Oggi,
festa di S. Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, è, in realtà, un giorno
triste e storico al contempo. Infatti, oggi si aprirà, con una messa solenne,
concelebrata da Francesco con i neo-cardinali ed i vescovi sinodali, il
discusso “Sinodo sulla sinodalità”, che presenta inquietanti somiglianze al
c.d. latrocinium Ephesi, cioè al II concilio di Efeso, convocato
dall'imperatore romano d'Oriente Teodosio II nel 449, sotto la presidenza del
Patriarca di Alessandria, Dioscoro I, e che non è riconosciuto né dalla Chiesa
cattolica né dalla maggior parte delle chiese ortodosse, salvo quelle c.d.
«pre-calcedoniane» (che accettano, invece, il Secondo concilio di Efeso e
rigettano il concilio di Calcedonia).
Perché
lo consideriamo funesto? Per il semplice motivo che esso si annuncia come la
pietra miliare del cambiamento dell’identità cattolica, sia per quanto riguarda
la dottrina sia per quanto riguarda la morale sia, infine, la prassi. Non si
nascondono, infatti, i timori che si accompagnano a quest’incontro sinodale, che
durerà l’intero mese di ottobre, e che comporterà – secondo anche quel che
emerge dall’Instrumentum Laboris – una qualche forma di benedizione
per le coppie tra persone dello stesso sesso sul modello di quanto avviene in
Germania ed in Olanda (quasi che Dio, contraddicendo la sua stessa Legge e la
sua stessa Divina Rivelazione, possa benedire, e così approvare quasi, una
situazione di peccato); una rivisitazione della legge del celibato
ecclesiastico; un riesame del divieto di accesso agli ordini sacri delle donne.
Del
resto, le reazioni avute, da parte della Santa Sede, alla pubblicazione dei
Dubia; reazioni tutt’altro che moderate e prudenti, ma inviperite e, diremmo,
quasi violente nelle parole … fanno pensare che la cosa non sia passata in
maniera indifferente sulle testi degli albicelesti abitanti della stanze
vaticane, ma anzi sia stato da loro accusato il colpo, il duro colpo assestato
ai loro piani “revolucionari”. Prova ne sia la reazione irritata del neo-cardinal
Fernández (cfr. Jonathan Liedl, Vatican releases Pope Francis’
responses to pre-synod dubia, criticizes cardinals, in Catholic
New Agency, 2.10.2023).
A
chiarimento dei fatti è utile rilanciare, in questo giorno dedicato al Santo di
Assisi, l’intervento del card. Raymond L. Burke al convegno de La Bussola,
svoltosi a Roma, presso il teatro Ghione, nel pomeriggio del giorno 3 ottobre
2023.
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Bellissimo santino del 1939 fatto stampare dal Commissario Generale del Terz'Ordine Francescano, per il quale fu chiamato un artista apposito, tale Mario Barberis. Il tutto per commemorare l'evento del 18 giugno 1939 allorché Pio XII, a soli tre mesi dall'elezione, su sollecita istanza di molti vescovi, proclamò il Santo di Assisi patrono d'Italia. Fonte |
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Altro santino stampato per l'occasione dalle Arti Grafiche dei Fratelli Bonetti di Milano su commissione del Segretariato per le Missioni Francescane. S. Francesco, ritto su una mezza colonna, benedice l'Italia, raffigurata dalla famosa allegoria di una regina con la corona turrita e la spada sul fianco. Accanto al Santo vi è il papa Pio XII con la tiara, nell'atto della proclamazione di S. Francesco a Patrono d'Italia. Attorno si vede una folla di persone di varie estrazioni sociali. La scena si svolge a Roma, dal momento che si scorge sullo sfondo, al centro, il Colosseo e l'Altare della Patria sulla destra. Ad essere precisi questo santino risale al XIX anno dell'era fascista e quindi al periodo 29.10.1940-28.10.1941. Fonte |
Burke:
«La sinodalità contraddice la vera identità della Chiesa»
«Il Sinodo che apre oggi cela un’agenda più politica che
ecclesiale e divina. La volontà di modificare la costituzione gerarchica
della Chiesa è chiara, con un conseguente indebolimento dell'insegnamento in
materia morale. Lo stesso processo usato in Germania».
