silenzio prima di un concerto della New York
Philarmonic Orchestra nell'ottobre 1958.
Il Pastor
Angelicus e Defensor Civitatis (i suoi acclamati titoli) è
attualmente considerato Venerabile dalla Chiesa cattolica romana nonostante la
famigerata campagna di odio (avviata nel 1963 in seguito alla rappresentazione
del dramma di Rolf Hochhuth “Il Vicario” sul palco di Berlino) per denigrare la
sua santa memoria.
I documenti
dimostrano che, lungi dall’aver abbandonato al loro destino gli ebrei
perseguitati durante la Seconda Guerra Mondiale, il presunto “silenzio” (=
diplomazia professionale) di Pio XII contribuì in maniera decisiva
–direttamente o indirettamente– alla salvezza di circa 850.000 ebrei europei
(cfr. Pio XII e gli ebrei: online la “lista Pacelli”, in ivi, 5.7.2022).
A questo
proposito, riguardo a recenti documenti ritrovati nell’archivio Vaticano,
pubblicati dal settimanale culturale del Corriere della Sera, La Lettura
(fasc. n. 616 del 17.9.2023, pp. 2-5, di cui riproduciamo qui di seguito le immagini dell'articolo), e che hanno suscitato ampio scalpore sui
mass-media (cfr. Antonio Carioti, Pio XII sapeva della Shoah: la prova in
una lettera scritta nel 1942 da un gesuita tedesco, in Corriere
della sera, 16.9.2023; Matteo Luigi Napolitano, Pio XII, il Papa che
“sapeva”, in L’Osservatore
romano, 19.9.2023; Giovanni Maria Vian, Quello che i titoli sul
silenzio di papa Pio XII hanno trascurato, in Domani, 7.10.2023), rilancio un’analisi
precisa e puntuale su questi documenti:
«1. La Lettura, il settimanale culturale del Corriere della Sera, pubblica un’intervista a Giovanni Coco, archivista di Santa Madre Chiesa, esattamente in forze all’Archivio Apostolico Vaticano, presentando un documento inedito sui campi di sterminio all’est. Si tratta di una lettera drammatica inviata dal gesuita Lothar König al confratello Robert Leiber, segretario di Pio XII.
Il Corriere della Sera, nella pagina culturale di
ieri, aveva anticipato la notizia sull’inedito. Oggi Coco ne riferisce al “domenicale”
del Corriere.
“Questa è una lettera inedita, scritta da un gesuita
tedesco antinazista, Lothar König. Contiene un allegato con una statistica di
sacerdoti detenuti nei campi di concentramento fatti costruire da Adolf Hitler.
Ma soprattutto parla di Auschwitz e di Dachau. E riporta da fonti credibili
notizie secondo le quali ogni giorno circa seimila tra ebrei e polacchi
venivano uccisi “negli altiforni” del Lager di Belzec, vicino al confine
ucraino. È datata 14 dicembre 1942...”.
2. Quale il valore di questa lettera di König a Leiber? “Enorme,
credo - osserva Coco - È un caso unico, perché rappresenta la sola
testimonianza di una corrispondenza che doveva essere nutrita e prolungata nel
tempo. Si capisce dalla familiarità con la quale Lothar König si rivolge in
tedesco a padre Robert Leiber, segretario di Pio XII”, chiamandolo “caro amico”.
Va tenuto presente che König era un grande antinazista. Ma
i documenti da noi consultati ci svelano che lo era anche il padre Leiber. Era
dunque una corrispondenza tra due antinazisti che si fidavano l’uno dell’altro.
Il che significa che padre Leiber e Pio XII sapevano benissimo del Kreisau
Kreis, il circolo di cui König faceva parte: “Una rete della resistenza
tedesca composta da cattolici e protestanti, la cui intelligence era in grado
di fare arrivare a Roma le notizie più riservate sui crimini hitleriani”.
3. Queste notizie ricevute dal Papa andavano diffuse al
mondo? Andava aperta la loggia su piazza San Pietro per denunciare, in piena
Shoah (nel 1942 con mezza Europa sotto il tallone hitleriano), i crimini di
Hitler che nel frattempo teneva in ostaggio così tanti innocenti. No.
Il padre König, infatti, sconsigliava fortemente
un tale passo, raccomandando al confratello Leiber (citiamo Coco) “di usare
quelle informazioni con la massima cautela, senza dire una sola parola che
potesse tradire le fonti. König temeva una fuga di notizie dal Vaticano, oppure
che la lettera potesse essere scoperta in caso di un’irruzione nazista”.
Cautela, dunque, prudenza, non chiasso, non denuncia
plateale. Erano questi anche gli ingredienti del Circolo di Kreisau, poi
accusato per il fallito attentato a Hitler. König, che faceva parte di quel
circolo, dovette fuggire perché ricercato. Ecco perché la raccomandazione del
gesuita al segretario di Pio XII “era un invito al silenzio per non bruciare la
rete della resistenza tedesca al nazismo”.
Ecco le parole dello stesso padre König: “I numeri
sono ufficiali...C’è anche un rapporto di vari testimoni […]. Entrambi gli
allegati sono stati ottenuti con il massimo rischio. Non solo è a rischio la
mia testa, ma anche la testa degli altri se non vengono usati con la massima
prudenza e cura...”.