Pubblichiamo di seguito l’intervento integrale
(titolo originale: “La sinodalità
contro la vera identità della Chiesa quale comunione gerarchica”) tenuto ieri dal cardinale Raymond Leo Burke al Convegno
internazionale “La Babele sinodale”, organizzato dalla Nuova
Bussola Quotidiana a Roma, presso il Teatro Ghione.
* * *
Prima di tutto, vorrei ringraziare gli organizzatori di questo
convegno, in particolare Riccardo Cascioli, e tutti i collaboratori della Nuova Bussola Quotidiana per averci dato oggi la possibilità di trattare di temi
massimamente importanti per tutti noi, perché toccano il Bene più fondamentale
della nostra comune Santa Madre, la Chiesa Cattolica, il Corpo Mistico di
Cristo che è il solo Salvatore del Mondo. Vorrei ringraziare specialmente padre
Gerald Murray e il professore Stefano Fontana per le considerazioni essenziali
che ci hanno presentato oggi. Hanno esposto in una maniera molto convincente,
smascherato dovrei dire, gli errori filosofici, canonici e teologici molto
diffusi oggi riguardo al Sinodo dei Vescovi e la sua imminente sessione
intitolata “Per una Chiesa sinodale: Comunione | partecipazione | missione”.
Vorrei subito
raccomandare alla vostra lettura il libro di
Julio Loredo e José Antonio Ureta, Processo sinodale: Un Vaso di Pandora. 100
domande e 100 risposte (Associazione Tradizione Famiglia
Proprietà, Roma, 2023), disponibile in italiano e in molte altre lingue. Lo
studio sereno e profondo che sta sotto questo libro è un aiuto preziosissimo
nell’affrontare la pervasiva confusione intorno alla sessione del Sinodo dei
Vescovi che inizierà domani (oggi 4 ottobre 2023, ndr).
Il professore
Fontana ha detto che: «La nuova sinodalità,
considerata nelle categorie sue proprie di tempo, prassi e procedura, è il
momento conclusivo di un lungo percorso che ha attraversato tutta la modernità». Attirando
la nostra attenzione sulle fonti filosofiche della cosiddetta sinodalità, egli
smaschera la sua mondanità. Ecco perché nostro Signore Gesù Cristo, che è il solo
nostro Salvatore, non sta alla radice e al centro della sinodalità. Ecco perché
la natura divina della Chiesa nella sua fondazione e nella sua vita organica e
duratura è trascurata e, in verità, dimenticata.
Lo Spirito
Santo è molto spesso invocato nella
prospettiva del Sinodo. Tutto il processo sinodale si presenta come un’opera
dello Spirito Santo che guiderà tutti i membri del Sinodo, ma non c’è neanche
una parola sull’obbedienza dovuta alle ispirazioni dello Spirito Santo che sono
sempre coerenti con la verità della dottrina perenne e la bontà della
disciplina perenne che Egli ha ispirato lungo i secoli. È purtroppo molto
chiaro che l’invocazione dello Spirito Santo da parte di alcuni ha per scopo il
far andare avanti un’agenda più politica e umana che ecclesiale e divina.
L’agenda della Chiesa è unica, cioè la ricerca del Bene comune della Chiesa,
cioè la salvezza delle anime, la salus animarum che «in
Ecclesia suprema semper lex esse debet»[1].
Il Sinodo sulla “sinodalità” prosegue alcune prospettive diffuse nella Chiesa oggi ed evidenziate
pure dalla recente riforma della Curia Romana tracciata dalla Costituzione
Apostolica Praedicate Evangelium. Essa insiste
principalmente nell’indicare la missionarietà e sinodalità della Chiesa come
gli «attributi», i «tratti essenziali»[2] della
vita ecclesiale e sembra far derivare da questa impostazione la struttura della
Curia Romana. Ma, come professiamo nel Simbolo della Fede e come è stato
insegnato dal Concilio ecumenico Vaticano II nella Costituzione Dogmatica sulla
Chiesa, Lumen
gentium, la Santa Madre Chiesa è nei suoi attributi, nei suoi
tratti essenziali, «una, santa, cattolica e apostolica»[3].
La confusione sulla teologia, sulla morale e persino sulla
filosofia elementare in cui viviamo è alimentata
da una grande mancanza di chiarezza nel vocabolario utilizzato, e questo
probabilmente è intenzionale da parte di alcuni. Assistiamo a uno slittamento
semantico di alcune parole o espressioni, che rende incomprensibile
l’insegnamento della Chiesa su alcuni punti. Potrei citare l’espressione
“misericordia di Dio”, per esempio. Ma a volte si introducono o si estremizzano
nuove parole senza una chiara definizione, come nel caso della parola sinodalità.
In questo caso, con la confusione sui tratti essenziali della Chiesa, c’è il
rischio di perdere l’identità della Chiesa, la nostra identità di membri del
Corpo Mistico di Cristo, di tralci nella «vite vera» che è Cristo e della quale
il Padre eterno «è l’agricoltore»[4].
Nel momento in cui questi concetti diventano centrali e non sono
chiaramente definiti, si apre la porta a chiunque
voglia interpretarli in modo da rompere con il costante insegnamento della
Chiesa su questi temi. Infatti, la storia della Chiesa ci insegna che la
risoluzione delle peggiori crisi, come quella ariana, inizia sempre con una
grande precisione nel vocabolario e nei concetti utilizzati.
Torniamo ai
tratti essenziali della Chiesa proposti nella Praedicate Evangelium per capire
meglio in che direzione il Sinodo tende: missionarietà e sinodalità.
Si tratta di due attributi in qualche senso conosciuti, ma la loro elevazione a
tratti essenziali della Chiesa e, perciò, criteri fondamentali della
ristrutturazione della Curia Romana – e ora con questo Sinodo a tutta la Chiesa
Universale – si presta ad ambiguità e a equivoci che devono essere riconosciuti
e dissipati.
È giusto affermare che tutta
la Chiesa è missionaria. Tutti i fedeli sono
chiamati, secondo la loro vocazione e le loro doti personali, a dare
testimonianza a Cristo nel mondo. Ma nel dare testimonianza a Cristo, i fedeli
necessitano dell’incontro con Lui vivo nella Chiesa attraverso la Sacra
Tradizione, che è dottrinale, liturgica e disciplinare. Necessitano buoni
Pastori – il Romano Pontefice e i Vescovi in comunione con Lui, insieme con i
sacerdoti, i principali cooperatori dei Vescovi – che li guidino a Cristo e
salvaguardino per loro la vita in Cristo, specialmente per l’insegnamento della
sana dottrina e dei buoni costumi, e, in modo più perfetto e completo, per la
Sacra Liturgia quale adorazione di Dio «in spirito e verità»[5].
È infatti l’insegnamento della verità e il Culto Divino «in spirito e verità»
che fanno crescere la vita in Cristo di ogni fedele e di tutta la Chiesa. Come
ci insegna San Paolo, nella Chiesa non siamo più «fanciulli in balìa delle
onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli
uomini con quella astuzia che trascina all’errore», ma «agendo secondo verità
nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo,
Cristo»[6].
Secondo il costante insegnamento della Chiesa, Cristo istituì l’Ufficio Petrino perché tutti i Vescovi e, così,
tutti i fedeli siano uniti nella fede[7].
Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, dichiarò:
«Affinché lo stesso episcopato fosse uno e indiviso, [Gesù Cristo] prepose agli
altri apostoli il beato Pietro e in lui stabilì il principio e il fondamento
perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione»[8].
Così il Concilio definisce l’Ufficio Petrino: «Il Romano Pontefice, quale
successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento
dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli»[9].
La Curia Romana è lo strumento principale del Romano Pontefice nel suo servizio insostituibile alla Chiesa universale. Secondo le parole dei Padri conciliari:
«Nell’esercizio del suo supremo, pieno e immediato potere sopra tutta la
Chiesa, il Romano Pontefice si avvale dei dicasteri della Curia Romana, che
perciò compiono il loro incarico nel nome e nell’autorità di lui, a vantaggio
delle chiese e al servizio dei sacri pastori»[10].
Il Successore di San Pietro, tramite la Curia Romana, aiuta i singoli Vescovi a
compiere il loro fondamentale servizio che il Concilio descrive con queste
parole: «Tutti i Vescovi, infatti, devono promuovere e difendere l’unità della
fede e la disciplina comune a tutta la Chiesa, istruire i fedeli nell’amore di
tutto il corpo mistico di Cristo, specialmente delle membra povere, sofferenti
e di quelle che sono perseguitate a causa della giustizia (cf. Mt 5, 10) e,
infine, promuovere ogni attività comune a tutta la Chiesa, specialmente nel
procurare che la fede cresca e sorga per tutti gli uomini la luce della piena
verità»[11].