4. Grazie al documento da lui scoperto, dice Coco, “stavolta si ha la certezza
che dalla chiesa cattolica tedesca arrivavano a Pio XII notizie esatte e
dettagliate sui crimini che si stavano perpetrando contro gli ebrei. Si parla
del Lager di Belzec, non lontano dalla cittadina ucraina di Rava-Rus’ka dove
tra il 5 e l’11 dicembre 1942 erano stati fucilati più di cinquemila ebrei. «Le
ultime informazioni su Rava-Rus'ka con il suo altoforno delle SS, dove ogni
giorno muoiono fino a 6000 uomini, soprattutto polacchi e ebrei, le ho trovate
confermate da altre fonti...», scrive König. Ma nella lettera si accenna anche
a un altro rapporto che non conosciamo ancora, riferito ad Auschwitz”.
Coco sa benissimo (e lo ammette onestamente) che la sua
scoperta non rappresenta proprio una novità. Per Coco la vera novità sta nel
fatto che, in quel dicembre 1942, in Vaticano giunsero notizie “esatte e
dettagliate” sui crimini nazisti. Ora, quest’affermazione sull’esattezza delle
notizie va temperata con quello che pensavano le organizzazioni ebraiche e gli
alleati.
5. Accertare le fonti era il cruccio di tutte le
organizzazioni antinaziste. Il giurista Paul Guggenheim, che dirigeva la sede
ginevrina del Congresso Mondiale Ebraico, bloccò le notizie sui campi di
sterminio che il suo subordinato Gerhart Riegner stava per diffondere al mondo.
Gli chiese infatti dapprima di cancellare la menzione dei grandi forni
crematori, e poi di aggiungere (in quella che è la seconda parte del dispaccio,
come noi oggi la conosciamo) una nota di cautela circa la non verificabilità
delle fonti.
Gli archivi inglesi ci informano che a fine ottobre 1942
Guggenheim si recò al consolato americano a Ginevra per riferire le notizie che
aveva ricevuto.
Lasciamo parlare il console americano: “L’informatore del Professor Guggenheim conferma che per tutte le cattive notizie recate dal Dott. Gerhart Riegner, Segretario del Congresso Ebraico Mondiale a Ginevra, e dal signor Lichtheim, dell’Agenzia ebraica per la Palestina di Ginevra, concernenti la situazione ebraica in Lettonia, salvo che per quelle riguardanti i dettagli dell’assassinio degli ebrei e il numero degli uccisi, ci sono numerose divergenze in vari rapporti. È solo nell’essenziale che questi rapporti sono unanimi”. Ovviamente, nessuna menzione dei forni crematori.
6. La documentazione esistente ci informa del fatto che la dichiarazione
interalleata del 17 dicembre 1942 contro i crimini nazisti fu fatta solo dietro
forte insistenza dei circoli ebraici internazionali presso Roosevelt, cui era
stato rilasciato, l’8 dicembre 1942, un importante memorandum sulla tragedia
ebraica. Notiamo la contemporaneità fra questi eventi e la data del documento
illustrato da Coco.
Alla dichiarazione interalleata seguirono fatti
concreti? No, dato che la priorità non era bombardare le linee ferroviarie che
portavano ad Auschwitz, ma sconfiggere la Germania sul campo. Ma con tutto ciò,
gli alleati ritenevano ritenevano affidabili le notizie provenienti dai Lager?
Ce lo dice un altro sconcertante episodio.
7. Nel 1943 Stati Uniti e Gran Bretagna volevano
pubblicare una nuova dichiarazione sui crimini di guerra tedeschi in Polonia.
Essa fu diramata il 30 agosto 1943 e pubblicata nella raccolta ufficiale del
Dipartimento di Stato americano. Ebbene: un paragrafo di quella dichiarazione
avrebbe dovuto menzionare i forni crematori, ma poi fu eliminato.
Perché? Lasciamo parlare le carte americane.
“Su suggerimento del Governo britannico, che afferma non
esserci prove sufficienti per giustificare una dichiarazione circa l’esecuzione
nelle camere a gas, è stato concordato di eliminare l’ultima frase del
paragrafo secondo della Dichiarazione sui crimini tedeschi in Polonia da “dove”
a “camere a gas”, così lasciando terminare il secondo paragrafo con “campi di
concentramento”.
Quando si dice “il silenzio sulle camere a gas”…
8. Bene, dunque, la massima “democrazia archivistica” su
Pio XII, ma attenzione a non lasciarsi prendere dalla “sindrome delle novità”.
Per esempio, le tragiche notizie provenienti da Rava-Rus'ka non erano una
novità. Ne parlava in prima pagina il Jewish Post già il 1° febbraio
1943; e non è il solo esempio.
9. A mo’ di post-scriptum. Notiamo del veleno in coda
all’articolo della Lettura.
In merito al ritardo con cui certe carte vengono alla luce,
Coco osserva: “Probabilmente chi ha maneggiato quei documenti prima di noi non
ha capito l’importanza del contenuto. Sa, nel passato non sempre gli archivi
venivano visti come una priorità in alcuni uffici del Vaticano. E non sempre
nel passato — fuori da qui — gli archivisti sono stati selezionati con occhio
per la loro professionalità”.
«Fuori da qui» è un inciso che fa capire che
secondo Coco la perfetta professionalità archivistica alberga solo presso
l’Archivio Apostolico Vaticano?
Che ci sia altissima professionalità in questo archivio, è
fuor di dubbio. È dunque negli altri archivi vaticani che Coco lamenta mancanza
di professionalità? E, per esperienza diretta anche degli altri archivi, su
quali basi lo afferma?» (Fonte).
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