La missionarietà della Chiesa è il frutto di questa unità di dottrina, liturgia, e disciplina,
è frutto del Cristo vivo nella Chiesa, nei membri del Suo Corpo Mistico di cui
egli è il Capo. È Cristo solo che è annunziato e predicato a tutte le nazioni
perché molti siano battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo. Ecco la missione della Chiesa affidata a lei dal Signore:
«A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla
terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome
del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto
ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla
fine del mondo»[12].
La missione di
Cristo è anteriore ad ogni attività missionaria, al tratto di missionarietà. Infatti, la missionarietà è soltanto una
manifestazione della presenza viva di Cristo nella Chiesa per fare «discepoli
tutti i popoli», Cristo che rimane sempre vivo nella Chiesa «fino alla fine del
mondo».
Sinodalità, in quanto termine astratto, è un neologismo nella
dottrina sulla Chiesa. È risaputo che il Concilio
Vaticano II ha voluto evitare i termini astratti di conciliarità e collegialità,
che non si trovano nei testi conciliari. È da presumere che lo stesso Concilio
avrebbe voluto evitare un termine astratto come sinodalità, se l’avesse
conosciuto.
La tradizione canonica conosce l’istituto del Sinodo quale
strumento per dare consigli ai sacri Pastori; non si descrive la Chiesa quale sinodale ma, invece, quale comunione
gerarchica[13].
Sono i pastori nella comunione salvaguardata e promossa dall’Ufficio Petrino,
cioè la gerarchia, che ha la responsabilità della guida dottrinale, liturgica e
morale della Chiesa. Il Sinodo è un aiuto offerto ai pastori affinché loro
possano compiere il loro servizio. Esso non può mai sostituire l’ufficio
pastorale voluto e istituito da Cristo stesso.
Il Sinodo dei
Vescovi si descrive quale «un’assemblea di Vescovi i
quali (…) si riuniscono in tempi determinati per favorire una stretta unione
fra il Romano Pontefice e i Vescovi, e per prestare aiuto con i loro consigli
al Romano Pontefice stesso nella salvaguardia e nell’incremento della fede e
dei costumi, nell’osservanza e nel consolidamento della disciplina
ecclesiastica e inoltre per studiare i problemi riguardanti l’attività della
Chiesa nel mondo»[14].
Padre Murray ci ha ricordato la natura del Sinodo dei Vescovi, secondo il
citato canone 342 del Codice di Diritto Canonico.
Aggiungerei solo che, in modo simile, il Sinodo Diocesano si descrive quale
«l’assemblea di sacerdoti e altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per
prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità
diocesana (…)»[15].
Il sinodo come istituto canonico si riferisce ad un modo solenne dei diversi modi attraverso i quali
tutti i fedeli, per la loro vocazione e con le loro doti, assistono i loro
sacri Pastori ad adempire le loro responsabilità come veri maestri della fede.
Il can. 212 del Codice di Diritto Canonico, avendo la sua fonte originale
nell’insegnamento domenicale sulla correzione fraterna[16] provvede
le norme che disciplinano il rapporto tra i sacri Pastori e i fedeli nella
comunione gerarchica della Chiesa. L’istituto del sinodo, tra questi modi, è
straordinario, richiedendo una preparazione lunga e adeguata e una celebrazione
ben disciplinata per evitare i malintesi che possano facilmente, specialmente
in una cultura del tutto secolarizzata e mondana, rendere il processo sinodale
nocivo alla Chiesa.
Vorrei adesso condividere con voi alcune
riflessioni che ho esposto ad altri venerabili
confratelli del Collegio Cardinalizio, in occasione dell’incontro dei
Cardinali, poco più di un anno fa. Riguardano più direttamente la struttura
della Curia Romana, ma sono collegate in maniera molto stretta al nostro
argomento.
La missionarietà e la sinodalità come qualità, non
«attributi» o «tratti essenziali», della vita ecclesiale non cambiano la natura
dell’Ufficio Petrino o del servizio prestato dalla Curia Romana al Successore
di Pietro quale «principio e (il) fondamento perpetuo e visibile dell’unità della
fede e della comunione». Infatti, presuppongono l’Ufficio Petrino assistito
dalla Curia Romana. Alla luce di questo, seguono delle osservazioni.
Primo. La Costituzione
Apostolica Praedicate
Evangelium insiste che la Curia Romana «è al
servizio del Papa, successore di Pietro, e dei Vescovi, successori degli
Apostoli»[17].
Ma il servizio della Curia Romana è al Successore di Pietro. Servendo il Romano
Pontefice, la Curia Romana serve anche i Vescovi nel loro rapporto con il Papa.
Non è realistico domandare che la Curia Romana serva tutti i Vescovi. Infatti,
essi hanno le loro proprie Curie per aiutarli nel compimento delle loro
responsabilità di veri pastori. In questo, si deve mantenere chiaro il servizio
distinto del Successore di Pietro.
Allo stesso tempo, definire la Curia
Romana al servizio dei singoli Vescovi rischierebbe
di trasmettere una visione mondana della Chiesa nella
quale le Chiese particolari sarebbero filiali o sussidiarie della Chiesa a
Roma, tutti serviti dalla stessa Curia Romana. Sarebbe una distorsione del
rapporto del Successore di Pietro con i Vescovi.
Secondo. Il termine dicastero, quale termine generico
secolare, tratto dal Diritto Romano, per i vari uffici di diversa natura della
Curia Romana non esprime sufficientemente l’aspetto della comunione gerarchica
coinvolta nel trattamento di questioni dottrinali, liturgiche, educative,
missionarie, ecc., e non esprime la reale differenza non di dignità (tutti i
dicasteri sono giuridicamente pari), ma di materia e di competenza.
Terzo. Sembra giusto restaurare in qualche forma, almeno nella prossima fase
attuativa della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, la
Congregazione per la Dottrina della Fede al primo posto fra tutte le
Congregazioni della Curia Romana in virtù del suo compito di «aiutare il Romano
Pontefice e i Vescovi nell’annuncio del Vangelo in tutto il mondo, promuovendo
e tutelando l’integrità della dottrina cattolica sulla fede e la morale,
attingendo al deposito della fede e ricercandone anche una sempre più profonda
intelligenza di fronte alle nuove questioni»[18].
Quarto. Sarebbe importante,
nell’elenco delle qualità richieste agli Officiali e Consultori, mettere in
primo luogo la sana dottrina e la coerenza con la sana disciplina della Chiesa[19].
Non mi sembra necessario entrare nel dettaglio per capire che il Sinodo che si aprirà domani (oggi, ndr)
non è altro che un prolungamento diretto di ciò che è stato già evidenziato dalla
Costituzione Apostolica Predicate Evangelium. È
quindi per lo meno singolare dire che non si sa in che direzione andrà il
Sinodo, quando è così chiaro che la volontà è quella di modificare
profondamente la costituzione gerarchica della Chiesa. Un processo simile è
stato adoperato nella Chiesa in Germania per raggiungere lo stesso tanto nocivo
scopo.
Viene frequentemente detto che
l’insistenza sulla sinodalità della Chiesa non è altro che recuperare una
caratteristica ecclesiale sempre osservata dalla Chiesa orientale. Ho contatti
regolari con vescovi e sacerdoti orientali, sia cattolici che ortodossi: tutti
mi hanno detto che il modo in cui è organizzato il Sinodo non ha nulla a che
vedere con i sinodi orientali. Questo vale non solo per il posto dei laici in
queste assemblee, ma anche più in generale per il modo in cui operano e persino
per le questioni che affrontano. C’è confusione intorno al termine sinodalità,
che si cerca artificiosamente di collegare a una pratica orientale, ma che in
realtà ha tutte le caratteristiche di un’invenzione recente, soprattutto per
quanto riguarda i laici.
Una tale modifica nell’autocomprensione della Chiesa ha per ulteriore conseguenza un
indebolimento dell’insegnamento in materia di morale, nonché di disciplina
nella Chiesa. Non mi soffermo molto su questi punti, drammaticamente noti a
tutti: la teologia morale ha perso tutti i suoi punti di riferimento. È urgente
considerare l’atto morale nella sua totalità, e non solo nel suo aspetto
soggettivo. Il trentesimo anniversario della pubblicazione di Veritatis
Splendor può aiutarci in questo. Accolgo con favore e
incoraggio le iniziative che ho visto su questo tema. I comandamenti del
Decalogo sono validi e rimarranno validi come lo sono sempre stati in ogni
epoca, semplicemente perché sono inerenti alla natura umana.
Visto tutto
quello che ho osservato e che stiamo
approfondendo nel nostro Convegno di oggi (ieri 3 ottobre, ndr),
io, insieme ad quattro altri cardinali, le Loro Eminenze Card. Walter Brandmüller, Card. Juan
Sandoval Íñiguez, Card. Robert Sarah e Card. Joseph Zen, ciascuno proveniente da un diverso continente, abbiamo
presentato al Sovrano Pontefice, durante l’estate, dei dubia per
chiarire un certo numero di punti fondamentali appartenenti al deposito della
Fede che oggi vengono messi in discussione, specialmente nel proseguimento
della cosiddetta sinodalità. Molti fratelli dell’episcopato e anche del
Collegio cardinalizio sostengono questa iniziativa, anche se non sono nella
lista ufficiale dei firmatari.
Oggi (ieri, ndr) è apparso un articolo su Il Giornale del vaticanista Fabio
Marchese Ragona sui dubia sottoposti a Papa
Francesco. Alla fine dell’articolo, egli cita i commenti sui dubia di
«due padri sinodali», che ha intervistato. Cito il commento:
«Siamo molto dispiaciuti, i tempi della Chiesa
non sono quelli di questi confratelli! Non possono dettare loro l’agenda al
Papa, causando peraltro ferite e minando l’unità nella Chiesa. Ma ormai ci
siamo abituati: vogliono soltanto colpire Francesco»[20].
Questi
commenti rivelano lo stato di confusione, errore, e divisione che permea la sessione del Sinodo dei Vescovi che comincerà domani
(oggi, ndr).
I cinque dubia trattano
esclusivamente la perenne dottrina e disciplina della Chiesa, non un’agenda del
Papa. Non trattano dei “tempi” passati. Il linguaggio è molto rivelatore della
mondanità della visione. Poi, non trattano della persona del Santo Padre.
Infatti, per la loro natura sono un’espressione della dovuta venerazione per
l’Ufficio Petrino e il Successore di San Pietro.
Questi
commenti sembrano riflettere un errore fondamentale recentemente espresso dal nuovo Prefetto (card. Víctor Manuel
Fernández, ndr) del Dicastero per la Dottrina della Fede in
una intervista che egli ha dato a Edward Pentin del National Catholic Register.
Durante l’intervista egli ha dichiarato che, oltre al deposito della Fede, il
Romano Pontefice ha un «vivo e attivo dono» che risulta in quello che egli
definisce «la dottrina del Santo Padre»[21].
In più, egli accusa di eresia e scisma[22] quelli
che criticano questa «dottrina del Santo Padre».
Ma la Chiesa
non ha mai insegnato che il Romano Pontefice
ha un dono speciale per costituire una propria dottrina. Il Santo Padre è il
primo maestro del deposito della fede che è in sé stesso sempre vivo e
dinamico. Così insegna la Costituzione Dogmatica sulla Divina Rivelazione, Dei
verbum, del Concilio ecumenico Vaticano II:
«La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura
costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa.
Aderendo ad esso tutto il popolo santo, unito ai suoi Pastori, persevera
costantemente nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella
frazione del pane e nelle orazioni (cf. Atti 2, 42 gr.), in modo che nel
ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si crei una singolare unità
di spirito tra Vescovi e fedeli»[23].
Si deve
riflettere sulla gravità della situazione ecclesiale quando il Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede
accusa di eresia e scisma quelli che chiedono al Santo Padre di esercitare
l’Ufficio Petrino per salvaguardare e promuovere il depositum fidei.
Ci viene detto che la Chiesa che professiamo – in comunione con i nostri
antenati nella fede fin dai tempi degli Apostoli – essere una, santa, cattolica
e apostolica, deve ora essere definita dalla sinodalità, un termine che non ha
storia nella dottrina della Chiesa e per il quale non esiste una definizione
ragionevole. Si tratta ovviamente di una costruzione artificiale, più simile a
una costruzione umana che alla Chiesa costruita sulla roccia che è Cristo (cfr.
1 Cor 10,4). L’Instrumentum laboris della prossima sessione
del Sinodo dei Vescovi contiene certamente affermazioni che si discostano in
modo impressionante e grave dall’insegnamento perenne della Chiesa. Prima di
tutto, dobbiamo riaffermare pubblicamente la nostra fede. In questo, i vescovi
hanno il dovere di confermare i loro fratelli. I vescovi e i cardinali di oggi
hanno bisogno di molto coraggio per affrontare i gravi errori che provengono
dall’interno della Chiesa stessa. Le pecore dipendono dal coraggio dei pastori
che devono proteggerle dal veleno della confusione, dell’errore e della
divisione.
Ma vorrei concludere esortandovi
alla preghiera per implorare l’aiuto del Cielo contro tutte le potenze, umane e
preternaturali, che sognano la distruzione della Chiesa. Non praevalebunt![24] Sappiamo
che il bene è sempre tenuto in considerazione agli occhi di Dio e sarà
giustamente ricompensato, così come il male sarà punito. Molti giovani ne sono
consapevoli e cercano di vivere, con il sostegno dei Sacramenti, un’autentica
vita di Fede, Speranza e Carità, cioè una vita sempre più pienamente in Cristo
con un cuore sempre più dato, insieme con il Cuore Immacolato di Maria, al Suo
Sacratissimo Cuore. Questo è chiaramente il vero futuro della Chiesa, l’unico
che porterà veramente frutto (cfr. Mt 7,15-17).
Oggi i buoni
cristiani devono essere pronti a subire il
martirio bianco dell’incomprensione, del rifiuto e della persecuzione, e
talvolta il martirio rosso dello spargimento di sangue, per essere testimoni
fedeli di Cristo e Suoi «collaboratori della verità»[25].
Sebbene la confusione attuale sia particolarmente grande, persino storicamente
significativa per non dire inedita, non possiamo credere che la situazione sia
irreversibile. Come ho appena ricordato, le porte dell’Inferno non prevarranno
contro la Chiesa. Il Signore ha promesso di rimanere con noi nella Chiesa «fino
alla fine del mondo»[26].
Egli non mente. Egli è sempre fedele alle Sue promesse. Possiamo sempre
confidare nel Signore vivo per noi nella Chiesa. E certamente non dobbiamo mai
abbandonare il Signore ma rimanere con Lui nella Chiesa che è il Suo Corpo
Mistico. Dobbiamo sempre rimanere tralci sicuramente inseriti nella Vite che è
Lui. Tuttavia, siamo costretti a constatare che molte anime prendono la strada
della perdizione a causa di questa confusione, per cui dobbiamo pregare molto e
agire per dissiparla al più presto possibile.
Invochiamo la
Beata Vergine Maria, in particolare nel suo Cuore
Immacolato, San Giuseppe Protettore della Santa Chiesa, i Santi Apostoli Pietro
e Paolo, e tutti i santi, affinché ciascuno di noi rimanga fedele a Cristo e
alla Sua Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica, la Santa Romana Chiesa; e
affinché la Chiesa stessa, senza macchia né ruga, possa uscire al più presto
dall’attuale stato di confusione e divisione per abbreviare questi tempi in cui
il rischio di perdizione delle anime è grande. Salus animarum «in Ecclesia suprema semper
lex esse debet».
Grazie per la Vostra attenzione. Che Dio
benedica Voi e le Vostre case sempre, e che la Vergine Madre di Dio, San
Giuseppe, i Santi Pietro e Paolo, e tutti i Santi Vi guidino e Vi salvaguardino
la via.
Raymond Leo Card. Burke
NOTE
[1] Can. 1752.
[2] Catechismo
della Chiesa Cattolica, n. 811.
[3] «(…) unam,
sanctam, catholicam et apostolicam». Sacrosanctum Concilium Oecumenicum
Vaticanum II, Constitutio Dogmatica Lumen gentium de Ecclesia,
21 Novembris 1964, Acta Apostolicae Sedis 57
(1965) 11, n. 8. [LG]. Traduzione italiana: Enchiridion Vaticanum, Vol. 1,
Documenti del Concilio Vaticano II (Bologna: Edizioni Dehoniane Bologna, 1981),
p. 135, n. 305. [EV1].
[4] Gv 15, 1.
[5] Gv 4, 24.
[6] Ef 4, 14-15.
[7] Cf. Mt 16,
18-19; Lc 22, 31-32; Gv 21, 15-19.
[8] «Ut vero
Episcopatus ipse unus et indivisus esset, beatum Petrum ceteris Apostolis
praeposuit in ipsoque instituit perpetuum ac visibile unitatis fidei et
communionis principium et fundamentum». LG 22, n. 18b. Traduzione italiana:
EV1, p. 159, n. 329.
[9] «Romanus
Pontifex, ut successor Petri, est unitatis, tum Episcoporum tum fidelium
multitudinis, perpetuum ac visibile principium et fundamentum». LG, 27, n. 23a.
Traduzione italiana: EV1, p. 169, n. 338.
[10] «In exercenda
suprema, plena et immediata potestate in universam Ecclesiam, Romanus Pontifex
utitur Romanae Curiae Dicasteriis, quae proinde nomine et auctoritate illius
munus suum explent in bonum Ecclesiarum et in servitium Sacrorum Pastorum».
Sacrosanctum Concilium Oecumenicum Vaticanum II, Decretum Christus
Dominus de pastorali Episcoporum munere in Ecclesia, 28
Octobris 1965, Acta Apostolicae Sedis 58 (1966) 676, n. 9a.
Traduzione italiana: EV1, p. 337, n. 588.
[11] «Debent enim
omnes Episcopi promovere et tueri unitatem fidei et disciplinam cunctae
Ecclesiae communem, fideles edocere ad amorem totius Corporis mystici Christi,
praesertim membrorum pauperum, dolentium et eorum qui persecutionem patiuntur
propter iustitiam (cfr. Matth. 5, 10), tandem promovere
omnem actuositatem quae toti Ecclesiae communis est, praesertim ut fides
incrementum capiat et lux plenae veritatis omnibus hominibus oriatur». LG
27-28, n. 23b. Traduzione italiana: EV1, p. 169, n. 339.
[12] Mt 28, 18-20.
[13] Cf. LG 25, n.
21b. Traduzione italiana: EV1, p. 165, n. 335.
[14] «(…) coetus
est Episcoporum qui (…) statutis temporibus una conveniunt ut arctam
coniunctionem inter Romanum Pontificem et Episcopos foveant, utque eidem Romano
Pontifici ad incolumitatem incrementumque fidei et morum, ad disciplinam
ecclesiasticam servandam et firmandam consiliis adiutricem operam praestent,
necnon quaestiones ad actionem Ecclesiae in mundo spectantes perpendant».
CIC-1983, can. 342.
[15] «(…)
coetus delectorum sacerdotum aliorumque christifidelium Ecclesiae particularis,
qui in bonum totius communitatis diocecesanae Episcopo dioecesano adiutricem
operam praestant (…)». CIC-1983, can. 460.
[16] Cf. Mt 18, 15-18.
[17] PE, p. 31, Art. 1.
[18] PE, p. 75, Art. 69.
[19] PE,
pp. 38-39, Art. 14, § 3, e Art. 16.
[20] Fabio
Marchese Ragona, «Cinque “dubia” sul Sinodo di Francesco. Dalla benedizione ai
gay alle donne sacerdote: i cardinali conservatori scuotono il Vaticano», Il
Giornale, 3 ottobre 2023, 17.
[21] «living and active gift (…)
the doctrine of the Holy Father». Edward Pentin, “Exclusive: Archbishop
Fernandez Warns Against Bishops Who Think They Can Judge ‘Doctrine of the Holy
Father’”, National Catholic Register, September 11, 2023.
[22] Cfr. ibidem.
[23] «Sacra
Traditio et Sacra Scriptura unum verbi Dei sacrum depositum constituunt
Ecclesiae commissum, cui adhaerens tota plebs sancta Pastoribus suis adunata in
doctrina Apostolorum et communione, fractione panis et orationibus iugiter
perseverat (cfr. Act. 2, 42 gr.), ita ut in
tradita fide tenenda, exercenda profitendaque singularis fiat Antistitum et
fidelium conspiratio». Sacrosanctum Concilium Oecumenicum Vaticanum II,
Constitutio Dogmatica Dei verbum de Divina
Revelatione, 28 Novembris 1965, Acta Apostolicae Sedis 58
(1966), 822, n. 10.
[24] Mt 16, 18.
[26] Mt 28, 20.
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